Recensione: The Essence of Everything

Di Luca Montini - 1 Dicembre 2016 - 0:00
The Essence of Everything
Etichetta:
Genere: Power 
Anno: 2016
Nazione:
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75

In art, there is no need for color; I see only light and shade. Give me a crayon, and I will paint your portrait.
Francisco Goya

Disco di debutto per i Light & Shade, band prog-power melodico internazionale composta dalla cantante Adrienne Cowan (Seven Spires), Marco Pastorino (Temperance, Secret Sphere, Virtual Symmetry) alle chitarre e voce, Luca Negro (Temperance) al basso ed Alex Landenburg (Luca Turilli’s Rhapsody) alla batteria. Un gruppo nato quasi per caso, un po’ come tutte le cose belle, come ci ha rivelato il mastermind Marco Pastorino in una recente intervista. A fine 2015, Marco e Luca si ritrovano ad ascoltare la compilation annuale del Prog Power USA (edizione XVI), nella quale sono inclusi anche i loro Temperance, a fianco di band di grosso calibro come Kamelot, Leprous e Symphony X. Durante l’ascolto i due rimangono rapiti dalla performance della giovane cantante proveniente dal lontanissimo Texas con i suoi Seven Spires: Adrienne Cowan, classe 1996. Da cosa nasce cosa, i ragazzi la contattano e le propongono una collaborazione. Adrienne invierà al nostri una demo qualche mese dopo, mentre i Temperance sono in tour con i Luca Turilli’s Rhapsody. Arruolato anche il batterista tedesco Alex Landenburg, la lineup è formata. Marco finalizza i brani nel 2016 ed a giugno tutti in studio per la registrazione. Produzione al solito ad opera di Simone Mularoni (DGM) ai Domination Studio di San Marino.

L’essenza di questa band che si palesa in “The Essence of Everything”, inutile nasconderlo, è la voce di Adrienne, le cui sfumature espressive vengono a comporre il dipinto di luci ed ombre evocato dal moniker. 
Alti contrasti e giochi chiaroscurali costituiscono il cuore di questo lavoro, che dopo un’intro che presenta un rassicurante duetto voce e pianoforte di Marco ed Adrienne si getta a capofitto in “Drown into Absurdity”, a rimarcare l’assurdo stacco dal mood del brano precedente: entriamo d’improvviso in un’atmosfera cupa ed aggressiva che ricorda gli Arch Enemy, con la giovanissima cantante ad evocare le sue due anime, quella più docile e melodica e lo scream più iracondo e feroce. Potentissimo il drumming di Alex, mentre Marco e Luca spingono col riffing serrato sulle ritmiche. C’è anche una tastiera sullo sfondo a conferire un aspetto più sinfonico. 
Dopo un picco così irruento le successive “Spirit of Anne” e “Burned” abbassano leggermente i toni concedendo qualcosa in più alla melodia, pur mantenendo il panzer tedesco a pieno regime dietro le pelli. Sempre molto pulite le armonie vocali e puntuali i backing di Marco Pastorino, bravo ad entrare ed uscire puntualmente di scena per lasciare il palco a lei, Adrienne, con le sue molte voci ed il suo stile. Uno stile non per tutti i gusti: il suo mutare forma all’interno della stessa strofa, magari quando sale di tonalità, potrebbe sembrare il classico “non ci arrivo, quindi grido”… salvo poi sentirla raggiungere, magari qualche passaggio dopo, le stesse tonalità senza gridare. Se il metal è un genere estremo e libero da regole granitiche, anche queste sperimentazioni ne evidenziano il carattere essenzialmente progressista – oltre che progressivo.
Scendiamo verso lidi più radiofonici con il secondo singolo “You Are” (dalla quale è stato registrato anche un video): altro brano comunque rappresentativo dello stile proposto dai Light & Shade, con la chitarra folk a dare un tocco più caldo e romantico.
Influenze etniche per “Meet me in Summer”, alla quale fa seguito l’interessante dittico “Brokenhearted” e “Lionhearted”, in cui curiosamente la prima è un brano melodico in cui Adrienne torna a deliziarci col suo stile pulito e sporco, mentre la seconda è una vera e propria, dolcissima ballad voce e chitarra.
In “Wander so Far” torna il growl, anche qui in un’alternanza tra parti più decise con chitarroni pastoriniani “moderni”, alternati a momenti più lontani ed eterei, in questa metafora di un viaggio lungo ed ostico verso mete lontane. Brano più dicembrino, “Welcome the Cold”, in cui ritroviamo una buona commistione di chitarre acustiche ed elettriche e composizioni sinfoniche tra piano, flauti e tastiere di sorta.
Come ogni disco che si rispetti, in chiusura una suite di oltre sette minuti: “The Essence of Everything”, la titletrack. Qualche che sia l’essenza del tutto, forse ne veniamo a conoscenza nelle belle armonie vocali piuttosto che nelle liriche duettate tra Marco ed Adrienne, o forse nel momento di chiusura orchestrale che ci saluta con un’outro sinfonica al pianoforte, completamente imprevista. L’essenza nel non detto piuttosto che nella data overload della quale il mondo ormai straripa. Ma è proprio alla fine dell’ascolto, raggiunta (o forse no?) l’essenza, che ci accorgiamo del punto debole di questo lavoro ambizioso: come capire, assemblare, riportare ad un nucleo pulsante tutti questi frammenti assemblati dai Light & Shade? È forse vero che il tutto e il niente coincidono anche nell’essenza? Una differente risposta giace in ognuno di noi, e la valutazione ultima di questo disco dipende proprio dalle sembianze questa risposta.

I Light & Shade sono un progetto ibrido e pieno di contaminazioni, un power-prog melodico e moderno in un crocevia internazionale, da scoprire ed analizzare attraverso la lettura chiarosculare delle partiture e della voce multiforme della talentuosa Dr.ssa Jeckil/Miss Hyde Adrienne Cowan, icona incontrastata di questo debut e della proposta musicale della band. Chissà come evolveranno le sue corde vocali nei prossimi anni? 
The Essence of Everything” è un album che fa della varietà di momenti, influenze e mood offerti il suo punto di forza (come del resto l’ultimo Temperance), trasportando l’ascoltatore in un affascinante viaggio tra la luce e le tenebre di un mondo sempre più complesso e sfaccettato, in cui le nuove generazioni non temono il confronto e la ricchezza intrinseca all’incontro con generi e stili all’apparenza antitetici. 
 

Luca “Montsteen” Montini


 

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