Recensione: Suburbs Of Mind

Di Stefano Burini - 3 Maggio 2015 - 18:07
Suburbs Of Mind
Band: Finister
Etichetta:
Genere: Progressive 
Anno: 2015
Nazione:
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77

Bastano pochi istanti d’ascolto, trainati dal delizioso sassofono posto in apertura di ”Suburbs Of Mind”, per rendersi conto della bontà e della particolarità della proposta dei Finister

Il gruppo fiorentino, composto da Elia Rinaldi (voce e chitarra), Lorenzo Brambilla (basso), Orlando Cialli (sax e tastiere) e Lorenzo Burgio (batteria), propone una sintesi tutt’altro che banale di suggestioni mutuate dalla psichedelia anni ’60/’70 e spunti di matrice più moderna, comprendenti derive indie/alternative ed elementi di matrice crossover. Ingredienti molto diversi tra loro che, per poter convivere in maniera organica e convincente, necessitano di una certa conoscenza della materia – non banale vista la giovanissima età dei componenti della band – nonché di una certa dose di talento.

Tali caratteristiche, che a guidicare dal contenuto del presente debut album non paiono certo difettare a questi quattro giovani musicisti, consentono loro di spaziare con disinvoltura (e con un certo gusto) tra le atmosfere tipicamente Pink Floyd-iane di “The Morning Star” e di “The Way (I Used To Know)” fino al crossover di “A Decadent Story”, senza dimenticare l’indie/ stoner di “Bite The Snake” e tutte le altre mille influenze provenienti da mondi più o meno lontani incrociate lungo l’ascolto. Il passaggio da un (sotto)genere all’altro è, poi, tutt’altro che traumatico grazie all’elevata padronanza tecnica e compositiva sfoggiata dal quartetto toscano e, in particolare, grazie allo stile vocale camaleontico di Elia Rinaldi, a proprio agio tanto nei passaggi più psichedelici quanto nelle sequenze più tirate.

Della prima parte della scaletta s’è detto; è tuttavia giusto rimarcare come pure il “lato B” di “Suburbs Of Mind” si faccia ampiamente rispettare, contrapponendo all’eccezionale “My Howl” (che ci crediate o no, esattamente a metà strada tra The Doors e Rage Against The Machine), la noisy “Levity” – molto Audioslave – la delicata “Ocean Of Thrills”, di nuovo debitrice del Fluido Rosa, e la più alternativa “The Key”, dominata in lungo e in largo dall’ispirato basso di Lorenzo Brambilla e da un clamoroso intermezzo dai toni jazz/swing.

Che altro dire? I Finister sono giovani ma sanno decisamente il fatto loro e “Suburbs Of Mind” è lì a dimostrarlo: non resta che diffondere il verbo. 

Stefano Burini

 

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