Recensione: Sympathy for Disease

Di Larika Fracca - 30 Luglio 2016 - 7:45
Sympathy for Disease
Band: Diagnosis
Etichetta:
Genere: Death 
Anno: 2015
Nazione:
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65

Disco che arriva direttamente dal Messico quello dei Diagnosis, band freschissima e con tanta voglia di fare un po’ di caciara. Nonostante siano attivi solo dal 2014, sono riusciti a portare avanti il progetto e nel contempo a provvedere alla formazione della propria ciurma, avvenuta in tempi brevi e senza i soliti intoppi come cambi di line-up e quisquilie varie.

I bruti che andiamo quindi a presentarvi sono: Isabel Romero (testi – voce), Erubey di Bello (chitarre – altri strumenti), Arturo Aguilar (basso), Nicolas Mai (chitarra), Chaak Rodriguez (batteria). Spostando la nostra attenzione sul full, notiamo già da un primo generale ascolto un death ben impostato, per nulla caotico e di vecchio stampo in stile Mantas di “Death by Metal” classe 1984 o ancora i primi Death e primi Morbid Angel, giusto per intenderci.

“Sympathy for Disease” si presenta molto bene con la prima track, ‘Seclusion’ potente e carica di adrenalina. Qui gli strumenti fanno da padrone assoluto della song, dimostrando la sapienza di chi l’ha ideata e messa in pratica. Notevoli parti di batteria ingranano perfettamente con le chitarre, instancabili e agguerrite; unico neo forse è il songwriting, a volte un po’ ripetitivo. ‘Nervenkranken’ si lascia ascoltare, ma cadiamo ancora nella ripetitività compositiva, senza nulla togliere alla bravura indiscussa della band.

Oblivion the Madness’ rappresenta molto più concretamente le molteplici influenze death anni ’80, attraverso riff tipicamente old school del genere e la batteria che ci fa tornare con la mente ai bei vecchi tempi (per chi li ha vissuti) quando tutto era molto più semplice ma efficace, anche nella musica. Arriviamo al quarto brano ‘Diagnosis’ – come si può capire è omonimo della band nonché primo singolo uscito in rappresentanza del full – un concentrato sadico di fuoco, fiamme, venti e tempeste! Qui la ciurma si scatena in tutta la sua miserabile forza e furore, senza pietà per nessuno… traccia perfetta per un bel pogo, insomma.

‘Soul Murder’ segna un certo risveglio anche a livello compositivo, finalmente viene introdotta più corposamente la voce, mentre il songwriting sembra aver fatto un bel passo in avanti e questo ci rende molto felici, a testimonianza che i progressi possono avvenire anche nello stesso progetto se ci si mette d’impegno! ‘Sympathy for Disease’ – traccia omonima del full – continua la spedizione punitiva intrapresa nella seconda parte dell’album, regalandoci un bel sound ricco di varianti strumentali ed effetti vocali davvero suggestivi; le chitarre danno a mio avviso il meglio di sé, completamente scatenate quasi come se suonassero a prescindere dal volere dell’umano.

Tale ribellione strumentale continua imperterrita anche nella settima traccia ‘Heilen Damonisch’, dove per la prima volta esce allo scoperto anche il basso per un breve ma intenso minuto circa, dando quel tocco di classe che solo chi ha talento può permettersi. ‘Eye Witness’ è un altro brano del full che meglio sa esprimere e rievocare suoni classici del death anni ‘80, in particolare le chitarre sporche e il suono poco curato che danno l’idea di un distacco dal thrash avvenuto non molto tempo fa.

Questa sensazione ci accompagna anche nell’ultima traccia ‘Stigmatized’, dove la produzione e il sound rimangono i medesimi. Tuttavia quel che mi preme di far notare è il songwriting, migliorato notevolmente nella seconda parte del full con l’aggiunta di numerose variazioni e qualche stacco non indifferente.

Dando un relativo parere sulla band, bisogna riconoscere che non è da tutti riuscire a mettere su un gruppo e un album nel poco tempo che hanno adoperato questi baldi giovani. La fortuna sicuramente ha aiutato, ma l’impegno e la dedizione alla fine ripagano sempre! Inoltre “Sympathy for Disease” per quanto mi concerne costituisce un buon lavoro e un ottimo punto di partenza per questi ragazzi che solo adesso si sono catapultati nel brutale mondo della musica underground.

Consiglio dunque l’ascolto, specie per chi come me ama rimembrare il vecchio death (questa frase suona molto tarantiniana, lo so), per il resto… alla prossima!

Larika “Metallarika” Fracca

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