Recensione: The Darkest Hour

Di Andrea Poletti - 4 Agosto 2016 - 6:44
The Darkest Hour
Etichetta:
Genere: Gothic 
Anno: 2015
Nazione:
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Prendete un grande secchio pieno di palline, riempite con sfere di diverse dimensioni, alcune grandi ed altre minuscole. Provate ora ad immaginare in proporzione l’importanza di una band all’interno del panorama musicale, dalle più grandi sino alle minuscole che saranno quelle della scena underground, una metafora non difficile da creare a livello mentale. Se in questo grande contenitore, pieno di gruppi dalle più disparate caratteristiche e potenzialità introducessimo i Fatum Aeternum, probabilmente non riusciremmo nemmeno a scorge la sfera ad occhio nudo, probabilmente non farebbero nemmeno parte del grande contenitore tanta è la loro inutilità e banalità a livello compositivo, che risulta difficile anche catalogarli quali band di musicisti. Verrebbe da dire, comici, attori, torte alla marmellata, calfort, geo respira vivo, sale iodato, gutallax, Germano Mosconi e qualsivoglia figura mitologica e/o astratta sia concepibile sul globo. Spero vivamente che sia uno scherzo e/o una goliardia tra amici questo progetto, perché parlandoci chiaramente la proporzione tra i Fatum Aeternum e il loro album “The Darkest Hour” sta al panorama moderno come cinematograficamente alla Corazzata Potëmkin di Fantozzi agli Oscar. Punto set partita incontro. Prendiamo un po’ di respiro e continuiamo a scrivere dopo lo stacco di pubblicità

C’è scritto gothic come indicazione del genere proposto da nostri paladini della giustizia, ma non ho terminologia corretta per il loro suono che si districa tra violini, contrabbasso e batteria settata in modalità jazz (così almeno si vede dai video proposti on-line). Diventiamo seri ed immergiamoci nell’album; se la breve l’intro dovrebbe offrire l’ingresso ad un mondo oscuro e lugubre, già con la prima vera traccia ‘Me’ i gli incubi e gli zombie diventero realtà: i suoni risultano abominevoli mentre il cantanto è stonato e concepito in modalità molto amatoriale. Noi siamo di animo buono e i difetti, gli errori, posso accadere anche ai migliori e cerchiamo di guardare oltre, ma non vi sono attenuanti quando la dolce Evelyn decide di cantare in un finto falsetto così acuto che degli spilli piantati nei gomiti risulterebbero meno dolorosi. Fuori contesto e fastidioso in tutto e per tutto. In ognuna delle cinque canzoni proposte dentro questo EP vi si trova un costante gioco di contrasti tra parti rallentate, lontanamente debitrici ai Type 0 Negative che furono e piccole e brevi sfuriate con accenti di doppia cassa che non stonano nel complesso. La parte sinfonica è l’aspetto migliore di “The Darkest Hour”, funzionando discretamente se decontestualizzato dal resto; si riesce perfino a percepire un minimo di studio ed analisi prima di registrare in studio. Potrei citare una qualsiasi tra ‘Hate’, ‘Dive With Me’, ‘Pain’ o la conclusiva ‘Nothing’ per provare a cambiare opinione, ma tutto risulta veramente troppo, troppo poco congegnato e ben strutturato; come se le tracce risultassero a livello di demo o registrate in presa diretta tramite qualche archibugio casalingo. D’altro canto possiamo trovare il lato positivo di questo EP, confermare come nel bene o nel male i Fatum Aeternum ognuno di noi potrà ricordarli negli anni a venire; suonano un “non-genere” che va al di fuori di tutti gli schermi classici, propongono una loro visione di musica che si distacca dalla massa diventando di facile riconoscibilità. In parallelo i nostri Istraeliani sono un po’ come le opere d’arte moderne, che agli occhi di alcuni paiono capolavori, per altri sono solo informi ammassi di concetti astratti da buttare nella spazzatura.

Certo, non tutto è da buttare, bisogna guardare alcuni lati positivi come scritto poco sopra, ma in realtà al mondo di prodotti così amatoriali e fuori misura rispetto alla qualità media proposta non se ne sente il bisogno. La scarsa capacità tecnica, la registrazione amatoriale priva di qualsiasi “passione” a riguardo e una metrica non prettamente conteggiata negano a questo “The Darkest Hour” di prendersi una sufficienza. Che il tempo sia d’insegnamento e di aiuto ai nostri Fatum Aeternum, passo e chiudo.

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