Recensione: The Damage has been done [Ep]

Di Stefano Ricetti - 1 Giugno 2017 - 12:30
The Damage has been done [Ep]
Band: Rex Inferi
Etichetta:
Genere: Heavy 
Anno: 1986
Nazione:
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79

Il fatto di tornare su di un vinile come “The Damage Has Been Done” dei Rex Inferi, uscito nell’anno di grazia 1986, possiede il profumo inebriante della riscoperta di come eravamo: sia a livello di critica, che di ascoltatori, che di musicisti. Ep dalla copertina fottutamente iconica nella sua semplicità “heavy metal”, l’esordio su disco nero del combo di Forlì rappresenta ancora oggi una delle modalità di interpretazione, alle nostre latitudini, dell’heavy rock. Licenziato a suo tempo – e ancora disponibile, peraltro, nella sua forma originale – dalla LM Records di Luigi Mazzesi il lavoro contribuì a disseminare il “verbo” nel Nostro Paese, con tutti i pro e i contro di quel momento storico: produzione e suoni non all’altezza a fare da contraltare a tantissimo entusiasmo ma soprattutto alla speranza in un futuro dalla tinte artistiche da parte di Maurizio Samorì (voce, chitarra), Flavio Portolano (basso) e Franco Bonassi (batteria). Musicalmente, sia la recensione di Leopoldo “LeatherKnight” Puzielli, già presente su queste stesse pagine web a sfondo nero sin dal 7 ottobre 2002 che quella appositamente inserita dallo scrivente per l’occasione e tratta dalla rivista H/M numero 9 dell’ottobre 1986 a firma Marco Lucchi rendono perfettamente l’idea di come le cose si evolvano, i gusti cambino e spesso anche le angolazioni dalle quali si guardano le cose subiscano mutamenti dettati dal tempo nel momento in cui l’oggetto dell’attenzione è un album di heavy fucking metal con degli spunti di assoluto rilievo, come appunto l’esordio dei Rex Inferi. La storia insegna che altro tonnellaggio metallico verrà poi messo “su strada” dai romagnoli, più compiutamente in termini di resa alla casse, con il successivo “Like a Hurricane“, sempre griffato LM Records

Con tutti i suoi difetti e le sue ingenuità – ma anche degli ottimi spunti – The Damage Has Been Done permane un’icona. Punto e basta.

Buona lettura,

Steven Rich

 

Leopoldo Puzielli, Truemetal, 7 ottobre 2002: stregati dall’imponente mole di gruppi misconosciuti provenienti dall’altra parte dell’oceano, spesso si preferisce mettere in secondo piano l’insieme di cult bands europee. Sui perché di questa scelta ci sarebbe da discutere molto, ma per il momento rinviamo ad un’altra; oggi infatti andiamo a riscoprire una di quelle oscure bands, italiana pure, meno ricordate… ingiustamente!

Da annoverare tra i primi gruppi epic metal della Penisola, i Rex Inferi dopo qualche anno di gavetta (forgiando anche un demo nel 1985) riuscirono ad uscire su vinile per conto della LM records di Luigi Mazzesi; la stessa casa discografica che qualche tempo prima aveva lavorato con Strana Officina, M.A.C.E., Sabotage, Drunkards, Flight Charm e tanta altra bella gente che (ognuno a modo suo) stava lasciando in quegli anni proprie orme sul lungo ed impervio sentiero del Metallo Italiano.

Il trio di Maurizio Samorì (guitars & lead vocals), Flavio Portolano (bass & vocals) e Franco Bonassi (drums), dunque, incise al meglio possibile questo splendido Lp che, sebbene sia penalizzato da una qualità del suono oggi non molto competitiva e qualche incertezza tecnica (soprattutto a livello canoro), rappresenta una delle pagine più interessanti della produzione epic europea.

Ma poche chiacchiere: inutile ritornare sempre sui soliti luoghi comuni; le caratteristiche primeve dell’Epic Metal sono quelle e basta. Dischi come questo “The Damage has been Done” scoraggiano qualsiasi critica in merito. Si parte con la spettrale intro “Lost in Oblivion”, eseguita alle tastiere dallo stesso Flavio Portolano; semplicemente perfetto nel ricreare atmosfere dense di oscura sacralità e stravagante meraviglia di fronte a questa che potrebbe essere un’ottima “colonna sonora” per suggestivi scenari, appartengano essi al visionarismo letterario (“Cappa e Spada”) o meno. Da brividi!

A questo punto irrompe “Destroyer”, brano travolgente, molto guitar-oriented, efficacemente supportato da una sezione ritmica assai serrata, che caratterizza pregevolmente questo pezzo che sprizza energia e furore in ogni parte.

I toni si smorzano e tutto si fa più articolato con la seguente “Warriors of the Sea”. Cazzo se i Rex Inferi avessero potuto produrre questo pezzo in maniera professionale che ROBA ALLUCINANTE sarebbe uscita fuori!!! Epic Metal to the end!!! 100% Allucinazione Estatica Oltre I Confini del Tempo, Al Richiamo Di Grida di Morte E Clangore Del Ferro!!! La traccia più spettacolare ed affascinante dell’intero lotto, epica ed apocalittica come poche altre mai sentite.

Ritorna a tempestare una pioggia fittissima di metallo fuso con la seguente “Axeman in Black”: prodezze chitarristiche vanno ad amalgamarsi con la costante perizia dell’infallibile duo Portolano/Bonassi che qui, a suon di potenza metallica tipicamente 80s, incoronano in un tenebroso scenario lirico il pezzo complessivamente più riuscito dell’intero album.

Chiude degnamente “Metal Possession”, brano abbastanza singolare per strutturazione ma che non toglie nulla al pregio del disco e del nome Rex Inferi.

Concludiamo dicendo che di questo album furono stampate 1000 copie. Da fonti affidabili ho saputo che all’epoca andarono distrutte ben 250 copie. Il disco è veramente bello, in più è raro… devo aggiungere altro? Sì, lunga gloria ai Rex Inferi per tutto quello in cui hanno creduto e per quello che hanno fatto e, agli altri… buona ricerca!

 

REX INFERI LOGO

 

Marco Lucchi, H/M numero 9, ottobre 1986: crediamo che un parere sin e sereno su questo EP sia il miglior  regalo che potremmo fare a un gruppo italiano di HM come quello dei Rex Inferi. Partiamo subito: Maurizio Samori è senza dubbio un ottimo chitarrista, e ne dà la prova in “Warrior of the Sea” e “Axeman In Black”; sulla sua voce avremmo invece alcune riserve, non tanto per l’intonazione, quanto per gli acuti presi in falsetto che a volte stridono con il resto; suggestivo ma del tutto inutile ci è parso lo strumentale introduttivo di tastiere “Lost in Oblivion”: è un “trucco” fin troppo sfruttato. Il bassista Flavio Portolano ci è sembrato molto harrissiano,  e quindi molto bravo, mentre il batterista Franco Bonassi non ci ha convinto appieno. Morale: benvenuti, Rex Inferi, ma è proprio adesso che dovete rimboccarvi le maniche, perché il nostro giudizio sull’Ep è positivo solo se promettete di considerare questo lavoro come un punto di partenza.

 

 

Stefano “Steven Rich” Ricetti

 

 

 

 

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