Recensione: The End Of The Trail

Di Emilio Sonno - 27 Dicembre 2002 - 0:00
The End Of The Trail
Band: Taish
Etichetta:
Genere:
Anno: 2001
Nazione:
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54

Non c’è che dire: i tempi sono proprio cambiati! Sembrano passati secoli da quando il metal era soltanto heavy, o thrash, o death, o black,… oggigiorno si tende sempre di più a fonder generi lontani tra loro anni luce, arrivando generare meltin’ pot che sfiorano il ridicolo. Controverso è il caso di questi Taish che direttamente dalla piccola Austria si fanno avanti con un demo che soltanto una decina di anni fa sarebbe stato a dir poco inconcepibile, mentre adesso, per quanto stravagante, sembra essere in grado di creare un certo seguito. Partendo dalla definizione che si attribuiscono loro stessi si tratterebbe di melodic death metal Vienna style, una definizione obbiettivamente imprecisa e fuorviante. Avete mai provato ad ascoltare tre-quattro cd contemporaneamente? No, vero? Beh, con questo mcd ne avete la possibilità e il risultato è tutto da scoprire…

Con uno stile proprio e inconfondibile il six piece viennese propone sette pezzi discutibilissimi; tra chi lo boccerebbe a priori e chi griderebbe al capolavoro (sinceramente mi sembra eccessivo, nda) si trova una fitta schiera di incerti, a tratti affascinati e a tratti indispettiti da tanta koinè: su un impostazione essenzialmente power, si muovono armonie classicheggianti che ammiccano al gothic, al prog rock/metal e quasi mai death come dichiarato. Come per magia, escono dal cilindro, imprevisti quanto bizzarri cantati growl soprattutto quando si ritrovano affiancati da un pianoforte messo troppo in primo piano. Un difetto che affligge, però, solo alcune tracce, tra cui le primissime, “2000 Years” in testa, dove la musica risulta così pregna di ispirazioni, tra le più disparate, da sembrare scollata, un insieme di stacchi e linee armoniche che poco collimano tra loro. Col passare delle song le tracce sembrano poi seguire un filo conduttore e acquisiscono conseguentemente una propria coerenza, pur non riuscendo a catturare l’ascoltatore sia in a qualità che in quanto a tecnica. In più occasioni, quando entra in scena la voce l’andamento porta agli Amorphis di Tales From The Thousand Lakes per poi ripiombare in tutt’altra atmosfera. Un demo con buone intenzioni in linea di massima, penalizzato dalla voglia di strafare che porta la band a creare amalgami alquanto eterogenei che faticano ad essere convincenti tanto da risultare sgradevoli. De gustibus…

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