Recensione: The Absurd Beauty of Being Alone

Di Giorgio Vicentini - 12 Marzo 2005 - 0:00
The Absurd Beauty of Being Alone
Band: KoRoDeD
Etichetta:
Genere:
Anno: 2004
Nazione:
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50

Finalmente i KoRoDeD hanno la loro possibilità nel mondo discografico! Finalmente… 
Non credo si sentisse veramente la mancanza di un’altra band così, perfino gli originali ai quali si ispirano capita che sparino a salve, figuriamoci le copie poco ispirate. Ecco qui l’ennesimo clone claudicante che tenta la fortuna registrando una sbobba di rimandi più o meno marcati a Machine Head, ma anche Sepultura, Pantera, Soulfly, e via discorrendo.

Se dovessi riassumere il disco in una parola direi ordinario, nulla più e nulla meno, niente di malvagio ma nemmeno da esaltare. Undici brani che dicendo tutto non dicono niente, dei quali non mi sento di citare nessuno in particolare, che ripropongono dalla A alla Z un copione ormai liso e rispolverato con poco senso critico. Non c’è una-componente-una che abbia qualcosa di originale e soprattutto mi chiedo: “che utilità ha un disco di questo tipo per il mercato se non quello di saturarlo”? Di solito sono discorsi che si fanno commentando gli EP che chiudono i rapporti contrattuali o le raccolte antologiche, non per i dischi d’esordio, fatto sta che The Absurd Beauty of Being Alone è un altro tentativo di mescolare melodie precotte e ritmiche stoppate, una voce rauca figlia naturale di Rob Flynn qua e là attorniata da cori puliti di dubbia utilità e sporadici scream. Più lo ascolto e più mi sembra la classica raccolta di cliché che hanno provato tutti almeno una volta nella vita e che non fanno male a nessuno.

Anche se i presupposti di partenza non mi hanno esaltato, avrei gradito comunque un disco più grezzo, meno attento ai particolari (nemmeno tanti a dire il vero) e più vissuto, magari ignorante e rozzo. Esistono lavori talmente sinceri e inzuppati d’attitudine da strada da essere divertenti, questo no e per giunta cerca di incanalarsi in un filone nel quale è oggettivamente difficile scrivere pagine importanti. I tedeschi giocano a fare il muso duro con un retrogusto di “calcolato” senza malizia, donandoci anche degli implacabili frangenti in voce pulita/melodica abusati allo sfinimento ed insipidi, resi perfino in una timbrica del tutto comune che diventa quasi insostenibile.
Stille di energia già masticate, suono distorto che nelle sue intenzioni cerca la potenza ma finisce per essere tutt’altro che energico e tanto meno personale, solite ritmiche ed una carica (ho detto carica?) annacquata che esplode tanto potente quanto un petardino. 

In ogni caso è giusto precisare che The Absurd Beauty of Being Alone stanca nel suo insieme e la mia noia deriva dall’effetto globale che amplifica alcune lacune, che suonano effettivamente meno pesanti estraniando dal contesto qualche pezzo. 
Volendo fare un po’ di sarcasmo, noto che una “curiosa coincidenza” vuole il titolo attuale sinistramente identico a quello che marchiava l’EP auto prodotto nel 2003 (The Absurd Beauty of Being Alone per l’appunto). Tanto apprezzato fu l’impegno, da garantire ai KoRoDeD lo sforzo tecnico e promozionale della Silverdust Records, che ora ne sponsorizza la pubblicazione nel 2004 con l’aggiunta di ben sei bonus track. Se per arrivare ad una prova ci vogliono indizi, noto anche che il disco suona accettabile fino a metà della sua durata (i pezzi originari) per poi calare di spirito quando si entra nel versante inedito. Vogliamo parlarci sinceramente? The Absurd Beauty of Being Alone era nato come EP ed era giusto che morisse tale, le aggiunte in seconda battuta non sono all’altezza, sarebbe servito più animo e qualche citazione in meno per ovviare all’effetto banale. 

Disco scontato ma non nel senso che costa meno, ora speriamo tutti insieme che la prossima tornata sia più fruttuosa per questi tedeschi.

Tracklist:
1. Blowback 
2. Unbreakable 
3. T. A. B. O. B. A. 
4. Infestatio 
5. Crisis 
6. Choke On You 
7. Slice My Skin 
8. Move On 
9. In The Name Of … 
10. Flatline 
11. Words Are Spoken

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