Recensione: The End Machine

Di Francesco Sgrò - 25 Marzo 2019 - 0:01
The End Machine
Etichetta:
Genere: Hard Rock 
Anno: 2019
Nazione:
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80

Cosa succede quando tre grandi musicisti musicisti degli storici Dokken e, più in generale, della scena Hard ‘N’ Heavy statunitense come George Lynch (chitarra), Jeff Pilson (basso) e Mick Brown (batteria), uniscono le proprie forze a quelle del talentuoso Robert Mason (attuale vocalist dei Warrant)? Semplice: nasce un supergruppo dalle potenzialità stellari che subito viene notato dal radar sempre attento della nostrana Frontiers Music.

Forti di un songwriting assai ispirato, il gruppo a stelle e strisce confeziona un primo album omonimo granitico e massiccio. Contraddistinto inoltre da una produzione asciutta e cristallina, “The End Machine” si presenta come un ricco e succulento banchetto per il palato di tutti gli appassionati del Rock più verace e sanguigno.

L’onore di aprire le danze spetta alla potente “Leap Of Death”, opener costruita su di un’ossatura musicale solida, sulla quale la chitarra di Lynch e la voce di Mason possono esprimersi al meglio, per un convincente mosaico finale che, per molti aspetti, può far tornare in mente il sound moderno e d’impatto dei primi Europe post reunion (quelli di “Start From The Dark” del 2004).
I nostri sembrano intenzionati a seppellire le patinate sonorità anni ’80 e sulle medesime coordinate stilistiche della traccia precedente, si muove anche la più movimentata “Hold Me Down”, anch’essa dotata di una solida struttura eseguita con grande energia da un Mason sempre in prima linea.
In perfetto equilibrio fra sonorità classiche e moderne, il disco prosegue con la decisa “No Game”, controllata come sempre dalla sei corde di Lynch e dalla graffiante ed elegante voce di Mason, costantemente in sintonia tra loro ed entrambe supportate dalla sempre affilata sezione ritmica dello storico duo Pilson/Brown.

Il gruppo continua a testa alta la propria corsa anche nella lenta ed emozionante “Bulletproof”, piacevolmente orecchiabile e sempre vicina al sound degli Europe dei primi anni 2000.
Attraenti sprazzi “ottantiani” emergono poi nella ruvida e diretta “Ride It”, nuovo tentativo della band di rivisitare sonorità più classiche, mantenendo in ogni caso distinte le venature più moderne del proprio stile, per un risultato finale del tutto riuscito.
Senza nessun calo di tensione, l’album prosegue con la “texana” “Burn The Truth”, episodio che sembra rievocare le magiche atmosfere della classica “Wanted Dead Or Alive” di Bonjoviana memoria.
Il Rock torna poi con prepotenza nelle note della granitica “Hard Road”, caratterizzata da un refrain semplice e di ottimo impatto.
Ben assortito pure il trittico composto da“Hard Road”, dalla potente “Alive Today”  e dalla seguente “Line Of Division”.

Ormai quasi al termine dell’album, con grande energia i The End Machine assestano infine altri due decisi colpi di coda, concretizzati nelle note della sognante elettro acustica “Sleeping Voices” e nella squisita “Life Is Love Is Music”, episodio che conclude in bellezza un album gustoso, appagante e privo di punti deboli.

Poche parole ed una semplice sentenza: un ottimo lavoro!

 

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