Recensione: The Inner Circle

Di Alessandro Di Clemente - 7 Aprile 2004 - 0:00
The Inner Circle
Band: Evergrey
Etichetta:
Genere:
Anno: 2004
Nazione:
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78

Correva l’anno 1998 e gli svedesi Evergrey uscirono con il loro primo The Dark Discovery, un fulmine a ciel sereno nel panorama heavy europeo: nessuno era riuscito prima ad amalgamare con tale convinzione le atmosfere dark/gothic le cavalcate heavy/power e gli stacchi prog, caratteristiche peculiari del suond dei nostri.
Mi ricordo che, pur presentando un lavoro prodotto male (le chitarre sembravano registrate con il mitico “Metalzone”), si gridò al miracolo: una ventata di freschezza in un genere che stava dicendo sì la sua ma già si sapeva che si sarebbe autoriciclato.
Un gruppo difficile, destinato a diventare una cult band piuttosto che emergere nel panorama mondiale.
Invece…
Invece, grazie ad album ben ideati come Solitude+Tragedy+Dominance ed In Search Of Truth, la Insideout dicise di puntare su questi svedesi. Nel 2003 uscì il bellissimo Recreation Day, finalmente una produzione degna di tal nome ed un song writing quantomai variegato ed ispirato. Tom S. Englund finalmente in grado di esprimere al meglio le proprie potenzialità di singer, un cantante particolare, non una sirena tipica del power/prog metal più classico, neanche una vera voce metal: timbrica calda mediosa con spunti soul/blues.
Ad un anno da Recreation Day esce il quinto Evergrey: The Inner Circle, la cui fuoriuscita nei negozi è prevista per aprile/maggio.
La storia non cambia: il tipico trademark sound dei nostri è rimasto invariato, sinceramente non noto nessun progresso a livello di composizioni, forse a livello di arrangiamento vi è un migliore bilanciamento tra chitarre e tastiere (in precedenza si sentiva la mancanza di un vero tastierista che poi con Recreation Day venne “evidenziato” fin troppo), e vi è anche un giusto equilibrio tra le parti riflessive e quelle aggressive. Laddove, nelle precedenti releases vi erano ballads, seppur bellissime, molto sofferte, quasi delle nenie un po’ tediose, in questo The Inner Circle anche le ballads acquistano in linearità e musicalità.
Da qui nascono composizioni come Waking Up Blind (song davvero sofferta, malinconica, molto pop-oriented) Where All Good Sleep (una delle migliori,con un incipit potente che poi si assesta su tempi medio – lenti, ritornello vincente, chitarra quasi street hard rock, ottimi gli arrangiamenti) e When The Walls Go Down (classica song degli Evergrey messa in coda, con voci parlate, quasi sussurrate, filtrate,con dosi massiccie di tastiere e che termina tiratissima: power/thrash prog oriented).
L’altra faccia degli Evergrey è ben messa in evidenza da composizioni come In The Wake Of The Weary (da cantare a squarciagola, veloce, potente, con un un interludio melodico per riprendere il fiato, controcori femminili e stacco con cantato femminile quasi soul/dark: Anastacia meets Lacuna Coil), o The Essence Of Conviction (classici riffs a là Evergrey, stoppati in controtempo, raddoppiati dalla batteria).
Abbiamo di fronte il classico album targato Evergrey, affascinante, la cui unica pecca, se di pecca si può parlare, è la staticità compositiva con il quale è stato creato, molto simile ai precedenti.
I nostri probabilmente hanno capito qual’è la loro vocazione, forse la più importante miglioria apportata è la maggiore linearità, l’eliminazione di arzigogoli tecnici probabilmente superflui di cui abbondavano le vecchie releases, ergo di più facile assimilazione.
Se vi piacciono gli Evergrey fatelo vostro.

Tracklist:
1. A Touch Of Blessing
2. Ambassador
3. In The Wake Of The Weary
4. Harmless Wishes
5. Waking Up Blind
6. More Than Ever
7. The Essence Of Convinction
8. Where All Good Sleep
9. Faith Restored
10. When The Walls Go Down

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