Recensione: The Engineered Flesh

Di Tiziano Marasco - 28 Novembre 2013 - 6:39
The Engineered Flesh
Band: Lyfthrasyr
Etichetta:
Genere: Black 
Anno: 2013
Nazione:
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67

Il disco parte e dall’oscurità anzitutto si levano delle tastiere marcatamente elettroniche, per non dire che sono proprio trance e hardcore. A tutta prima l’idea è quella di aver inserito accidentalmente nel lettore un disco degli Atari Teenage Riot. Poi però il delirio cyberpunk viene sommerso da una base molto più classicamente metal, con chitarre a zanzara e batteria a martello, con buon groove e ritmi meccanici, un growl maligno ma non troppo, comunque versatile. Questa in buona sostanza The new era of immortality, opener della nuova fatica dei Lyfthrasir. Una canzone che ben presenta tutto l’album, composto di  brani molto simili l’un l’altro, contraddistinti sempre dai medesimi elementi, vale a dire una buona base black metal, svarioni pianistici di retaggio gothic, e infarciture di synth techno qua e là.

Orbene, speriamo che a tutti sia chiaro che i tempi in cui si criticava un disco metal perché presentava influenze elettroniche sono stati sepolti alcuni millenni fa. Certo però è che piazzare due campionature degli Infected Mashroom  su un disco di black metal moderno, se da un lato non fa gridare allo scandalo, non fa neppure gridare al miracolo. Già dieci anni fa Wiindir si era espresso su linee simili in quanto a contaminazione metal. Sempre dieci anni fa Alec Empire aveva dato prova di poter unire in un’amalgama molto più omogenea hardcore techno e hardcore punk. Ancora oggi, i nostri Progenie Terrestre Pura vanno molto più in la per quanto riguarda sperimentazione e contaminazione.

Sicché lasciano un po’ perplesse le manifestazioni di entusiasmo sperticato, soprattutto nel loro natale Teutoburgo, nei confronti dei Lyfthrasyr, i quali hanno pure scelto un monicker di rottura: nella Voluspâ si narra che durante il Ragnarök (l’Apocalisse nordica) il mondo intero sarà arso e da questo immenso rogo sopravviveranno solo due uomini, Lif e Lifthrasir (vita e desiderio di vita), i quali daranno inizio al nuovo ciclo dell’umanità. Il nome dunque è una dichiarazione d’intenti abbastanza chiara, eppure per dare nuova vita al metal estremo oggigiorno ci vuole ben altro. Magari mischiare il black alla drum’n’bass (possibilmente riuscendoci, impresa assai ardua).

Magari i commenti rinvenuti in rete hanno indotto aspettative eccessive, perché in ogni caso, volendo essere più realisti, possiamo comunque dire che The Engineered Flesh, terzo disco dei nostri, giunto dopo sei anni di silenzio, è un disco dignitoso di black metal leggermente spruzzato di elettronica. Otto canzoni molto compatte e tutte dotate di un buone ritmiche meccaniche (che nel Teutoburgo hanno sempre spopolato). Si somigliano tutte, ma c’è da dire che pezzi come la sopracitata The new era of immortality, Mind simulator o Wisdom in the loop lasciano il segno e presentano una band in buona forma che ha trovato un proprio particolare stile.

Ad ogni modo, non avvicinatevi a The Engineered Flesh con l’idea di farvi sconvolgere la vita.

Tiziano Vlkodlak Marasco

Sito ufficiale dei Lyfthrasyr

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