Recensione: The Eye Of Every Storm

Di Alessandro Di Clemente - 7 Luglio 2004 - 0:00
The Eye Of Every Storm
Band: Neurosis
Etichetta:
Genere:
Anno: 2004
Nazione:
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80

Tornano tra noi i Neurosis, la band del signor Von Till, dopo un capolavoro come A Sun That Never Sets.
E come i precedenti anche questo “occhio di tutti i cicloni” si attesta su livelli alti.
Al pari del film di Boyle, 28 Giorni Dopo, utilizzando un’altra figura retorica come quella del titolo, la quiete prima della tempesta…dopo la tempesta, con un suono minimalista, la band di San Francisco, accantona le velleitarie manifestazioni apocalittiche dei precedenti albums per raccontarci sensazioni post nucleari.
Potrei paragonare il suono che ne scaturisce ad una landa desolata, una città svuotata di qualsivoglia forma di vita (come nel film di Boyle, appunto).
La psichedelia a servizio della depressione fatta musica, il minimalismo sonoro (mi ripeto), la tribalità, la commistione tra electro ed elettricità con una forza tutta preistorica, un tentativo di ritorno alle origini.
Le immagini che i Neurosis vogliono mostrarci con le sole note (tra l’altro i Nostri in sede live utilizzano un bravissimo visual artist) sembrano rubate ad una scenografia di Mad Max (o Ken Shiro se preferite).
Il cd scorre lungo una linea ben definita, la compattezza di intenti è ben evidenziata dalla staticità delle sensazioni provate ascoltando i brani.
Una lunga colonna sonora (la durata di ogni singola canzone si attesta oltre i sette minuti) in cui la variatio al tema centrale consiste in brevi e sporadiche sfuriate in overdrive (neanche si puo’ parlare di distorsioni) lasciando pensare che ci sia una non troppo convinta volontà di riemergere dalla desolazione circostante.
Ogni tanto affiora qua e là qualche richiamo ai nuovi Anathema, quelli di A Natural Disaster (tra l’altro notare la somiglianza tra i due titoli), esempio lampante: A Season In the Sky, nella quale canzone si avvertono influenze non troppo celate di My Dying Bride (mi è tornato alla mente The Angel And The Dark River): caratteristici gli altalenanti umori esemplificati da momenti riflessivi che lasciano spazio a chitarre piangenti cariche di elettricità.
L’approccio alla composizione pero’, pur avendo punti di contatto con le citate bands riconducibili al doom e alla psichedelia del tutto europei, è prettamente americano ed ecco che laddove i My Dying Bride esplorano gli stati d’animo con una marcata attitudine romantica, la forma canzone dei Neurosis (più difficile da catalogare) subisce il fascino della primordialità, come una tribù il cui culto ancestrale ha emarginato dalla società.
E’ davvero difficile spiegare a parole cosa vuole dire immergersi nel mondo che i Neurosis ci mostrano con questo “The Eye Of Every Storm”, non è musica da ascolto, è, piuttosto, un’esperienza multi-sensoriale che coinvolge ogni parte del corpo, primo fra tutti il cuore.
Utilizzando tipologie come il Crust, lo Sludge, il Doom, la Psichedelia, l’Hard Rock, ecc…, e modulandole a loro piacimento, i Neurosis hanno partorito questo capolavoro di musica fuori dagli schemi, fuori da ogni canone, come sono soliti fare.
Neurosis: una sicurezza.

Titletrack:

1. Burn
2. No River To Take Me Home
3. The Eye Of Every Storm
4. Left To Wander
5. Shelter
6. A Season In the Sky
7. Bridges
8. I Can See You

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