Recensione: Taron

Di - 24 Luglio 2008 - 0:00
Taron
Band: Taron
Etichetta:
Genere:
Anno: 2008
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73

Sotto il monicker Taron si nascondono musicisti dal celebre passato che vivono il presente con la stessa voglia di suonare hard’n’heavy di una volta. I Nostri si formano a metà anni Ottanta grazie alla volontà del chitarrista Pier Luigi Pennesi. Nel 1985 vede la luce il 45 giri Closing the Door, seguito poco dopo dall’Ep Brand New Car. I periodi successivi, come da manuale, vedono numerosi cambi di line-up misti a concerti vari, fino alla realizzazione dell’album Difficoltà di Amare. Seguono anni bui fino all’incontro con il cantante Riccardo Bagagli, che dona nuova linfa ai Taron, tanto che nel 2006 esce l’album Last Dream. Passano i mesi ed entrano nella band il bassista Leonardo Carotti, ex Taron della prima ora e il bombardiere dei Sabotage Dario Caroli, un monumento assoluto della Nwoihm. Il sodalizio partorisce il disco omonimo, oggetto della recensione, realizzato nello studio Paraphernalia di Prato, sotto l’egida del fonico Alessio Vitali e la benedizione di Matteo “Zola” Niccolai.

Nove sono le tracce proposte, escludendo la strumentale Prelude, posta in apertura e la title track. La miscela sonora dei toscani prevede un Heavy Rock robusto che attinge dai grandi maestri degli anni Settanta – Rainbow, Uriah Heep, Deep Purple, Led Zeppelin – per transitare in territori già calpestati da band come Pretty Maids, Rush, Europe, Crying Steel, Elektradrive, Van Halen e Bon Jovi. Proprio ai campioni dell’Hard Rock arioso e con il sorriso sulle labbra si ispira Anyway, episodio solare dal bridge Made in Usa. Grande lavoro di chitarra in Lose My Faith mentre in Time il combo italiano riesce a confezionare un affresco metallico dove il singer Riccardo Bagagli dà prova di quanto valga. Ancora sonorità yankee si impadroniscono di Bound to Find Away, per chi scrive l’highlight assoluto di “Taron”. Segue la cover senza infamia e senza lode di Fireball del Profondo Porpora, F.R.K.R. conferma il gusto per certe sonorità morbide e si chiude con la suite Jungle Tiger, praticamente un osanna ai Rainbow del bel tempo che fu.       

Se nulla si può eccepire riguardo il songwriting, quello che difetta a “Taron” è la sana dose di potenza e spregiudicatezza che ci si dovrebbe aspettare da un disco di Rock duro, anche se melodico, in quanto tale. Solo a tratti, infatti, Pennesi & Co. graffiano a dovere, limitando inspiegabilmente l’impatto sonoro che hanno nei cromosomi del Loro Dna: un vero peccato per musicisti dalle velleità comprovate come i quattro figuri ritratti a cavallo delle rotaie di una ferrovia sul retro copertina. In ogni caso, il disco possiede qualità evidenti, che faranno la gioia degli amanti dell’Hard Rock classico, a prescindere da tutto.

Quello che lascia davvero l’amaro in bocca è che i Taron, per proporre la Loro musica adulta, debbano ricorrere a un disco autoprodotto: ulteriore segno – cattivo – dei tempi che stiamo vivendo.

Stefano “Steven Rich” Ricetti

 

Tracklist:
Prelude
Anyway
Lost Dream
Lose My Faith
Runaway
Time
Bound To Find A Way
Fireball
Taron
F.R.K.R.
Jungle Tiger

Line-up:
Riccardo Bagagli – vocals
Pier Luigi Pennesi – guitars, keyboards
Leonardo Carotti – bass
Dario Caroli – drums

 

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