Recensione: The dark legacy

Di Eugenio Giordano - 14 Agosto 2003 - 0:00
The dark legacy
Band: Paragon
Etichetta:
Genere:
Anno: 2003
Nazione:
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83

Parlare dei Paragon è come chiamare in causa una delle colonne portanti del metal tedesco dell’ultima decade il gruppo in questione ha sempre, con massima dedizione e fedeltà, difeso gli stilemi e gli ideali dell’heavy metal integerrimo e ortodosso sfornando una serie di platter a dir poco fondamentali e mantenendo sempre una linea artistica coerente e consapevole sia nei confronti del pubblico che nei confronti del mercato. Oggi siamo di fronte alla quinta prova sulla lunga distanza per questi ragazzi e di tempo ne è trascorso dal primo e indistruttibile “the final command” ma i Paragon non hanno rinnegato assolutamente quanto espresso in passato evolvendo un suono che negli anni è maturato senza mai snaturarsi. Così alla luce degli ancora più inossidabili “chalice of steel” e “steelbound”, che hanno condotto il gruppo al deal con la Remedy Records, si deve notare il felice sodalizio tra i nostri tedeschi e il mastermind Piet Sielck che a partire dal precedente “law of the blade” ha curato l’aspetto della produzione e del suono potenziando ulteriormente il già energetico metal dei nostri. In ogni caso mi pare di poter affermare fin da subito che questo nuovo “the dark legacy” sia un ritorno alle soluzioni classiche espresse su “steelbound” piuttosto che un ulteriore prosecuzione sulla direzione power oriented che aveva contraddistinto il precedente platter “law of the blade”. Il gruppo colpisce subito duro con un breaker da manuale intitolato “the legacy” in modo da chiarire le idee sul valore schierato in campo, il metal sprigionato da questa traccia è potentissimo sebbene non sfori nel power mantenedo una ossatura quadrata e classica risultando forse ancora più cadenzato ed efficace. Maggiormente potenziata, vagamente Judas Priest oriented, la successiva “mirror of fate” è un nuovo pugno nello stomaco che con un refrain diretto e frontale farà strage di consensi dal vivo coinvolgendo il pubblico grazie ai cori molto ben articolati. Sempre sullo stile classico dei Paragon si pone anche la terza “breaking glass” che non fa sconti continuando l’opera delle precedenti, nuavamente un grandioso ritornello garantisce in pieno la riuscita del pezzo che non si dilunga in inutili ripetizioni e fraseggi prolissi. Più veloce e powereggiante “black hole” richiama in causa i brani del disco precedente ma comunque continua l’opera di distruzione inaugurata precedentemente, da notare il fatto che i Paragon non rinunciano al refrain senza scadere in melodie facili e ruffiane. Un vero metal anthem “eye of the storm” promette ovazioni in sede live con il suo incedere marziale che esplode in un ritornello storico da tenere a mente e da conservare nel cuore, insomma un brano di metal classico dal sapore epico e trascinante. Ancora cadenzati e potenti i Paragon sfornano “maze of dread” l’ennesima prova di heavy metal classico capace di colpire duro con una serie di riff irresistibili e una interpretazione vocale vibrante e poderosa, senza compromessi. Complessa anche se mai prolissa “the afterlife” alterna varie atmosfere pur mantenendosi su tempi trascinanti e coinvolgenti, ci sono da notare vari aspetti del song writing che in questo caso sembra essere migliorato molto. Irresistibile “green hell” non ha certo un grande carisma tecnico ma non lascia scampo grazie ai soliti riff devastanti e una struttura compositiva funzionale ed efficace fino dal primo ascolto, insomma stile Paragon. Le danze vengono chiuse dalla successiva “back from hell” che conferma quanto scritto in precedenza lanciando l’ultimo assalto sonoro alle orecchie dell’ormai sazio ascoltatore e ponendo la firma su una nuova prova superlativa per questi tedeschi. Se cercate innovazioni sonore, sperimentazioni, musica tecnicamente complessa, fatevi un favore e leggete qualche altra recensione, qui signori c’è solo un disco di heavy metal senza etichette, fronzoli, pianificazioni di sorta e compromessi. Una serie di canzoni sputate in faccia badando alla forza e non troppo alla confezione, insomma il tipico platter che un metallaro integerrimo e fedele finisce per adorare nel raggio di un paio di ascolti, per me i Paragon restano una superpotenza del metal tedesco.

1 the legacy

2 mirror of fate

3 breaking glass

4 black hole

5 eye of the storm

6 maze of dread

7 the afterlife

8 green hell

9 back from hell    

 

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