Recensione: The Best (of)

Di Luca Montini - 2 Marzo 2015 - 17:45
The Best (of)
Band: Gamma Ray
Etichetta:
Genere: Power 
Anno: 2015
Nazione:
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70

TrueMetal’s calling: “Monti have you done? The deadline’s past, time to deliver”
I am so sorry, I’m running late… some unexpected ghost in the machinery!

 

…e fu così, con le parole di “Master of Confusion”, che passò un mese dalla release ufficiale del primo best of dei Gamma Ray – uscito il 30 gennaio scorso, sul quale mi accingo a dire giusto due parole.
Pochi di voi si saranno accorti di un’apparentemente inspiegabile sparizione di gran parte del materiale dei Raggi Gamma dai maggiori portali di distribuzione musicale, tipo iTunes o Spotify. Ricordo nitidamente di aver ascoltato sul celebre servizio di streaming svedese “Heading For Tomorrow” (1990), in ufficio (ma non ditelo al mio capo), appena qualche mese fa. Ora è sparito. La damnatio memoriae ha colpito tutta la produzione precedente a “Land of the Free II” (2007), addirittura fino a “To The Metal” (2010) su Spotify. Vent’anni. Volatilizzati così. Per citare Fabio De Luigi, in una sua celebre imitazione di Carlo Lucarelli: “Paura, eh?”.

La verità è che Kai Hansen  ha un piano. Probabilmente galvanizzato dai dati di vendita dell’ultimo “Empire of the Undead” (2014), definito dalla stessa band il suo album di maggior successo (a parere di chi scrive tra le migliori release dei Rayz) il buon Hansen ha pensato che fosse giunto il momento di realizzare il primo (o secondo, dipende dai punti di vista) Best Of nel venticinquesimo anno di vita della band, nata da una costola degli Helloween. Il tutto in diverse versioni: 2CD (standard e limited con copertina stile pelle) e 4 vinili. 25 pezzi. Come gli anni della band.
Una compilation che è anche e soprattutto un antipasto alla ri-pubblicazione dei dischi storici dei Rayz che avverrà nei prossimi mesi (si presume), rimasterizzati come questa release e ricolmi, a quanto dichiarato dallo Zio Hansen in persona (video, vietato commentare la frangetta) di materiale bonus come immagini, ballerine nude e biscotti. Proprio quei dischi scomparsi. Il mistero è risolto.
Veniamo ora al Best of, dal titolo, alquanto originale (ehr…) ed autocelebrativo: “Gamma Ray – The Best of”. Si diceva il primo della band, in quanto il precedente “Blast From the Past” (2000) conteneva i classici della band ri-suonati in versione inedita dalla formazione dell’epoca. Stavolta invece l’unico lavoro sui pezzi è stato di remastering, ad opera di Eike Freese (peraltro co-proprietario degli Hammer Studios di Amburgo, come ben saprete andati a fuoco qualche mese fa), in modo tale da uniformare i pezzi  e limare le profonde differenze che avrebbero reso scostante l’ascolto. Il lavoro, va ammesso, è ottimo: l’intero doppio CD scorre bello equalizzato e senza intoppi divertendo con la solita genialità che caratterizza il songwriting della band, tanto che il buon Hansen si è azzardato a mescolare inspiegabilmente i pezzi selezionati in maniera assolutamente folle e cervellotica, in ordine rigorosamente non cronologico, tanto da mettere in crisi Adam Kadmon, Umberto Eco ed il sottoscritto alla ricerca di un senso.
Dopo un mese di vani studi ed inani digressioni analitiche sul calcolo combinatorio per spiegare il perché di tale combinazione dei brani (ecco spiegato il ritardo della recensione) ho scoperto che in parte aveva già provveduto wikipedia, quantomeno nel listare la provenienza dei pezzi dai rispettivi album. Cosa che avevo fatto pure io. Sob.
Dall’analisi si evince facilmente che su venticinque brani che compongono il lotto, i pezzi che vedono protagonista Ralf Scheepers (al microfono nei primi tre dischi) sono solo due: The Spirit, da Sigh No More (1991) e Tribute to the Past, da Insanity and Genius (1993). I fan della voce dei Primal Fear storceranno già il naso. I quattro brani restanti provenienti dai primi due album provengono dal succitato “Blast From the Past” del 2000 – paragoni che si fanno ancor più netti pensando che 11/20 dei pezzi in quel disco, anche considerati quelli in versioni differenti, sono presenti in questo. 
Detto ciò, nonché ad ovvio controargomento a quanto asserito in precedenza, la selezione doveva pur attingere ai più grandi classici del gruppo. Anche i pezzi attinti dagli ultimi 15 anni della band sono indubbiamente tra i più validi, fino all’ultimo album con quella gemma che è “Avalon” e la IWantOutescaMaster of Confusion”. Cosa resta… ah, la priestianaHellbent”… skip.

Penso che nel prossimo futuro dovremo abituarci ad operazioni del genere: nell’era dello streaming legale e del digital download rimasterizzare dei pezzi storici inizia a diventare una mossa commercialmente appetibile, considerato il disinteresse nei confronti di tutto ciò che suona un po’ vintage (ed i Gamma Ray, va detto, non hanno mai particolarmente brillato in ambito di produzione), a fronte di una valanga di nuove uscite e di quantità che fagocita la qualità, finendo purtroppo per affossare in fondo ad una pagina web vecchi capolavori. Poi una scintilla. Un nuovo packaging. Pezzi rimasterizzati. Materiale bonus. Una nuova versione: ed ecco l’interesse riattecchire come fuoco sulla paglia. In questo senso potremmo ascrivere sia l’uscita di questo Best Of, sia le venture riedizioni dei classici della band.
Nel frattempo possiamo tranquillamente (al solito) consigliare il Best Of sia ai neofiti che ai fan sfegatati di Hansen e soci. Ma anche no. Del resto l’occasione è ghiotta per riassaporare un power metal genuino e divertente, tra lo scanzonato, il folle ed il geniale che è da sempre marchio di fabbrica della band. Forse la vera ragione del ritardo di questa recensione, nei confronti del quale tutto il resto non sono che scuse – è infatti enorme il piacere di ascoltare e riascoltare i Gamma Ray, anche e soprattutto con la scusa di dover recensire una compilation.
Resta purtroppo l’onta della totale assenza di pezzi realmente attinti dal leggendario debut e di due difetti complementari: da un lato il neofita potrebbe rimanere scoraggiato da una scaletta in modalità shuffle e confusionaria (parzialmente risolta dai commenti di Hansen nel ricchissimo booklet della versione fisica), e dall’altro lato l’assenza pressoché assoluta di materiale davvero inedito potrebbe scontentare i fan della prima ora. Per i collezionisti, invece, la limited in pelle è indubbiamente un must have. Non resta che attendere, con un occhio allo stereo ed uno (meglio se critico) al portafoglio, le riedizioni dei classici in arrivo!

 

We travel through the ages, we follow our dreams
But the spirit of a free world is the final dream!

Luca “Montsteen” Montini
 

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