Recensione: The Gathering Wilderness

Di Alessandro Zaccarini - 5 Marzo 2005 - 0:00
The Gathering Wilderness
Band: Primordial
Etichetta:
Genere:
Anno: 2005
Nazione:
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74

Non passa album che i Primordial non finiscano col sorprendere. Nati al limitare delle cupe foreste del black con i primi lavori, passati per il folk metal lento e malinconico di Spirit The Earth Aflame, giunti a sonorità quasi viking con lo scorso ottimo Storm Before Calm… oggi, con The Gathering Wilderness, la band irlandese sterza verso un metal estremamente malinconico e decadente, dove l’epicità passa in secondo piano lasciando spazio al tetro lamento della nuova musica dei Primordial.

Archiviato un artwork ad avviso di chi scrive suggestivo e ben fatto, come sempre portatore della semplicità tipica delle copertine dei Primordial, questo quinto lavoro si apre con The Golden Spiral. Siamo di fronte a un’opener forse non troppo azzeccata ma che comunque si pone subito come manifesto abbastanza rappresentativo della parte più oscura dell’album, terreno su cui la voce di Nemtheanga si trova decisamente a proprio agio. Ancora una volta l’ugola del singer si muove per tutto l’album nel solito sgraziato e tormentato stile, tra parti sporche al limite dello scream più oscuro e le lancinanti, drammatiche linee pulite.
Da un timido intro acustico, a cui si uniscono lievi cori maschili, prende forma la lunga title-track The Gathering Wilderness: un pezzo cadenzato, dettato da una batteria scheletrica ma abbastanza penetrante, che funge da collante tra le atmosferiche parti acustiche e i più strazianti e sofferti tappeti di chitarra, cuciti da riff taglienti e profondi. The Song Of The Tomb alza il ritmo e incattivisce l’approccio grazie a una batteria minimalista e un riffing oscuro, struttura sulle quali poggia un cantato che a volte rimanda alle band più epiche del genere. La ritrovata vitalità viene smorzata dalla cupa genesi e dalla lacerante maturità di End Of All Times, seguita dalla successiva decisamente riuscita The Coffin Ship. Siamo di fronte al brano più lungo dell’album, che si sviluppa grazie a un progressivo arricchimento ritmico e un crescente indurimento sonoro di alcune parentesi acustiche. Tragedys Birth pare recuperare alcune eredità dal passato di Spirith The Earth Aflame, mentre la decadente Cities Carved In Stone pone il sigillo sul lavoro, incedendo lentamente tra passi sofferti e stanchi di un album che si avvia alla fine.

L’idea di una virata stilistica, dal veloce e violento predecessore verso una dimensione più lenta e oscura, probabilmente non era nei desideri di tutti. I Primordial però lo hanno fatto, dando alla luce un lavoro assolutamente valido che, nonostante il cambio di modi, non deluderà quelli che (come me) avrebbero preferito sentire la band irlandese continuare a battere i sentieri di Storm Before Calm e continuare a farcire i propri pezzi con gli inserti folkeggianti dei vecchi lavori.

The Gathering Wilderness è un album concepito per essere apprezzato col tempo. La pretesa di ascolti frammentari e superficiali vi farà probabilmente negare al disco l’attenzione che merita. Sette brani tra i 7 e 10 minuti senza alcuna inflazionata attitudine da sbandierare, ma una musica drammatica e intensa, talvolta quasi tragica, eccellente incontro tra il black metal canonico e il doom di classe.


Tracklist:

1. The Golden Spiral
2. The Gathering Wilderness
3. The Song Of The Tomb
4. End Of All Times
5. The Coffin Ships
6. Tragedys Birth
7. Cities Carved In Stone

Alessandro ‘Zac’ Zaccarini

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