Recensione: The Flesh Prevails

Di Gianluca Fontanesi - 6 Ottobre 2014 - 16:19
The Flesh Prevails
Band: Fallujah
Etichetta:
Genere: Progressive 
Anno: 2014
Nazione:
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86

Diciamocela tutta: il 2014, ad oggi (primi di ottobre), non ha ancora regalato moltissime perle degne di poter scrivere la storia del nostro genere preferito. Pochissimi i picchi d’eccellenza, sommersi purtroppo da mari di feltrini per le sedie e opere pubblicate solo per meri fini lavorativi. C’è altro? Sì, gli statunitensi Fallujah, che prenotano (e ottengono) un posto nella top ten di questa infausta annata in maniera facile e facilmente disarmante. È davvero grande lo stacco tra questi ragazzi e le camionate di musica estrema buona solo a fertilizzare se stessa per i secoli dei secoli che ogni giorno esce avendo la pretesa di sbandierare o essere sbandierata come una grande invenzione.

Non che l’utenza non sia talvolta ingenua. Suvvia, non prendetevela: si scherza, ma sappiamo tutti benissimo che al giorno d’oggi un basso fretless potrebbe far diventare una band radical chic o un gran ritrovato underground. Sappiamo tutti che, se al suddetto basso fretless ci aggiungessimo un paio di chitarre che eseguono scale con un metronomo a logaritmi o dissonanze apparentemente mai sentite con effetti apparentemente scoperti dalla band, avremmo un quasi miracolo. Sappiamo anche tutti che, se al suddetto basso fretless e alle suddette chitarre sbrodolanti autocompiacimento stile bukkake oppure con Hal (ma sì, mettiamoci anche Kubrick!) a dirigere l’effettistica aggiungessimo un jazzista alla batteria, probabilmente avremmo già un disco epocale in partenza. Poi, ciliegina sulla torta, paragoniamo tutto ai Dream Theater perché qualsiasi cosa abbia un briciolo di virtuosismo e/o la dicitura ‘progressive’ nelle brochure promozionali assieme all’oscura parola ‘tecnica’ che potrebbe anche intesa come materia delle medie, va paragonata al teatro dei sogni. Da qui, a scuola vi hanno sempre insegnato i Dream Theater e voi ‘polli’ non ve ne siete mai accorti.

Detto questo “The Flesh Prevails” è un gran disco, quasi enorme. O “The Flesh Previals”? La copia originale in possesso di chi scrive è presentata con ‘Prevails’ in copertina e ‘Previals’ scritto di lato. Un refuso che scatenerà una buona caccia fra i collezionisti! Il disco, comunque, presenta nove pezzi in entrambe le versioni (sic!). A “Starlit Path” è affidato il compito di aprire le danze, con un crescendo da manuale che ha un mood devastante. Saltano subito all’orecchio le qualità dei Fallujah praticamente in toto: una tecnica ottima e sempre al servizio del pezzo, chitarre devastanti quanto le sovra incisioni oniriche e sognanti. La sezione ritmica è costantemente sugli scudi e dimostra come si possa suonare musica estrema senza fossilizzarsi sul tupa-tupa come cavalli da soma, ovviamente se si è in possesso di un batterista degno di essere chiamato tale. Cercando un paragone, possiamo tirare fuori gli Ulcerate, i nostri Nero Di Marte e compagnia: il genere proposto è questo, un post metal ad alto tasso tecnico e progressivo ancora inesplorato e incontaminato dai più. Completa il quadretto un’ottima voce in growl che è presente sempre nei punti giusti e lascia molto respiro ai notevoli strumentisti della band. “Starlit Path” presenta queste coordinate al meglio e ci presenta una band davvero devastante, che si concede anche excursus prettamente prog di altissima fattura, con toni puliti e assoli di rara bellezza. Le quattro note che iniziano “Carved Into Stone” si scolpiscono appunto nella mente dell’ascoltatore per non uscirne più: il pezzo parte con un assalto totale a velocità poco umane, alternando partiture brutali con altre più aperte, in particolare sugli accordi. Nella parte centrale si rallenta per suonare più death metal e in maniera più semplice ma presto si ritorna al mood portante del brano e a quelle famose quattro note che finiremo tutti per sognarcele di notte. “The Night Reveals” offre una partitura molto complessa, di difficile esecuzione ma ancor più difficile concepimento. La produzione è cristallina ma non finta, e riesce nel difficilissimo compito di rendere tutto pulito in un genere che non ammette la confusione e l’impastamento. Il basso quindi si sente! Plettra, slappa, si danna e completa una sezione ritmica davvero allucinante per fantasia e funambolismo.

L’apparente stacco in clean missa l’inizio della title-track rendendo le tracce praticamente un unico brano. Qui si passa al prog puro con un eccellente brano strumentale per tre quarti. I Fallujah non disdegnano talvolta l’abbandono delle parti cantate in favore di vere e proprie digressioni che non sfiorano mai l’empirismo ma creano sempre la giusta atmosfera e il giusto quid. “The Flesh Prevails” è un album sì virtuoso ma lontano dal puro sbrodolo e dalla sensazione del ‘guardate come sono bravo’ tanto cara ad altre realtà: questi ragazzi si divertono e trasmettono divertimento più che un concetto elitario. L’album è tremendo da eseguire ma allo stesso tempo semplice da ascoltare, un risultato non da poco. “Levitation” è un altro grandissimo manifesto di musica estrema suonata con razionalità e parecchia intelligenza. Un orecchio attento si perderà nei meandri dei tantissimi fraseggi proposti. Parliamo qui di un pezzo con l’ossatura death metal che poco viene intaccato dalle solite note lunghe e sognanti che sono il vero e proprio marchio di fabbrica di “The Flesh Prevails”. Spettacolare il pre-finale quasi ambient che prepara il giusto territorio all’apocalittica conclusione. “Alone With You” esula totalmente da resto del disco, essendo un brano si strumentale ma con in primo piano batteria elettronica, tastiere e voce femminile piuttosto effettata.

Svolge bene la sua funzione di spartiacque, legandosi alla successiva “Allure”, che conferma quanto contino i pezzi strumentali nella proposta dei Fallujah. Il brano parte lento e quasi in sordina con tematiche quasi solari e pacifiche, esplode poi si richiude e via dicendo. Un saliscendi continuo che è una vera e propria goduria per i padiglioni auricolari dell’ascoltatore, che potrebbe rimanere davvero basito. “Sapphire” torna prepotentemente al cantato e sfoggia anche qualche clean vocals, tenute però molto effettate e molto in lontananza. Molto valido il bridge brutale, cadenzato e contornato da una sfilza di assoli magistrali. Ancora più bella l’apertura progressive verso il finale con suoni clean e ricordanti gli odierni Cynic. Chiude il platter “Chemical Cave”, che non sposta ovviamente la proposta verso nuovi lidi ma ne mantiene salde le basi. Anche qui il cantato esiste poco e niente, ma è anche giusto precisare che non se ne sente affatto la mancanza.

Tirando le somme, tenete ben presente che “The Flesh Prevails” (o “Previals”) è un disco velocissimo che dura poco più di quaranta minuti ma in questo frangente si è fatta la scelta giusta, anzi perfetta. La carne al fuoco qui è presente in quantità industriale e andava trattata come una mostra di un pittore: poca roba ma eccellente, in modo che i sensi fossero sempre concentrati e mai sazi. La parte fondamentale appunto e questa: il disco lascia alla fine un senso di incompiuto e incompletezza che obbliga per forza a premere il tasto play ancora una volta per poter ripetere il viaggio, e, credeteci, difficilmente agli avvezzi al genere verrà a noia. I Fallujah sfornano quindi un’opera eccellente sotto tutti i punti di vista. Non parliamo di capolavoro solo perché siamo certi che la loro proposta abbia ancora margini di miglioramento e di ulteriore spostamento della famosa asticella della qualità. Gli amanti delle sonorità estreme, tecniche e progressive dovrebbero fare loro questo disco senza pensarci su due volte; i musicisti andranno a nozze, i non un pochino meno, non è però il caso di relegare “The Flesh Prevails” a uno status di ‘disco per masturbatori della tastiera’ sarebbe falso e penalizzerebbe una delle proposte migliori di questo 2014. Enormi.

Gianluca Fontanesi

 

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