Recensione: The Here And Now

Di Vittorio Cafiero - 24 Gennaio 2011 - 0:00
The Here And Now
Band: Architects
Etichetta:
Genere:
Anno: 2011
Nazione:
Scopri tutti i dettagli dell'album
65

Nel Mondo della musica il cambiamento di stile è sempre stato un tema quanto meno delicato: se, da un lato, una sostanziale evoluzione viene spesso valutata positivamente (poiché portatrice di novità), la marcata inversione di marcia verso sonorità di più facile ascolto è sempre vista come una scelta opinabile.
Nel metal, poi, questa eventuale condanna può arrivare al parossismo, assumendo i connotati di un vero e proprio ostracismo. Lungi dal sottoscritto il voler iniziare una filippica in tal senso (anche perché sono semplicemente convinto che esistano gruppi per i quali il cambiamento sia parte del DNA e altri da cui esigo sempre la solita, prelibata minestra), non nego che nel caso degli Architects questa trasformazione colpisca davvero e sia degna di particolare analisi.

Autori fino a oggi di tre full-length di matrice tipicamente metalcore orientato al «math» e con una tendenza abbastanza spiccata verso la claustrofobia tipica di act quali The Haunted et similia (specialmente nel secondo “Ruin” del 2008, ascoltare per credere il singolo “Always”), gli inglesi tornano oggi a noi in una veste davvero rinnovata. La matrice «*-core» della nuova fatica “The Here And Now” (per la seconda volta su Century Media Records) è chiaramente rimasta ma, abbandonato ogni tentativo di estremizzazione verso territori progressivi e complicati, è completamente rivisitata in un’ottica di semplicità e, ammettiamolo, di facilità d’accesso.
Le ritmiche dispari sono state abbandonate, ogni cambio di tempo è messo da parte in favore di una generale linearità (rimangono in tal senso solo i classici break-down melodici). Lo scream persiste, ma è presente in misura minore rispetto al passato e, soprattutto, è più vicino alle mode apprezzate dai giovanissimi. In sostanza, c’è tanto di P.O.D., di Lost Prophets e di Comeback Kid in questo lavoro. Band mai recensite su queste pagine, ma ciò non può e non deve essere ragione di stroncatura automatica. Secondo il parere di chi scrive, a prescindere dalle scelte stilistiche, ciascun lavoro va giudicato nell’intrinseca sostanza.

L’inizio, con la scoppiettante “Day In, Day Out”, è piacevole: ottima produzione, buona dinamica e discreto alternarsi di scream e clean vocal. Subito, si percepisce l’andazzo: i P.O.D di Satellite sono dietro l’angolo e chi sperava in un’evoluzione à la Protest The Hero rimarrà davvero deluso. Con “Learn To Live” il discorso non cambia (a costo di ripetermi, il break melodico non può non riportarmi a “Youth Of The Nation”, sempre dei P.O.D.). Tanta melodia, quindi. Forse troppa, obietterà qualcuno, ma si percepiscono comunque un buon tiro generale e una decente grinta da parte dei giovani di Brighton.
Si prosegue quindi secondo un canovaccio ben sperimentato (da altri), con accelerate seguite da improvvisi e sentiti break-down. Con il pur bravo vocalist Sam Carter che – perdonate il litigio di parole – gioca tutte le sue carte per impressionare; andando a impersonare ora l’adolescente rabbioso, ora il sentimentale esistenzialista. Anche i titoli giocano un ruolo indicativo in questo senso: “An Open Letter To Myself” (dove, addirittura, aleggia lo spettro dei Blink 182 nel prologo iniziale) e “Stay Young Forever” rappresentano il manifesto di una spinta «emo»-zionale che gli Architects non hanno alcuna intenzione di nascondere.
Con la lenta “Heartburn” (un titolo, un programma) viene perso ogni pudore: il risultato, dal titolo, è un «ballatone strappalacrime» (simile ai Green Day più melensi). Una canzone superflua, anche per chi mastica il metal più melodico.

Gli Architects, in buona sostanza, si presentano a noi con un terzo lavoro sufficiente e anche piacevole, specie se si apprezza il genere. Ma davvero il giudizio generale non può essere più generoso e questo non tanto per la scelta della svolta melodica e di maggior richiamo; quanto per l’evidente mancanza di personalità. “The Here And Now” è un disco curato, professionale e sicuramente appassionato, tuttavia troppo legato a soluzioni già ampiamente sfruttate da altri. È una situazione che, in definitiva, riguarda tutto il metalcore: l’urgente necessità di trovare nuove idee, pena l’appiattimento generale. E questo riguarda anche gli Architects, certamente.

Vittorio “Vittorio” Cafiero
 

Discutine sul forum nel topic relativo!

Track-list:
1. Day In Day Out 3:10
2. Learn To Live 4:01
3. Delete, Rewind. 3:08
4. BTN 3:58
5. An Open Letter To Myself 3:16
6. The Blues 3:17
7. Red Eyes 4:17
8. Stay Young Forever 3:02
9. Heartburn 3:37
10. Year In Year Out/Up And Away 7:28

All tracks 39 min. ca.

Line-up:
Sam Carter – Voce
Tom Searle – Chitarra
Dan Searle – Batteria
Ali Dean – Basso
Tim Hillier-Brook – Chitarra
 

Ultimi album di Architects

Band: Architects
Genere:
Anno: 2011
65