Recensione: The Eye

Di Robym - 11 Agosto 2003 - 0:00
The Eye
Band: King Diamond
Etichetta:
Genere:
Anno: 1990
Nazione:
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88

1990: siamo alla quinta fatica della carriera solista di King Diamond e, secondo me, siamo di fronte ad un vero e proprio capolavoro. Lo stile del Re Diamante, anche se meno ostico rispetto a quello di “Them”, si arricchisce notevolmente, anche grazie all’uso di organi che accompagnano questa sorta di viaggio nel tempo. Il racconto (che prende spunto da una storia reale) è articolato in 11 canzoni e parla delle vicissitudini e di maledizioni legate ad una collana magica chiamata “The Eye”. Siamo in una notte d’estate, precisamente il primo maggio: stiamo guardando uno strano oggetto, una collana che come ciondolo porta qualcosa che somiglia ad un occhio… fuori piove e i tuoni tormentano la notte… sorseggiamo del vino e guardiamo attentamente lo strano medaglione, per cercare di capire di cosa si tratti quando, d’improvviso, veniamo catapultati in Francia, ai tempi dell’inquisizione cristiana, anno di grazia 1450. Una ragazza, Jeanne Dibasson, viene accusata di stregoneria dal capo investigatore parigino Nicholas de la Reymie, e, dopo il processo e le torture, viene giudicata colpevole, e condannata a morire sul rogo. Durante l’esecuzione della povera vittima, la collana che porta al collo (per qualche sorta di stregoneria), vola via ed incastona nel suo ciondolo un occhio di Jeanne morente: così nasce il medaglione chiamato “The Eye”. Passano alcuni anni di relativa tranquillità sino a quando due bambine si avventurano a giocare nella radura in cui fu bruciata la “strega”: mentre si divertono, una di loro scorge qualcosa che attira la sua attenzione; si tratta della collana malefica abbandonata dopo il rogo. La bambina incuriosita cerca di guardare all’interno dell’occhio azzurro, e questo le costerà la vita: la collana manifesta i suoi malefici poteri soffocando all’istante l’infante. 1625: passano ancora gli anni e la collana viene a ritrovarsi nel convento di Louviers, su cui si abbatte la sua maledizione. Infatti vi entra come novella suora la diciottenne Madeleine Bavent, la cui indole è abbastanza chiara, visto che da subito seduce (e viene sedotta) il cappellano padre Pierre David, che cede alle sue lusinghe. La festa comunque durerà ben poco: durante uno dei loro incontri segreti, il prete nota al collo di Madeleine un medaglione; è “L’Occhio”, che la giovane ha trovato nel convento. Padre David rimane sgomento alla vista dell’occhio incastonato nella collana: morirà misteriosamente il giorno dopo. 1628: arriva un nuovo cappellano in sostituzione del defunto David. Si tratta di padre Mathurin Picard. Con lui inizia il declino che porterà il convento di Louvries a diventare una sorta di chiesa satanica: il prete, ossessionato ed in preda a deliri (causati dalla maledizione che ormai avvolge il luogo e tutti i suoi abitanti), organizza ogni domenica all’interno del convento, assieme alla complicità delle monache (stordite con varie pozioni e quindi soggiogabili a suo piacimento), messe sataniche e rituali vari in onore delle forze oscure: in uno dei loro meeting, con la complicità di Madeleine, arrivano a rapire ed inchiodare in croce un bambino (cosa, questa, che ricorda la storia di Abigail). Tutto questo avviene sino al 1642, anno in cui vengono alla luce le macabre abitudini: il prete (che morirà di lì a poco) e tutte le monache vengono rinchiusi in carcere, dove potranno ritrovare la pace perduta nel convento, luce che Madeleine troverà solo con la morte, 5 anni dopo. Arriviamo dunque ai giorni nostri: la storia si conclude con un avvertimento che sa di minaccia : tutti i poveri mortali devono stare attenti poiché il medaglione vede, sente e conosce tutto, e prima o poi riemergerà e tornerà a portare maledizioni e morte ovunque esso sia. Dopo aver narrato la storia, passiamo a descrivere la musica di The Eye, ovvero il pezzo forte. Il sound proposto da Diamond, come sempre, è una sorta di horror metal, accentuato in quest’album dall’accompagnamento di organi che enfatizzano l’atmosfera lugubre della storia. L’album è, a mio giudizio, meraviglioso, paragonabile a perle come Abigail, forse anche migliore da un certo punto di vista: infatti, le canzoni sono molto varie e presentano innumerevoli sfaccettature; cambi di ritmo, di melodie e controtempi sono all’ordine del giorno, e quasi tutte le song sono strutturate ed articolate in modo tale da non seguire una precisa linea (strofa-ritornello): l’ascoltatore rimane imbarazzato e disorientato di fronte a tale maestosità e dai virtuosismi dei due chitarristi, che si esprimono in eccellenti assoli. Stranamente il singer danese non ha composto la classica intro, quindi si parte subito con una canzone vera e propria, e che canzone! Si tratta di “Eye Of The Witch”, meravigliosa song accompagnata da una batteria in controtempo, che ci apre i portali del tempo: questa canzone è una figata, soprattutto quando King distorce la voce nel ritornello. Bisogna precisare che, anche in quest’album (più che nei precedenti) il cantante danese alterna il suo falsetto a voci più varie arrivando ad utilizzare anche una sorta di growl e di scream. Comunque, proseguendo l’ascolto, ci addentriamo nel tribunale dell’inquisizione con “The Trial”, tenebroso pezzo che ci descrive il processo e le torture inflitte alla presunta strega: davvero inquietante l’atmosfera che ci accompagna nell’ascolto di questo pezzo, con l’inquisitore che tortura sia verbalmente che fisicamente la ragazza e con lei che disperatamente si dichiara innocente. Segue la veloce “Burn” che, come si intuisce, parla dell’esecuzione di Jeanne Dibasson: vi giuro che quando l’avrete ascoltata non riuscirete più a togliervi dalla testa queste parole “Higher, burning higher, flames will soon devour, Higher, burning higher, the smell of skin turned sour”. La quarta canzone è “Two Little Girls” ed è una sorta di carillon infernale che descrive il ritrovamento della collana da parte delle due sfortunate bambine: questo pezzo è più un passaggio tra la prima parte dell’album e la seconda, quella che riguarda i fatti del convento. Apriamo la seconda parte proprio con l’arrivo di Madeleine al convento, “Into The Convent”, e con la morte di Padre David in seguito alla vista del medaglione: questa canzone è scritta dal chitarrista La Rocque e dal batterista Snowy Shaw. Arriva il nuovo cappellano e le sue folli elucubrazioni ci sono esposte in “Father Picard” (scritta dall’altro chitarrista Pete Blakk). Si susseguono in un turbine di potenza e follia “Behind These Walls” che inizia con un intro da carillon e “The Meetings” (di La Rocque) che ci portano a fianco del clero impegnato nei rituali satanici. La strumentale “Insanity”, composta anche questa da La Rocque, è il secondo pezzo che fa da anello per la parte conclusiva del disco. Non è un pezzo “potente”, anzi, tutt’altro: ma è proprio per la sua delicatezza che colpisce, sembra quasi di pensare alla pace dell’anima che solo la morte può dare… l’eccellente “1642 Imprisonment”, anche questa scritta da La Rocque, scopre i rituali del convento e ci conduce sino all’incarcerazione e alla morte di Picard e Madeleine. L’album si conclude nel migliore dei modi con “The Curse” una possente song (con un riff che potrebbe ricordare atmosfere arabe) che ci riporta al presente, dopo questo fantastico viaggio nel passato in cui King Diamond, assieme ai chitarristi Andy La Rocque e Pete Blakk, al bassista Hall Patino e al batterista Snowy Shaw ci ha accompagnato. Di certo questo non è l’album più “heavy” del cantante danese e in quanto a complessità è lontano dal quasi (purtroppo) masterpiece qual’è “Them”: quest’album è più soft (relativamente parlando) e questo ha procurato non poche critiche da parte dei suoi funs legati a ritmiche più incalzanti. Personalmente penso che questo sia uno dei migliori album del singer, un piccolo capolavoro che non dovrebbe mancare nella collezione di nessun metaller. Tra le altre cose, il disegno sul retro del libretto, che illustra il rogo di Jeanne Dibasson è un’opera d’arte. Acquisto caldamente consigliato, altrimenti la maledizione dell’occhio colpirà ache voi… pensateci bene, ne và della vostra vita 😉 “I know what you’re thinking, i can see through you brain. I know what you’re doing, even though I’m far away. The power i get from the chain is mine, only i can use it !!”

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