Recensione: The American Way

Di Nicola Furlan - 14 Maggio 2006 - 0:00
The American Way
Band: Sacred Reich
Etichetta:
Genere:
Anno: 1990
Nazione:
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89

Dei Sacred Reich non se ne è mai parlato abbastanza. Il gruppo originario di Phoenix ha inciso in maniera irreversibile il thrash sound nel periodo d’oro del thrash bay area anche se pochi se ne erano accorti. È oggettivo che, voglia per la connotazione core oriented che sapientemente il quartetto è riuscito a diluire nel sound più classico, voglia perché tale componente al tempo era considerata un escamotage per produrre thrash “da serie B”, nessuno ha di fatto reso dovuto omaggio ai quattro. Anno 1990: “The American Way” esce successivamente all’EP “Surf Nicaragua” targato 1988 che dalla qualità stilistica proposta lasciava già intuire che a breve sarebbe uscito qualcosa di grande da annoverare alla storia del thrash. E così è stato.   Il disco infatti è un esempio ficcante di come andasse composto il thrash core per poter essere definito eccellente: potenza, aggressività ed un riffing martellante e cadenzato sono incastonati l’uno nell’altro in essenziali strutture in cui la classica doppia di Greg Hall spara fuori tutta la sua filosofia, il cantato è rabbioso e dimostra che Phil Rind è in linea perfetta alla filosofia delle lyrics impregnate dei neanche tanto ricercati ormai temi politici, antigovernativi e chi più ne ha più ne metta. Le guitar parts di Wiley Arnett e Jason Rainey posseggono produttivamente quel caratteristico suono pesante, impattante e deciso dei venti bay area che fino a qualche anno prima avevano letteralmente spazzato la superficie terrestre. Il mix che ne è nato sfiora ancor’oggi la perfezione del genere. “Love…Hate”, opener del platter, essenzializza e riassume ciò detto prima, ovvero rappresenta il concetto di thrash core concettualizzandone anche l’impatto emotivo sulle aggressive battute canore di “Love…Hate is it One in the Same” e su una sezione ritmica alle pelli che propone tecnicismi che si muovono dal mosh style di Anthrax a proposte accelerate di buona caratura tecnica. Questa era la terra dei sogni…ora cosa è senza più giustizia e verità? “The American Way” è una denuncia dall’inizio alla fine, sotto tutti i punti di vista; lyrics violente agganciate all’aggressivo meccanismo del sound sparato dal quartetto che non fa sconti pur non osando oltre a quella che vuol sembrare una proposta di rabbia contenuta, ma di elevatissimo voltaggio chimico. Un ispirato e marcato riff caratterizza la terza song, “The Way It Is”  che rimane anche ben impressa a livello di memoria uditiva attraverso la proposta di un chorus sostanzialmente melodico; chorus cui in middle part va ad associarsi un altro altrettanto melodico a sezione ritmica che anticipa una parte solista non particolarmente significativa, ma apprezzabile. Lo sposalizio ritmico di Phil e Greg si innalza a presentatore ufficiale in “Crimes Against Humanity”, una canzone squisitamente pesante sia a livello ritmico che di cantato, con un continuo incedere di proposte cadenzate a mosh style per poi accelerare allo start di un assolo tecnico e sopraffino, indubbio punto di forza della song. “State of Emergency” non si discosta molto dalle proposte appena ascoltate quasi a porsi ad intramezzo fra queste e la fantastica e famigerata “Who’s To Blame” capace di regalare una sensazione di azzeccato misticismo annebbiato Thrash/Heavy/Core che a ricordo personale nessuno è mai riuscito a proporre. Si passa da una intro alla Metal Churh, fredda e strisciante per poi spostarsi su una sezione ritmica accompagnata dalla cattiveria senza sconti del cantato, ad accelerazioni coinvolgenti, fino ad una parte solista subliminale e palpabile che sembra fermare il tempo. “I don’t Know”, incastro di un double chorus, è la più hard core oriented song dell’album: struttura semplice per certi versi anche troppo incastonata di medesimi e semplici riff che non fanno godere di grande linearità lo sviluppo della stessa, pur caratterizzandola significativamente all’interno del full-lenght. La produzione, attraverso una bella iniezione di wattaggio, calibra il songwriting in maniera tale da non farlo apparire come voce fuori dal coro, bensì mantenendolo sullo standard generale. “31 flavours”, canzone di chiusura, mah…che dire…, una libera ispirazione…, tante citazioni spalmate qua e là: Sting, Ozzy, Metallica, M. Patton, Hendrix, una proposta grezzamente funkeggiante e goliardica che ti lascia la consapevolezza che incazzarsi col mondo va bene, ma poi, in pieno thrash style, ci apriamo e beviamo tutti insieme in amicizia delle birrette e la cosa più o meno a malincuore finisce lì…ma alla grande davvero.

– nik76 –

Tracklist:
01- Love…Hate
02- The American Way
03- The Way It Is
04- Crimes Against Humanity
05- State of Emergency
06- Who’s To Blame
07- I don’t Know
08- 31 Flavors

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