Recensione: Tabula Rasa

Di Francesco Maraglino - 29 Gennaio 2016 - 6:00
Tabula Rasa
Band: Wigelius
Etichetta:
Genere: AOR 
Anno: 2016
Nazione:
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82

Non tutti i talent show vengono per nuocere. Può succedere, infatti, almeno dalle parti della Svezia, che da qualche contest televisivo emerga qualche talento genuino. Qualche artista, insomma, che non abbia timore di impelagarsi con musica non banale, magari di nicchia ma di qualità. Può succedere, ed è, in effetti, successo, qualche anno fa (e, precisamente, nel 2011), quando il giovane vocalist Anders Wigelius, reduce dallo scandinavo True Talent, è stato ingaggiato per formare una band rock. Il monicker del combo è coinciso con il cognome suo e del fratello (di professione picchiatore di tamburi) Erik. Il risultato di tale progetto fu Reinventions, un platter di purissimo AOR, tanto devoto ai classici quando venato di moderna e giovanile prestanza, che fu accolto dalla stirpe amante del melodic rock e dalla critica di settore in modo a dir poco lusinghiero.
Passato un triennio abbondante, i Wigelius, con una line up che vede confermato il chitarrista Jakob Svensson, ma che ha fatto, intanto, salire a bordo il nuovo bassista Patrik Janson, tornano a farsi ascoltare con un nuovo disco, dal titolo “Tabula Rasa”.
A dispetto del titolo, che potrebbe far presagire una sterzata stilistica in qualche territorio inconsueto, il nuovo full-length non fa, invece, che confermare quanto lasciato intendere dal suo predecessore. I Wigelius, infatti, si mostrano ancora impiantati saldamente in un suono memore dei grandi del rock melodico, dai Toto (soprattutto) ai Foreigner, dai Def Leppard ai Journey, dai Winger agli Harem Scarem, ma immerso in un bagno vivifico di entusiasmo ed energia, nonché di accattivanti e mai mediocri nuance pop. In questo, i Wigelius si collocano al fianco di giovani virgulti quali Work of Art, Vega, H.e.a.t, Eclipse, Houston.
Che cosa fa la differenza, per il vostro recensore, rispetto ai tanti prodotti, talora più o meno costruiti in laboratorio, di questo genere, e perché gli si appioppa  un voto oltre la soglia psicologica degli ottanta centesimi? Per chi scrive, innanzitutto l’energia ed il feeling apparentemente da vera band (che, magari, non sarà nata nelle cantine come succedeva nei vecchi tempi ma che, perlomeno, calca davvero i palchi dei concerti), i quali fanno emergere dosi abbondanti di vitalità e passione. E, soprattutto, la qualità delle canzoni. Tabula Rasa, difatti, contiene tracce che, di là da tutto, entrano in testa, fanno venir voglia di cantarle, ti ritrovi a fischiettarle, e che, forse, non si faranno sovrascrivere e dimenticare non appena arriverà nelle nostre orecchie il prossimo analogo prodotto.

Un esempio? Cominciamo dalla fine: Ma Cherie non è la solita power ballad manierata, ma uno slow delizioso che dimostra che i Wigelius sanno anche essere intensi (ancorché cantabili ed orecchiabili).
Pure, da tutt’altra parte, si fa gradire Long Way From Home, un elettrizzante e dinamico rock con spunti funky alla Toto, ingioiellato da intrecci tra piano e chitarra elettrica.
Anche Déjà vu, con il suo reticolo di riff di sei corde e tastiere, avvince grazie ad un pop rock melodico grintoso ed acchiappante, arricchito da un assolo d’ascia lineare e divagante sul tema principale.
Molte sono, su Tabula Rasa, le tracce di elegante e orecchiabile soft rock: Do It All Again, ad esempio, esibisce spunti world ed un frizzante rock melodico con spunti pop; e pure These Tears I Cry è elegante ed orecchiabile, mentre Run With Me è spronata da  ritmi serrati e melodie da west coast AOR
Sono invece più dure (e piaceranno, dunque, a chi ama i gruppi contemporanei di MHR) Time Well Wasted, energico rock incentrato su chitarre più aggressive ma sempre in un contesto da lato tasso di melodia, e Set Me Free, in cui il “tiro” e le armonie  procedono  a vele spiegate esaltandosi in un chorus cantabile e irresistibile.
La maggior parte delle altre canzoni, poi, si muove agevolmente in un panorama di pop rock scintillante ed easy (è il caso di Love Is The Key e della più tosta Please Please Please).

Sia chiaro: non è che qui si gridi al miracolo, o al disco che cambierà la storia di certo rock, ché il four-piece scandinavo si muove su scenari consolidati e dipinti dalle band sopra citate.
Ma gli intrecci vocali e strumentali impeccabili e vivaci, il rilucente connubio tra AOR nordeuropeo, rock hard melodico, west coast AOR anni ottanta e pop contemporaneo dei Wigelius fa di Tabula Rasa un’opera discografica in grado di avvolgere il fan di questo genere in  una sensazione di freschezza ed energia che trasuda positività ed ottimismo.

E a noi non pare poco.

 

Francesco Maraglino

 

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