Recensione: The Caitiff Choir

Di Giorgio Vicentini - 23 Dicembre 2005 - 0:00
The Caitiff Choir
Etichetta:
Genere:
Anno: 2005
Nazione:
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63

Vedendo la foto sul retro di The Caitiff Choir, non ho provato una gran simpatia per gli americani It Dies Today, capaci di raccogliere in un singolo scatto tutto quello che non mi piace vedere nei nuovi gruppi di sponda core. Siccome è la musica a contare, sapendo che il “mio” black metal è costellato di personaggi camuffati da panda che sparano anatemi senza senso, mi lancio con rinnovato entusiasmo sulla prova d’esordio del quintetto uscendone moderatamente soddisfatto.

The Caitiff Choir non mi ha sorpreso per nulla, è come una torta con la sua spessa base di pan di spagna al gusto di swedish death, sponda In Flames / Dark Tranquillity, farcita da varie scelte vocali: strillo “core” sporco e tendente al growl, per fare i cattivi, cantato pulito ordinario, ma funzionale, per fare i buoni.
Purtroppo, gli It Dies Today non sembrano voler tentare grandi colpi di testa per stupire, accontentandosi dell’appoggio di un songwriting lineare, selezionando alcuni accorgimenti utili, facendoli propri ed usandoli fino in fondo, tanto si sa che funzionano! Ne sono un esempio la standardizzazione dei rallentamenti per introdurre i blocchi cadenzati, il tocco melodico che addolcisce il lato più “duro” della band, il cantato pulito convenzionale. Un ingranaggio che gira, se si considerano sufficienti i break pro-pogo, che riesce però a scadere raggiungendo punte di puro fastidio personale, quando la voce si scioglie in inflessioni che definirei quasi “college style” in alcuni tratti di “Marigold”.

Un disco come questo gioca a fare il duro dando un contentino a tutti quanti, senza sfoggiare tecnicismi che potrebbero stancare (e che forse i ns. non possono permettersi), tenendo il freno tirato quando la situazione potrebbe diventare troppo ruvida. 
A priori, non dovrei farmi attrarre per nulla da un prodotto così, invece c’è in gioco una dote che ritengo fondamentale: l’evitare inutili lungaggini, un pregio a mio avviso. Undici brani che al massimo scollinano i tre – quattro minuti, cioè quel che serve per essere moderni (e modaioli), ma per andare a segno più facilmente, facendosi apprezzare per l’energia di “My Promise” e “The Depravity Waltz”, per il piglio death di “Severed Ties Yield Severed Heads” che ben si accompagna al ritornello pulito molto, molto catchy, finendo con la super citazione swedish di “Freak Gasoline Fight Accident”.

Non sentivo la mancanza di The Caitiff Choir, come non la sentiva la Musica con la “M”, ma immagino che i più addentro sapranno apprezzare meglio di me questo disco, che ha la pecca di fermarsi al primo pelo di idee tutto sommato convenzionali. 

Tracklist:
01. My Promise
02. Severed Ties Yield Severed Heads
03. The Ridiance
04. The Depravity Waltz
05. A Threnody For Modern Romance
06. Marigold
07. Freak Gasoline Fight Accident
08. The Caitiff Choir: Revelations
09. Our Disintegration
10. Naenia
11. The Caitiff Choir: Defeatism

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