Recensione: Tales of Addiction and Despair

Di Francesco Gabaglio - 15 Marzo 2013 - 18:54
Tales of Addiction and Despair
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Anno: 2012
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70

Le porte dell’ascensore dell’Overlook Hotel si aprono. L’impatto provoca un’angoscia devastante.

Veneziani, i Blood Red Water entrano in scena con questo Tales of addiction and despair, EP autoprodotto dalla durata di una ventina di minuti. Addiction and despair, ‘dipendenza e disperazione’: il titolo stesso suggerisce già quali saranno i principali nuclei tematici di questo lavoro e quali le sensazioni trasmesse. Ci troviamo infatti di fronte a cinque brani genericamente etichettabili come sludge; tuttavia non mancano infrazioni di vario tipo, che rendono interessante l’ascolto del platter e che vale la pena osservare da più vicino.

Un dato immediatamente lampante fin dal primo ascolto è innanzitutto la varietà delle tecniche vocali utilizzate dal frontman: si passa, all’interno della stessa traccia (già l’opener Ungod è emblematica in questo senso), da una bassa cantilena filtrata elettronicamente ad una sorta di scream/growl, fino ad arrivare ad uno stile vocale ruvido e gutturale ma melodico. In Considerations/commiserations ci imbattiamo addirittura in delle harsh vocals di stampo black, alternate ad un cantato melodico, i quali cedono però il passo anche ad uno screaming vagamente hardcore. Al termine di queste due prime tracce, anche l’impresa di catalogare il sound in modo univoco risulta ardua: Ungod presenta caratteristiche tipicamente sludge/doom (da notare il probabile tributo agli ultimi Celtic Frost nel break a tre quarti del brano), mentre Considerations/Commiserations sorprende con un riff iniziale molto semplice ma efficace à la Six Feet Under dei tempi che furono e un passo non considerabile del tutto come doom. Lo stupore non manca nemmeno con Avoid the Relapse, traccia dal tiro quasi hard rock sotto più aspetti: dalle facili rasoiate di chitarra al un cantato clean e sporcato quel poco che basta, si tratta di un pezzo ruffiano il quale non è comunque accostabile a band dalle sonorità relativamente facili come Orange Goblin o Fu Manchu, in quanto non viene a mancare la componente sludge più estrema. Con Modern Slave Blues torniamo invece sui territori più decadenti, marci e pesanti già sentiti in apertura di disco. Il brano accelera notevolmente nella prima metà, per poi tornare a sprofondare in una palude senza uscita. The Perfect Mix continua e conclude questo discorso, non aggiungendo nulla di nuovo a quanto già incontrato fin qui. Interessante il finale, costituito da una parte recitata in italiano tratta dal celebre film Requiem for a dream, che apre uno spiraglio di una nuova, flebile luce dopo la cupa disperazione riversata abbondantemente sull’ascoltatore nelle tracce precedenti.

In conclusione, Tales of Addiction and Despair è certamente un lavoro ben prodotto e ben suonato che evoca efficacemente scenari di desolazione in cui le tinte fosche la fanno da padrone, ma non solo. Il vero merito di questo EP è, infatti, quello di presentare una manciata di sorprese talvolta notevoli (la già menzionata Avoid the Relapse) e quindi di riuscire ad avvincere anche l’ascoltatore meno avvezzo a tali ponderosi muri sonori. Certo, 23 minuti non sono sufficienti per valutare a colpo sicuro l’abilità di una band: la tenuta sulla lunga distanza è un criterio fondamentale del quale in questo caso non ci si può avvalere. In ogni caso bisogna rilevare che le idee, benché non copiosissime, ci sono, sono di qualità e sono pure discretamente originali. I Blood Red Water tendono ad aggirare forme precostruite, mescolando materiale di diversa provenienza e riuscendo ad essere convincenti pur utilizzando forme sonore tra loro dissimili attinte qua e là nel panorama sludge/doom e non solo (nomi inevitabili quali Eyehategod, Electric Wizard, Kyuss e i già citati Celtic Frost di Monotheist sono solo alcuni dei tanti).

Tales of Addiction and Despair è un bel disco, che incuriosisce e l’ascoltatore e lo spinge a desiderare un seguito. E un seguito sarà necessario, per poter scoprire se il quartetto veneziano è davvero dotato delle potenzialità che traspaiono promettenti da questo EP. Attendiamo fiduciosi.

Francesco “Gabba” Gabaglio

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