Recensione: Tall Poppy Syndrome

Di Lorenzo Bacega - 31 Dicembre 2009 - 0:00
Tall Poppy Syndrome
Band: Leprous
Etichetta:
Genere:
Anno: 2009
Nazione:
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83

Provenienti da Notodden, capoluogo della regione del Telemark (Norvegia) celebre per aver già dato i natali a gruppi del calibro degli Emperor (e i collegamenti con Ihsahn e soci non si limitano, come vedremo poi in seguito, a una comune provenienza geografica), i Leprous si formano nel 2001 dall’incontro tra il cantante e tastierista Einar Soldberg e il chitarrista Tor Oddmund Suhrke, due giovani musicisti alle prime armi intenzionati ad amalgamare sonorità e stili musicali completamente diversi nel tentativo di dare alla luce un sound granitico, unico e originale. A distanza di tre anni dall’uscita di Aeolia, album d’esordio per il quintetto norvegese ben accolto nel complesso dalla critica internazionale, vede ora la luce il secondo disco intitolato Tall Poppy Syndrome e pubblicato nel mese di maggio del 2009 dall’etichetta americana Sensory Records.

Rimane estremamente difficile inquadrare stilisticamente un disco come questo Tall Poppy Syndrome: le coordinate alle quali rimane ancorato questo secondo lavoro dei Leprous spaziano infatti dal progressive metal più canonico al prog rock settantiano, passando per pesanti influenze dal sapore death metal (sulla scia degli Opeth soprattutto), black metal e avantgarde, senza dimenticare stacchi strumentali di matrice più vicina al jazz. Che la scelta di mescolare così tante sonorità diverse tra di loro possa trasformarsi in un’arma a doppio taglio e divenire un sintomo di una eccessiva voglia di strafare, di una evidente confusione a livello compositivo e di una palese mancanza di idee? Assolutamente no, dal momento che i cinque norvegesi in questa occasione riescono a destreggiarsi con grande abilità in mezzo a tutti questi elementi, coniugandoli al meglio in modo da intessere trame musicali decisamente organiche, interessanti e personali, ed interpretate in maniera estremamente sentita sia nei passaggi più calmi e riflessivi che in quelli più tirati e aggressivi. Ciò si deve in grande parte a un lavoro davvero buono svolto dalla sezione ritmica, composta da Halvor Strand al basso (già turnista live per la band solista di Ihsahn) e da Tobias Ørnes Andersen alla batteria, autori di una prova incredibilmente varia a livello di soluzioni stilistiche proposte e davvero efficace nel sorreggere le composizioni. Eccellente inoltre la prestazione del cantante e tastierista Einar Soldberg (che i più attenti sicuramente ricorderanno come membro dal vivo degli Emperor durante la tournée della reunion del 2006, immortalata nel recente Live Inferno), molto bravo a spaziare continuamente tra la voce pulita e i numerosi inserti in growl e in scream (piuttosto stiracchiato quest’ultimo, a dire il vero), mentre alle chitarre troviamo l’accoppiata costituita da Tor Oddmund Suhrke (pure lui già impegnato come turnista per Ihsahn) e Øystein Landsverk, assolutamente validi sia in fase di riffing che nelle parti soliste.

Otto sono le tracce che compongono questo Tall Poppy Syndrome per un minutaggio complessivo di poco inferiore ai cinquantasei primi di durata. Sono brani quelli proposti in questo disco che mettono in evidenza una band con le idee ben chiare in sede di composizione e decisamente valida dal punto di vista tecnico. E’ un sound abbastanza difficile da digerire quello offerto dai cinque artisti norvegesi in questa uscita, estremamente sfaccettato e curato in ogni suo aspetto: nonostante le influenze del gruppo siano molteplici e assai diverse tra di loro (basti solo dare un’occhiata al myspace del gruppo per rendersene conto), i Leprous riescono nell’impresa di dare alla luce dei pezzi incredibilmente organici e interessanti, compatti ma non troppo monolitici e mai eccessivamente prolissi, il tutto malgrado le tracce presentino un minutaggio medio abbastanza elevato. Niente fredde dimostrazioni di tecnica quindi (nonostante non manchino affatto i lunghi segmenti strumentali), ma canzoni estremamente articolate, ben strutturate (seppur assai intricate) e sicuramente d’impatto. Da segnalare inoltre come tutte le tracce qua presenti siano di ottima fattura, abbastanza varie tra di loro a livello stilistico, e tutte decisamente riuscite. Tra gli episodi migliori possiamo senza dubbio citare l’opener Passing, che unisce passaggi più cadenzati con momenti più riflessivi e votati all’interpretazione, salvo poi sfociare in climax finale assolutamente intenso e convincente. Impossibile non menzionare poi la strumentale Tall Poppy Syndrome, pezzo estremamente articolato ed eterogeneo che mescola sonorità più canonicamente progressive con sfumature dal sapore più marcatamente alternative, mentre la successiva White (il brano più lungo del lotto con i suoi oltre undici minuti di durata) si segnala per l’interessante commistione di prog settantiano, parti più pesanti e metalliche, e improvvisi stacchi acustici. L’unico vero e proprio punto debole riscontrabile in questo disco risiede nella produzione, affidata a Jonas Kjellgren (già all’opera per gruppi del calibro di Sonic Syndicate, Zonaria e Steel Attack), abbastanza buona nel complesso ma un po’ troppo sporca (soprattutto per quanto riguarda i suoni di chitarra, leggermente impastati nelle ritmiche più tirate): si tratta in ogni caso di una imperfezione tutto sommato lieve che non compromette per nulla la resa sonora di questo lavoro.

Impeccabile dal punto di vista strumentale, pieno zeppo di idee, questo Tall Poppy Syndrome costituisce senza alcun dubbio una delle più gradevoli sorprese di questo 2009. A metà tra progressive metal e avantgarde (sulla scia di quanto fatto, con vari distinguo, dagli Oceans of Sadness, soprattutto negli ultimi due dischi), questo lavoro mette in mostra tutte le proprie potenzialità solamente dopo numerosi attenti ascolti, rivelandosi estremamente ispirato e con un songwriting decisamente articolato, ma allo stesso tempo assolutamente organico e mai prolisso. Un disco più che valido sotto ogni punto di vista quindi, nella speranza che possa essere solamente il punto di partenza di una carriera sfavillante per i norvegesi Leprous.

Lorenzo “KaiHansen85” Bacega

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Tracklist:
01. Passing
02. Phantom Pain
03. Dare You
04. Fate
05. He Will Kill Again
06. Not Even a Name
07. Tall Poppy Syndrome
08. White

Lineup:
Einar Soldberg – Vocals, Piano, Synthesizers
Tor Oddmund Suhrke – Guitars, Backing Vocals
Halvor Strand – Bass
Tobias Ørnes Andersen – Drums
Øystein Landsverk – Guitars

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