Recensione: The Cult is Alive

Di Giorgio Vicentini - 13 Aprile 2006 - 0:00
The Cult is Alive
Band: Darkthrone
Etichetta:
Genere:
Anno: 2006
Nazione:
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79

Lo sapevo, doveva succedere prima o poi: ascoltare The Cult is Alive è … divertente!?!?!? Sì è liberatorio, gustoso, ha il sapore della birra assaporata indossando una giacca di jeans piena di toppe anni ottanta con la facoltà del rutto libero.

Inorridite fans del Trono Nero (e lo dico con una punta di sadismo), i Darkthrone hanno gettato la maschera e si sono decisi a fare quello a cui ambivano forse da tempo, ma non avevano ancora messo in pratica: emulare i Motorhead con attitudine punk e voce black metal, cioè l’apoteosi del cafoneria in un intruglio che gli si addice dannatamente.

The Cult is Alive è, per mia fortuna, un estratto del lato che preferivo degli ultimi dischi, quello rumoroso, rozzo, rockettaro e sempliciotto, imbrigliato, fino a Sardonic Wrath, in un valido contorno black metal ora simile ad un peso dal quale svincolarsi.
Come già accaduto al tempo del predecessore, non mi dilungherò in confronti con il passato ormai andato, evitando di alimentare il classico rimuginare con tanto di patetica malinconia fuori luogo e difesa ad oltranza della storia. Per chi non se ne fosse accorto, i Darkthrone sono cambiati, non hanno più vent’anni e vogliono continuare per la loro strada, non solo in virtù d’uno status consolidato, ma anche per la qualità delle loro scelte attuali. Forse non è nemmeno corretto parlare di “scelte”, ma piuttosto del semplice dar ascolto alle proprie voglie o attitudini attuali, appendendo al chiodo il lato formale del true black ma riuscendo comunque ad essere “[…] più black metal del 90% delle uscite della così detta “scena”!!! […] (cit.)“.

E’ proprio questo il cardine dei “nuovi” Darkthrone, l’essere fottutamente “black” senza suonare per l’eternità Under a Funeral Moon oppure A Blaze in the Northern Sky, è guardarsi in faccia dopo aver fatto la storia e decidersi a comporre “The Cult Of Goliath” e “Too Old Too Cold“, due manifesti evidenti del fatto che Fenriz e Nocturno Culto, oggi suonano più che mai per sé stessi. Se poi qualcuno vorrà seguirli, bene, intanto beccatevi le provocazioni nei testi, il black ‘n’ roll ed il loro corso attuale, quello di due che smuoveranno ancora i bacchettoni del settore con una distorsione che lascia esplodere il lato “easy” dei brani entrando nelle budella, sposa perfetta dello scream granitico di un Nocturno Culto in grandissima evidenza. 

The Cult is Alive non inventa proprio niente, eppure ha tiro, è energico, sprizza una sicurezza nei propri mezzi evidente, lasciando trasparire entusiasmo dall’esecuzione. Le hit? Potenzialmente tutte le prime tracce, con un leggero calo in un paio di pezzi sul finale, tra i quali non brillano particolarmente “De Inderjordiske (Aelia Capitolina)” e “Tyster På Gud” riscattate dalla conclusiva ed ottima ” Forebyggende Krig“. Se, ascoltando “The Cult Of Goliath“, “Too Old Too Cold” e “Graveyard Slut” (con vocals di T.G. Warrior), non vi verrà voglia di scagliare a terra la bottiglia di bionda che stavate tracannando per mettervi a pogare, significa che non siete fatti per questo album, punto.

Per capire The Cult is Alive vi consiglio di munirvi di un atteggiamento il più possibile stronzo, zotico e sgarbato, altrimenti affari vostri, “this is just a hellish rock-n roll freak”.

Tracklist
01. The Cult Of Goliath 
02. Too Old Too Cold 
03. Atomic Coming 
04. Graveyard Slut 
05. Underdogs And Overlords 
06. Whisky Funeral 
07. De Inderjordiske (Aelia Capitolina) 
08. Tyster På Gud 
09. Shut Up 
10. Forebyggende Krig

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