Recensione: The Fifth Fury

Di Vittorio Cafiero - 6 Ottobre 2014 - 23:24
The Fifth Fury
Band: Gory Blister
Etichetta:
Genere: Death 
Anno: 2014
Nazione:
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80

Ancora una volta death metal, ancora una volta Italia. Sembra davvero che ultimamente il Belpaese stia diventando terreno fertilissimo per uno tra i sottogeneri più pesanti che trattiamo su queste pagine e la causa va anche trovata in una scena sempre più robusta che, un po’ come i distretti industriali di un tempo, va consolidandosi attorno a determinate zone geografiche: abbiamo l’area emiliana, cresciuta attorno ad act quali Hatred, Unbirth, Logic Of Denial, The Modern Age Slavery, quella piemontese (Putridity, Septycal Gorge) e ovviamente quella romana, forse la più florida, nata attorno ad Hour Of Penance, CorpseFucking Art, Hideous Divinity e agli Eyeconoclast di Stefano Morabito (che, con i suoi 16th Cellar Studio, sta gradualmente ripercorrendo i passi dei vari Scott Burns, Dan Swano, Tomas Skogsberg o Peter Tagtgren…). In parallelo, però, esiste un pugno di band che, decisamente prima di questa “new wave of Italian death metal”, già a partire dagli anni ’90 ci dava dentro nell’underground, costruendo le fondamenta di quello che sarebbe poi esploso nel Terzo Millennio come death italiano. Stiamo parlando di nomi quali Natron, Mindsnare, Delirium X Tremens, Resurrecturis…tutte band che, partite da molto lontano, ancora oggi persistono e resistono suonando un genere che per molti anni non ha goduto dell’opportuna luce dei riflettori. Tra questi, senza alcun dubbio possiamo citare i milanesi Gory Blister, veri e propri paladini del death nostrano, che possono vantare una presenza sulla scena che si avvicina al quarto di secolo e una discografia solida che, con The Fifth Fury, oggetto della presente recensione, arriva al quinto capitolo, che segue il buon Earth-Sick uscito nel 2012. 

Con la concretezza che la band stessa ha mostrato negli anni, chiudiamo qui con i corsi e ricorsi storici e tuffiamoci nell’analisi della Quinta Furia targata Gory Blister. La primissima conferma è quella di avere a che fare con gente ben rodata, sia in termini di tecnica, che di composizione: è un death metal deciso, maturo, a tutto tondo; non eccessivamente brutale, né ignorante, tecnico sicuramente più della media, senza sconfinare in velleità puramente progressive. Le influenze vanno ricercate negli ultimi Death e nei Carcass più tecnici, anche per merito delle vocals di Paolo John, alla seconda prova sulla lunga distanza con la band, che sulle parti più acide ricorda l’ultimo Jeff Walker. I Gory Blister, fin dall’opener Psycho Crave, mettono in mostra la loro caratteristica più evidente: il saper intervallare parti tirate e d’assalto a momenti più ragionati e ricercati. Particolare anche l’effetto che l’album produce nel suo insieme: diversamente da altri lavori dello stesso genere ascoltati ultimamente, non c’è la ricerca dell’effetto “blocco di cemento”: le canzoni sono ben distinguibili le une dalle altre, dotate ciascuna della propria personalità, eppure mai sembra che i Milanesi puntino sull’orecchiabilità. Il merito è probabilmente degli ottimi arrangiamenti, tramite i quali i pezzi sono stati opportunamente caratterizzati, rifuggendo allo stesso tempo da soluzioni banali. Difficile anche citare pezzi che in un modo o nell’altro si elevino sopra gli altri, appunto perché tutti di qualità media abbastanza elevata. Piace Toxamine, nevrotica e mai lineare per gran parte della sua durata, salvo poi, nella parte finale, svilupparsi in uno lungo passaggio rallentato e riflessivo, che sembra continuare nella successiva e ultra-carcassiana Devouring Me, anch’essa tutta da ascoltare. Con la coinvolgente title-track (da cui è stato estratto un video alquanto impattante e ben fatto) si ha l’occasione di menzionare l’operato dei due membri fondatori, Raff Sangiorgio alla chitarra e Joe La Viola alla batteria, trascinatori e colonne portanti del suono Gory Blister. E se con Prometheus Scars la band meneghina presenta la traccia più ermetica e complessa dell’intero lavoro (e qui il pensiero corre a certe soluzioni adottate dagli Atheist), con (Meet Me) In The Mass Grave è The Sound Of Perseverance di voi-sapete-chi l’album verso cui il pensiero tende abbastanza istintivamente. In chiusura, l’orchestrale e strumentale Heretic Infected Orchestra pone il sigillo finale all’album, dimostrando, come se non fosse stato abbastanza chiaro, che ai Gory Blister interessa andare oltre la semplice aggressione sonora. 

The Fifth Fury è un’uscita positiva sotto tutti gli aspetti e non fa che confermare quanto il gruppo milanese sia oramai una certezza all’interno del panorama death (e non solo) nostrano. Certamente abbiamo a che fare con una band che nel corso degli anni ha preferito lavorare sodo – nonostante gli stravolgimenti di line-up – piuttosto che perdersi in parole e proclami: una serietà che si è tradotta in una discografia di tutto rispetto e l’album in questione ne è soltanto – si fa ovviamente per dire – l’ultimo tassello: sarebbe davvero un peccato passare oltre ignorandolo.

Vittorio “Vittorio” Cafiero

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