Recensione: The Hunter

Di Stefano Ricetti - 27 Dicembre 2005 - 0:00
The Hunter
Band: Prey
Etichetta:
Genere:
Anno: 2005
Nazione:
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67

Quello che ho l’onore di presentare sulle pagine di TrueMetal è il debut album di questi quattro ragazzi svedesi. La band è composta dal cantante e chitarrista (nonché principale compositore) Thomas Nystroem, dal bassista Peter Baecke, dal tastierista Fredrik Plahn e dal batterista Patrick Johansson (ottimo strumentista in pianta stabile nella band di Yngwie Malmsteen).

Questo combo è composto da validi musicisti che hanno deciso di esordire sul mercato musicale con un prodotto a metà strada tra il power di stampo scandinavo e certe soluzioni molto vicine a sonorità più hard rock. Infatti, tra le influenze che è possibile riscontrare nella proposta dei Prey è si possono citare gli Stratovarius più melodici e veloci, soprattutto per quanto riguarda la struttura delle canzoni e certi intrecci di chitarra. Inoltre, lo spiccato senso della melodia e della immediatezza, unito a determinate atmosfere mielose – agevolate da una produzione impeccabile – ricordano i connazionali Supreme Majesty e Europe. Alcuni passaggi elaborati tipicamente hard rock/Aor sono infine riconducibili a band del calibro di Dokken e Malmsteen’s Rising Force, soprattutto riguardo la scelta dei cori.

Tutte queste citazioni tuttavia non devono far cadere il lettore nell’erronea convinzione che si tratti di un disco poco personale. Sebbene appaia evidente che i Prey non inventino nulla, quello che le casse del nostro stereo irradiano è musica di primissimo livello, dove ogni musicista suona con passione e competenza assoluta: la produzione è sempre pulita e assestata su livelli ragguardevoli. Ottimo il lavoro in fase di arrangiamento, nel quale si è raggiunto perfettamente l’obiettivo di porre le melodie al centro della scena. Nota di merito va Thoms Nystroem, sia in qualità di principale artefice del songwriting, che nei panni di musicista e cantante: proprio in quest’ultima veste a mio avviso riesce ad offrire una prestazione di livello. Sebbene mantenga sempre tonalità piuttosto basse (in sintonia con i ritmi lungo tutto il disco), la sua timbrica e la sua espressività mi hanno particolarmente convinto ed emozionato.

Per quanto concerne le canzoni, si parte alla grande con Faultline, Forever In Heaven e Turn Around, un azzeccatissimo trittico all’insegna della velocità, della melodia (merito delle parti di tastiera sempre pronte ad assecondare il lavoro della sezione ritmica) e della potenza, con un lavoro massacrante ma mai fastidioso e scontato della batteria unito a una prestazione del vocalist ampiamente convincente. Particolarmente orecchiabili e zuccherosi i chorus, a tratti un po’ troppo semplici e immediati, ma la band ha sempre affermato di voler fare musica lontana da tecnicismi e virtuosismi fini a se stessi, mirando soprattutto alla ricerca di melodie e soluzioni tecniche d’impatto. Seguono le cadenzate ed anthemiche Reach Out (dal sapore vagamente AOR), Fire and Flame, quest’ultima particolarmente rocciosa nella sezione ritmica e nel riffing portante, con linee vocali adottate dal singer mi hanno ricordato molto i Dreamtale dell’ottimo ‘Difference‘ , e I Am, massiccia nella struttura ritmica e con un feeling accattivante.

E’ poi la volta di Beside Me, prima ballad del disco (la seconda chiude il CD ed è la stessa canzone riproposta con un duetto tra Nystroem e una suadente voce femminile, tale Fredrika): si tratta di una traccia molto semplice nella sua struttura e con linee melodiche già ampiamente proposte (all’inizio di canzone mi hanno ricordato ‘Behind Blue Eyes’ degli Who), tuttavia l’atmosfera che si respira è fresca e mai banale ed il refrain è piuttosto suggestivo. E’ poi la volta di Liar, traccia robusta e lineare nel suo evolvere, incentrata su un originale riffing di chitarra, seguita da Coming Home, song arrangiata in perfetto Aor style. Angel No. 9 è una delle potenziali hit di questo disco, la chitarra ritmica imprime un ritmo vario ed articolato, la lead guitar accenna soluzioni avvolgenti e le linee vocali sono come sempre molto melodiche. The Hunter riconferma ulteriormente quali sono le coordinate lungo le quali si muovo questi ragazzi, mid tempos dal sapore decisamente melodico e caratterizzati da opportuni cambi di ritmo che contribuiscono a mantenere alta l’attenzione su questo lavoro. Conclude la già citata ballad Beside Me che vive sul duetto tra il singer a una splendida voce femminile.

Questo debutto potrebbe far storcere il naso a molti critici per la mancanza di originalità e per le numerose citazioni che la band propone lungo tutto il disco. A mio avviso, tuttavia, si tratta di un buon esordio, le varie componenti stilistiche di cui ho dato conto risultano ottimamente bilanciate, per questo motivo le canzoni non annoiano e anzi riescono a catturare l’attenzione dell’ascoltatore. La prestazione di tutti i membri è di buon livello, dimostrando perizia tecnica non indifferente e la produzione (affidata a Anders Theander) gioca un ruolo essenziale nel risultato finale. Certo, il songwriting deve migliorare se la band vuole trovare una propria strada musicale, ma per essere un primo atto il giudizio non può non essere positivo.

Leonardo Arci

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