Recensione: T.R.I.P.

Di Silvia Graziola - 26 Marzo 2007 - 0:00
T.R.I.P.
Band: Abstracta
Etichetta:
Genere:
Anno: 1998
Nazione:
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81

Non si sa quasi nulla degli Abstracta, quasi come se non esistessero. Vi sono poche informazioni su di loro e nessun sito ufficiale, e questo lascia già intuire che – purtroppo – si tratta di uno dei tanti gruppi italiani di nicchia ingiustamente sottovalutati e passati quasi inosservati.
Tutto quello che si sa degli Abstracta è che si sono formati nel 1995 e, tre anni dopo hanno pubblicato sotto l’etichetta Elevate Records il loro primo ed unico disco, il full length T.R.I.P., una gemma di rara bellezza, per poi sciogliersi e non lasciare più traccia di sé.
La formazione del gruppo è composta per la maggioranza da volti noti nel mondo della musica: alla voce troviamo Titta Tani, il batterista della band prog Daemonia autrice del famoso tributo a Dario Argento e che vanta numerose partecipazioni in veste di cantante in band come DGM, Glory Hunter, Empty Tremor. Dietro alle pelli c’è Giuseppe Orlando, batterista di Novembre, Rosae Crucis, Catacomb, alle tastiere troviamo l’ex DGM Fabio Sangez, mentre al basso c’è Luigi Tega e alla chitarra Claudio Panelli.

Se si volesse descrivere la musica degli Abstracta usando una sola parola, questa probabilmente sarebbe: raffinatezza.
Sin dalle prime note dell’album, complice la bellissima title-track di tredici minuti, quello che colpisce l’ascoltatore sono le atmosfere particolarmente distaccate, quasi rarefatte: ascoltare Trip è come sognare ad occhi aperti, trasportati verso luoghi ultraterreni dalla bellezza della musica.
Un tappeto di tastiera ed un delicato tocco di pianoforte sono l’inizio di tutto questo: sovrapposti e messi a dialogare con un organo sono il sostegno su cui entra la voce dal timbro acuto di Titta Tani, che ricorda un po’ quella del cantante dei Dream Theater, James Labrie.
Il sogno si trasforma in riff decisi, marcatamente prog metal, energici, con un lavoro di tastiere che ammicca ai Dream Theater di Take The time, per poi dare nuovamente spazio alla parte arpeggiata, intervallata qua e là dal suono del basso fretless di Luigi Tega. Il ritornello è quasi “power” nella sua energia, mentre lo scambio di tastiere e chitarra ammicca nuovamente al succitato famoso brano di Images and Words e non mancano lunghe divagazioni di chitarra, di tastiera e di basso sul tema principale, dotato da uno stile caratteristico ai Liquid Tension Experiment con cui muore la canzone.
Ænigma esibisce il lato più tecnico della band, mettendo in mostra tutte le capacità dei cinque musicisti, esibendo un grande lavoro da parte della sezione ritmica, ed utilizzando delle distorsioni per la voce. Il risultato finale è una canzone con un animo un po’ inquieto, assoli di tastiera e di chitarra, intervallati da parti più melodiche e rilassate. Importante è l’uso della doppia cassa da parte di Giuseppe orlando, che dà al brano una completezza ed un suono più potente.
Distant è un ulteriore esempio della raffinatezza degli Abstracta. Il suo inizio soffuso di pianoforte e basso fretless, la voce sussurrata lasciata in balia del pianoforte di Fabio Sangez sono la giusta cornice per il testo malinconico e fortemente espressivo, supportata da una chitarra classica e da una pioggia di pianoforte che la accompagna in un lento crescendo di rara bellezza e di grande intensità.
Il ritornello è un’apertura verso sonorità più ampie ed orecchiabili, quasi in stile Dream Theater, che fanno tuffare la canzone dentro a The Disoriented Oriental, il brano strumentale dell’album. Qui l’entrata in scena degli strumenti è imponente, e vengono esibite delle ritmiche nervose, abbellite da armonici artificiali di chitarra, assoli, linee evidenti di basso, riff quasi heavy, ben scanditi e cadenzati che abbelliscono il tema principale, per dare nel finale le redini della musica a marcate linee di basso. Agli Abstracta va il grande merito di esibire le loro capacità tecniche senza tuttavia ostentarle: il brano appare facile da ascoltare e da apprezzare, anche per orecchie non troppo avvezze a composizioni particolarmente intricate.
E’ tempo di Red Sunset On Earth, la canzone più breve dell’album, con i suoi “soli” sei minuti scarsi, durata breve se confrontata con la durata media delle canzoni del disco. Red Sunset On Earth alterna parti più disconnesse, elaborate e sincopate, dove chitarra e tastiera riescono ad amalgamarsi suonando partiture completamente differenti ad atmosfere più rilassate ed aperture dove uno spiraglio di luce passa attraverso la musica, dove la voce è un sussurro e si rituffa nella mischia sonora.
Ultima ma non in ordine di bellezza, Tears Of God è l’addio dell’album e forse l’addio degli Abstracta, e lo fa con la melodia di un pianoforte, il rumore del mare ed i versi di gabbiano in sottofondo.

Impossessarsi di una copia di T.R.I.P. non è un’impresa difficilissima. Il disco è stato stampato nel 1998 sotto l’etichetta Elevate Records (ER02006), una divisione della 99th Floor, il distributore italiano dell’album. E’ inutile dire che il piccolo sforzo di cercare questo album verrebbe ampiamente ricompensato dalla bellezza della musica in esso contenuta.

Tracklist:

01 – T.R.I.P.
02 – Ænigma
03 – Distant
04 – The Disoriented Oriental
05 – Red Sunset On Earth
06 – Tears Of God

Lineup:

Titta Tani: Voce
Claudio Panelli: Chitarre elettriche ed acustiche
Fabio Sanges: Tastiere e piano acustico
Luigi Tega: Basso
Giuseppe Orlando: Batteria e percussioni

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