Recensione: The Harmonic Passage

Di Marco Giono - 26 Febbraio 2015 - 20:09
The Harmonic Passage
Band: Winterage
Etichetta:
Genere: Power 
Anno: 2015
Nazione:
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70

Io: “No, io questo album non lo voglio recensire.”
Capo Redattore: “Perchè?”
Io: “Perchè non mi piace.”
Capo Redattore: “…ma non l’hai ancora sentito!”
Io: “…e va bene, non l’ho ascoltato, ma ci sono lì tutte le cose che la gente si aspetta. Ci sono i cori di migliaia di persone, magari un violino che fà tanto Paganini, c’è un’orchestra portatile, insomma quello che il metallaro fantasy di turno si aspetta…e poi sto già recensendo una band”
Capo Redattore: “ Che band? Cosa fanno?”
Io: “Suonano metalcore, fà tanto intellettuale…e sai piace tanto”
Capo Redattore: “Ah una band metalcore, bravo!…….originale”
Io: “ Si è sempre tempo per una band metalcore, sempre!”

Quindi vuoi dirci che stai facendo la parodia a “Il Caimano” di Nanni Moretti per suggerirci che eri prevenuto?
Manco per sbaglio! Al limite lo sono verso chi ascolta metalcore (nemmeno non mi piace e basta).  Invece il power è la mia terra, lo ascolto e mi sento a casa per cui è tempo di passaggi armonici. 

Scherzo sulfureo – Il Violino a mollo

Tempo addietro ho avuto il piacere inaspettato di conoscere un chitarrista che suonava perfettamente i Megadeth, gli Slayer e tante altre bellissime cose thrash. Dopo che il mio volto avevo cambiato espressione non poche volte, in ultimo persino un filo di bavetta colava dalle labbra durante le sue esecuzioni, scoprii che fino a poco tempo prima suonava solo il violino, solo che ad un certo punto, il nobile strumento finì a mollo nella vasca da bagno per la gioia del padre direttore d’orchestra, il cui sogno nel cassetto era certamente quello di un figlio metallaro. Come no.
Ripartirei proprio da quel violino abbandonato per proseguire la recensione senza ulteriori divagazioni.
 

Sinfonia in Doh Minore –  In Crescendo!

I Winterage nascono dall’incontro di un violino, suonato da Gabriele Boschi, e delle tastiere, suonate da Dario Gisotti. Se le prime note sinfoniche si levarano al cielo per naturale propensione era certamente necessario arruolare un chitarrista per diventare metal: così trovarono Riccardo Gisotti. Nel 2011 rilasciarono un EP semi-strumentale di sei brani, non prima però di aver arruolato qualcuno che dettasse i ritmi e i tempi del loro power metal di stampo classico: la batteria venne affidata a Davide Bartoli, mentre il basso a Matteo Raganini. Manca qualcosa però… Ah già, il cantante! Così a completare la line-up Daniele Barbarossa alla voce. Presenti tutti all’appello? Bene.
Adesso e’ giunta l’ora. Muoviamoci verso il presente.
A febbraio 2015 viene rilasciato ufficialmente “The Harmonic Passage”, il passaggio armonico: album d’esordio della band ligure, ma anche dichiarazione d’intenti. I Winterage suonano power sinfonico completandosi con una vera propria orchestra perchè il futuro non è mai stato così continguo al passato e i fantasmi dei grandi compositori classici (Felix Mendelssohn, Antonin Dvorak, Giuseppe Verdi e Pyotr IIlyich Tchaikovsky) vengono evocati e citati spesso nelle loro composizioni.
La copertina riprende un archetipo del power metal a narrazione fantasy: il passaggio verso un altro mondo che qui ricorsivamente rimanda alla musica classica come chiave di volta armonica per aprire un varco verso altri mondi. Il direttore d’orchestra al centro e il fantastico a portata di bacchetta.
La prima traccia è una strumentale intitolata “Overture in Do Minore”  che si muove su note orchestrali con chiusura in crescendo sostenuta da cori in un mood epico e altisonante. L’orchestra ligure diviene metal nella seconda traccia “The Harmonic Passage”, che sfreccia via condotta da una chitarra distorta e da un acuto di Barbarossa, quindi il violino di Boschi danza su una batteria dai tempi veloci. La voce riappare a tessere linee melodiche pericolosamente vicine a quelle dei primi Rhapsody (quelli senza “Of Fire”) il cui tributo diventa deja-vu. Diversamente la musica invece disegna virtuosismi, le linee vocali e le melodie che dovrebbero elevarsi a inno nel ritornello non colpiscono e nemmeno il finale in lingua italiana mi convince del tutto. 
La terza traccia “The Flame Shall Not Fade” apre epica, trionfante, per poi accellerare verso una voce carica di enfasi che stavolta convince e quel violino maligno ci duetta con grazia. Poi il ritornello e mi pare di nuovo debole. Ancora una volta la musica crea, inventa però la melodia del ritornello non è a fuoco, quel coro dovrebbe levarsi al cielo, invece nulla.
In “Wirewings” è il violino a muovere veloci le danze e stavolta il brano funziona; anche nella melodia che rimanda agli Helloween. Ad impreziosire il brano vi sono passaggi orchestrali e variazioni di tempo sempre ben ideate. 
Segue “Son of Winter”, brano lento, cadenzato in fiocchi di neve che lentamente diventano note e la bella voce femminile di Silvia Traverso dapprima dolce si storpia in un incedere sinistro. Ancora una volta ci troviamo di fronte a tanta ricchezza musicale e qui convince tutto senza riserve. Equilibrio elegante tra melodie e orchestrazioni. 
La sesta traccia “La Caccia di Tùrin” è intermezzo di suoni e voce, ci muoviamo sotto un cielo oscuro che racconta di sanguinose vendette.
Golden Worm”, il verme dorato si muove veloce per i vetusti cieli del power metal, ma qui il coro è epico e tutto torna a scorrere fluido nel mondo ideato dai Winterage. Ci sono voci femminili a dialogare con Barbarossa e ogni cosa sembra mutare e prendere forma in un incedere veloce, ma mai fine a sé stesso. 
Victory March” è un passaggio strumentale trionfale che fa da preludio al brano “Grotta di Cristallo”, brano in lingua italiana che idealmente rimanda ad un Braduardi più epico, ben più enfatico.
La decima traccia “Crown to the Crowds” è altisonante in avvio per poi tracimare in note di chitarra, batteria veloce e violino a sostenere la voce. E i cori? La melodia del ritornello? Si muovono decisi stavolta, piombano addosso all’ascoltatore e c’è l’orchestra dei Winterage a disegnare, dipingere musica e variare per mantenere la tensione lungo i sei minuti e sedici secondi del brano. 
Piove metal dal cielo e “Panserbjørne” (si traduce Orsi Armati e compaiono nella trilogia “Queste Oscure Materie” di Philip Pullman parzialmente trasposta al cinema nel film “La Bussola D’Oro”) concede meno spazio alle orchestrazioni: un brano aggressivo che si sviluppa in una melodia militaresca che sarà di sicuro impatto anche dal vivo.
L’album chiude con un brano di nove minuti circa intitolato “Awakening” che dal punto di vista strumentale ripropone passaggi musicali orchestrali e citazioni varie (Tchaikovsky e il Lago dei Cigni? Mi preparo ad essere linciato pubblicamente dall’ associazione dei classici mai veramente estinti sprezzanti di un ottuso metallaro che si finge scriba). Qui la voce dapprima danza su note classiche per poi culminare in un crescendo epico e maestoso.
 

Epilogo –  Non perdiamoci di vista

Abbiamo incominciato con il piede sbagliato. Al principio vi sentivo distanti, complicati, ma al dunque mancava qualcosa: il ritornello che mi avrebbe dovuto colpire e le linee melodiche ricordavano un gruppo italico che voi ben conoscete. Poi col passare dei minuti qualcosa è cambiato però e mi avete convinto, ho iniziato a guardarvi con occhi diversi. Quel violino che muove le partiture riesce a trascinarsi dietro persino l’intera orchestra sinfonica (tanti gli orchestrali coinvolti, si dice una cinquantina). Presto è diventato tutto più lucente e quidi chiaro. 
Ora vi conosco meglio – …e tutto questo passaggio intimistico per dirci che “The Harmonic Passage” alla fine ti è piaciuto? – Già, però non è finita qui.
Ci tengo a sottolineare che i Winterage, sotto la guida di Tommy Talamanca, hanno fatto un lavoro davvero ottimo dal punto di vista della produzione, infatti in album così ricchi di cori e passaggi orchestrali non è certamente facile trovare un bilanciamento tra le parti, magari si finisce per seppellire il lato metal a discapito del resto, invece qui è stato raggiunto un punto equilibrio verso un power metal che non disegna le distorsioni e che allo stesso tempo riesce ad armonizzarsi con gli orchestrali, cori compresi.
Per chiudere… i Winterage esordisco con un salto dal trampolino di difficoltà elevata, ma il risultato è comunque molto buono, la loro sinfonia classica vive in simbiosi con le partiture metal spesso trovando un equilibrio non facile tra immediatezza e varietà di soluzioni. Sono davvero curioso di ascoltare il prossimo lavoro perchè hanno certamente capacità e talento per arrivare a fare un ulteriore salto di qualità. Per cui… non perdiamoci di vista! 

 

Marco Giono

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