Recensione: Subsurface

Di Onirica - 27 Agosto 2004 - 0:00
Subsurface
Band: Threshold
Etichetta:
Genere:
Anno: 2004
Nazione:
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85

Mac – Vocals
Karl Groom – Guitars
Nick Midson – Guitars
Steve Anderson – Bass
Richard West – Keyboards
Johanne James – Drums

Nonostante la magnifica copertina questo gruppo dimostra ancora una volta che la classe non è acqua. Una televisione in primo piano invita il gentile pubblico a riflettere e riconoscere definitivamente il talento di una nutrita schiera di musicisti che ha raggiunto il successo solo nella seconda parte della sua carriera, dopo diversi cambi di formazione ma soprattutto dopo tanti sacrifici per conquistare la vetta. Come negare che in questo caso le soddisfazioni diventano gigantesche e la ricezione di complimenti ancora più apprezzata, forse tutto questo insieme alla realizzazione del DVD ha dato nuova energia al gruppo, autore nel 2004 di un album travolgente e brillante da qualsiasi prospettiva lo si guardi. Il genere proposto rispetta come di consueto il classico stile della band, due chitarre che fanno da bilancia ad un basso elettrico plastico/flessibile sulla sinistra mentre a destra la tastiera di Richard spumeggia fumosa ed incalzante quanto mai. Ma questo è il disco di Mac, questo album porta la firma che sancisce l’entrata del cantante nel grande libro del progressive metal vocale: vicino a grandi nomi che si sono distinti ad esempio per ampiezza del proprio registro, per interpretazione delle liriche o calore nella pronuncia, ecco qualcuno che nella sua performance non presenta niente di apparentemente difficile ma date un’occhiata alla qualità superba del suo cantato sul pianoforte centrale e chiudete gli occhi di fronte alla maniera con cui le note più alte sono agganciate e sputate fuori con violenza graffiante, resa sonora che in questo contesto può definirsi davvero eccellente. Continuo ad essere del parere che in qualsiasi caso sarà difficile ottenere un macigno musicale monumentale come accaduto nel 2001, tuttavia se guardo sotto la superficie mi rendo conto che il gruppo ha saputo ovviare ad un grande carico di difetti precedentemente messi in vetrina insieme ad una fiala di ingenuità sempre perdonabile. Cambia anche la struttura dei pezzi e dell’album inteso nella sua interezza, finalmente siamo riusciti ad evitare quella che stava quasi per diventare una cattiva abitudine, eliminato il brano sdolcinato prima del pezzo conclusivo come invece accade nelle due precedenti release. Già perchè la bravura dei ragazzi questa volta si è fermata sulla migliore gestione del materiale scritto: ancora tanta elettronica presente all’appello ma aggressività e tecnica insieme a dolcezza e misteriose ambientazioni sono le stupende protagoniste di questa uscita, componenti sapientemente equilibrate all’interno di ogni brano. Johanne James abbassa la testa e strappa la pelle sotto il suo naso, davvero niente da dire.

Si conferma avvincente il songwriting delle chitarre, senza dubbio la prima fonte compositiva del gruppo. Prendiamo il brano che apre le danze chiamato Mission Profile proprio per mettere bene in evidenza come non si possa che ottenere un capolavoro quando ad un riffing sfizioso come quello della coppia Groom/Midson si affianca una tastiera pomposa ma mai volgare, in grado di dare vita ad una vera e propria orchestra. The Art Of Reason riesce prima della chiusura a riappropiarsi del motivo presentato in partenza (proprio come in Narcissus) per rendere ancora più spaventosa la sua stazza, alla fine vi accorgerete che sono passati dieci minuti. Non ci sono sorprese folgoranti nel corso dell’ascolto, voglio dire che in generale la scelta dei suoni resta invariata e non si può fare riferimento ad eventuali cali di tensione, anzi una volta incontrata la traccia Pressure sarete probabili vittime di un piacere fisico non previsto ma comunque presto ricercato. Basta anticipazioni adesso, anche perchè altrimenti sarei costretto alla citazione di ogni singolo pezzo, per questo chiudo all’istante una recensione che pochi minuti fa non sapevo come cominciare: compratelo. Non è un consiglio, è una minaccia.

Andrea’Onirica’Perdichizzi

TrackList:

01. Mission Profile
02. Ground Control
03. Opium
04. Stop Dead
05. The Art Of Reason
06. Pressure
07. Flags And Footprints
08. Static
09. The Destruction Of Words

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