Recensione: The Hate Chamber

Di Alberto Fittarelli - 23 Giugno 2008 - 0:00
The Hate Chamber
Band: Demiurg
Etichetta:
Genere:
Anno: 2008
Nazione:
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63

L’esperimento evidentemente non ha funzionato, a lungo termine. I Demiurg, band che si riproponeva nei fatti di ridare vita al suono “death svedese ma progressivo” degli Edge Of Sanity, con la seconda uscita della loro carriera mancano il giusto colpo e sfornano un dischetto senza troppo sapore, che si perde nel seguire pedissequamente i canoni del genere, abbandonando quasi del tutto le caratteristiche che avevano reso il debutto Breath Of The Demiurg tanto interessante.

Ora dietro al gruppo non c’è più il solo Rogga Johansson, su cui era stata costituita una delle poche one mand band in ambito swedish, ma un vero e proprio ensemble di musicisti in cui spicca, ormai ufficializzata, la presenza di Dan Swanö alla chitarra solista; non che però la cosa abbia giovato, a conti fatti. Se quello che lasciava infatti piacevolmente sorpresi del debut era la voglia progressiva che ha sempre contraddistinto ogni progetto di Dan, qui siamo caduti sul versante opposto, lasciando evidentemente spazio allo stile compositivo di Rogga, decisamente più classico (basti ricordare il suo mediocre lavoro coi Ribspreader), e non del più ispirato disponibile al momento.

Il disco in sostanza si palleggia tra un attacco alla Cavalera Bros/Soulfly (!), subito in apertura, con il primo riff di Resurrecting the Rotting (Flesh Festival pt. II); tra parentesi leggermente doomeggianti, o quantomeno cadenzate, come quella di Dawn Dusk Delusion; tra ripartenze “Stockholm” e chitarre obbligatoriamente a motosega, e persino tra tentativi (non riusciti) di ricollegarsi al disco precedente, almeno a livello di concept, con una Opus Morbidity (City of Ib pt. III) che però scivola via velocemente e senza lasciare traccia di sé. Il sound è sostanzialmente scarno, quasi leggero nella produzione delle chitarre, e gli arrangiamenti sono stati ridotti all’osso, addossando la riuscita del disco solo ai non moltissimi riff ispirati di Johansson: nel complesso, una scelta abbastanza incomprensibile, che elimina oltretutto quell’alone evocativo che invece Breath possedeva.

Le clean vocals su Cult of Dagon impreziosiscono invece uno dei pezzi più riusciti, come la complessità delle strutture degli ultimi pezzi dell’album: in generale, una sorta di scatto finale d’orgoglio che migliora leggermente la proposta, permettendo a The Hate Chamber di mantenersi a galla e di farsi ascoltare, anche se tra i tantissimi simili di una discografia swedish che spesso diventa sterminata. Il timore è che i Demiurg vadano a fare la fine dei Ribspreader, perdendosi con un’uscita sostanzialmente superflua, quando le potenzialità di una partnsership con Swanö sarebbero state enormi: ce la possono ancora fare, ma dobbiamo aspettare il prossimo disco per saperlo con sicurezza.

Alberto ‘Hellbound’ Fittarelli

Tracklist:

1.    Resurrecting the Rotting (Flesh Festival pt. II)    03:16   
2.    Cremated Lie the Day    04:59   
3.    The Terror Before Sleep    03:59   
4.    Wolves At the Gates    05:19   
5.    The Apocalyptic    03:58   
6.    World Destroyer    04:03   
7.    The Convulse Meridian    04:23   
8.    Dawn Dusk Delusion    05:23 [mp3]  
9.    Opus Morbidity (City of Ib pt. III)    04:59 [mp3]  
10.    Cult of Dagon    07:16

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