Recensione: The Damned Ship

Di Paolo Beretta - 27 Settembre 2004 - 0:00
The Damned Ship
Band: Arthemis
Etichetta:
Genere:
Anno: 2002
Nazione:
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73

Gli Arthemis sono una band italiana di grande livello che solo ultimamente è riuscita a farsi largo nel mercato senza confini del Power metal moderno. Per questo motivo credo che mi sarà concessa una breve digressione storica sull’iter della formazione.

L’embrione degli Arthemis (Anarchy Project) è nato nel 1994 quando il fenomeno del power moderno non era ancora esploso in tutta la sua forza dirompente in Italia. Dopo aver vinto un premio nel 1996 si sono concentrati per un paio di anni nell’attività Live in molti locali dell’Italia Settentrionale cambiando, nel frattempo, il loro nome in Nemhesis. Nel 1998, con la line-up consolidata, prendono finalmente vita gli Arthemis. Autoproducono Church Of The Holy Ghost. Il prodotto è talmente ben fatto che attira immediatamente l’attenzione della Underground Symphony che decide di ri pubblicarlo nel 2000 con una tiratura decisamente maggiore. The Damned Ship, a differenza del debutto, vede il giovane e fenomenale Alessio Garavello dietro al microfono. Per concludere gli Arthemis sono una band che si è fatta avanti locale dopo locale, esibizione dopo esibizione, anno dopo anno. Si è costruita da sola il suo futuro e solo da poco ne coglie i meritati frutti. Ma ora facciamo un passo indietro descrivendo il secondo capitolo della loro ancora breve discografia.

The Damned Ship conferma quanto di buono fatto sentire nel debutto ed il risultato è un cd estremamente godibile, fresco, tecnico e in pieno stile power che si differenzia da molti prodotti più blasonati.

Il disco si apre con Quest For Immortality. Una cavalcata velocissima e di grande impatto nonostante i suoi 7 minuti. La sezione ritmica di Galbier vola con estrema facilità su ingranaggi oliati tra acuti, riff ben impostati, melodie curatate e un grande lavoro di backing vocals. Decisamente più HM oriented la successiva Voice Of The Gods. Le chitarre gemelle, in particolare, scaricano una grande potenza che si amalgama con il refrain. Un mix letale che unito ai solos, al sapiente (e mai troppo invadente) uso delle tastiere e alle noti cristalline di Garavello non dà scampo. Gli Arthemis aumentano l’impatto metallico con Sun’s Temple dando maggiore enfasi al riffing. Intelligente il break seguito da un solos lungo e da “guitar hero” che rende più dirigibile il pezzo altrimenti un po’ piatto. Starchild dopo un inizio lento si scatena con sfuriate apprezzabili. La track è interessante perché, una volta trovato il suo ritmo, prosegue “a ondate” seguendo il cantato a singhiozzo e sempre molto godibile. Dopo la banale strumentale The Wait giunge il momento per una song un po’ più complicata. Trattasi di The Night of The Vampire. Le tastiere, non molto originali, subito ci introducono in un’atmosfera da film Horror. Il brano parte con forza e si snoda tra numerosi intrecci vocali complessi ma sempre ordinati. Andrea Martongelli e Matteo Ballottari diventano protagonisti sfidandosi per diversi minuti in begli assoli dimostrando un’intesa non indifferente. Peccato per il finale con una ripresa forzata del brano precedente. La strumentale Earthquake è invece una sorta di tributo al funambolico Yngwie J. Malmsteen. Io almeno l’ho interpreta così. Scale veloci, dimostrazione di precisione, tecnica e pulizia nelle parti più lente. 4 minuti che tuttavia alla lunga stufano leggermente. Si ritorna alle sonorità delle prime Hit con Noble Sword. Ottime estensioni vocali, ritmi dannati e buone melodie per un Power non certo originale ma che colpisce e piace. La chiusura è affidata alla Title Track. Un mid tempo di alta qualità. Le strofe, in particolare, hanno una cadenza perfetta che rimane ben impressa. Stesso discorso per l’uso centellinato delle backing voclas. Una marcia che chiude degnamente il secondo capitolo di una grande band italiana che mi sento in dovere di sponsorizzare e promuovere senza remore.

Le capacità tecniche davvero notevoli di tutti i componenti, unite alla produzione e al songwriting sopra la media rendono The Damned Ship un prodotto decisamente appetibile e spendibile per i fans del power speed metal melodico. Manca ancora un po’ di continuità (c’è troppa differenza fra Top Hit e le altre) ma questi sono dettagli che non sminuiscono la validità di quest’album più che discreto.

1. Quest For Immortality
2. Voice Of The Gods
3. Sun’s Temple
4. Starchild
5. The Wait (Instrumental)
6. The Night Of The Vampire
7. Earthquake (Instrumental)
8. Noble Sword
9. The Damned Ship.

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