Recensione: The Cartesian

Di Daniele D'Adamo - 7 Ottobre 2016 - 0:00
The Cartesian
Etichetta:
Genere: Death 
Anno: 2016
Nazione:
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76

Enormi. Giganteschi. Titanici. Ma anche dolci, morbidi, raffinati.

Sono i The World To Come, nuova meraviglia deathcore sfornata dagli Stati Uniti. “The Cartesian” è il loro debut-album. Centrato, come si può evincere dalla lettura del titolo delle song, su Cartesio, filosofo e matematico francese del XVI secolo.

I The World To Come fanno parte della seconda ondata di act dediti al deathcore, quella cioè capitanata dai Carnifex; ove sono numerose ed estese le contaminazioni con l’elettronica e l’ambient. fattispecie tipologica che investe in pieno “The Cartesian”, ricchissimo d’inserti scanditi da voci sintetiche, rumori ambient, accenni di musica elettronica. Una soluzione non originale, certo, ma assai efficace per disegnare con forza il mood dell’opera.

Umore cupo, tetro, gelido. Gelido, anche per il taglio chirurgico operato dalla produzione, capace di ricreare al 100% le secche, aride, laceranti sonorità che contraddistinguono, fra le altre caratteristiche peculiari, il sound di provenienza *-core.

Come da copione, le chitarre alimentano, con i loro pesantissimi riff dai toni ribassati rispetto a quelli dei canoni scolastici, la costruzione di un imponente, buia, liscia muraglia. Muraglia i cui limiti si perdono in un’atmosfera buia, brumosa, grigiastra. A dir poco spaventoso il growling di Luis Menchaca, aggressivo come di rado è stato consentito di ascoltare. Potentissima, ultima ma non ultima, la sezione ritmica. Tranquillamente in grado di gestire con mestiere sia gli stop’n’go più lenti e profondi, sia le aberrazioni che brulicano entro la sfera del suono ove bombardano i blast-beats.

Per come si è accennato all’inizio, i The World To Come riescono a mettere assieme, con estrema naturalezza, vere e proprie mitragliate sui denti a scorribande melodiche. All’interno dello stesso brano, come per esempio in ‘Decadence’. Benché l’accostamento brutale / melodico sia normale, per molto deathcore, il quintetto di Phoenix riesce nell’impresa con sorprendente istintività, mantenendo fissi i capisaldi del loro sound. Uno stile quindi adulto e maturo, personale e riconoscibile in mezzo ad altri similari che, presumibilmente, è il miglior talento dei Nostri che, come si suole dire, ce l’hanno nelle corde.

“The Cartesian – Monotheistic Revelation”, la suite finale, identifica efficacemente quest’ottima attitudine sia per i bombardamenti a tappeto, sia per stupendi, trasognanti, visionari voli verso orizzonti sconosciuti.

“The Cartesian” è un full-length che dimostra, ormai, che il deathcore è ben di più di quel sottogenere death metal fatto fondamentalmente di breakdown, breakdown e ancora breakdown. Al contrario, proprio in questi ultimissimi anni, grazie a formazioni all’avanguardia come i The World To Come, sta lasciando intravedere le straordinarie possibilità artistiche incastrate nel proprio DNA.

Ci sono ancora alcuni dettagli da mettere a posto come il miglior sviluppo della continuità compositiva, al momento ancora un po’ saltellante. Ma le basi tecnico / artistiche ci sono tutte. E la Via Maestra è già stata tracciata, almeno per i primi metri.

Daniele D’Adamo

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