Recensione: The Invocation

Di - 14 Febbraio 2013 - 0:00
The Invocation
Band: Attic
Etichetta:
Genere:
Anno: 2012
Nazione:
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71

È abbastanza difficile giudicare un’uscita come quella degli Attic, in quanto potrebbero velocemente terminare nel calderone dei gruppi clone e, di conseguenza, ancor più rapidamente nel dimenticatoio. Lo ammetto: questo è stato il mio primo impulso non appena ho spinto il tasto play e sono stato avvolto da atmosfere funeree, voci in falsetto e riff granitici che quasi mai puntano sulla velocità. Dando un’occhiata alle foto ci si rende conto che anche nel look i musicisti tedeschi non fanno altro che  richiamarsi al maestro del metal più horrorofico. Se qualcuno ancora non avesse capito, stiamo parlando di King Diamond.

Superando però l’ascolto inziale mi sono reso conto di trovarmi sì di fronte a un gruppo derivato, ma anche che questo The Invocation è davvero ben composto e suonato. Alcuni brani sono talmente ben riusciti che non sfigurerebbero in un disco dei Mercyful Fate. Già il primo pezzo, Funeral in The Woods, la dice lunga sull’abilità dei musicisti coinvolti nel progetto. Per essere un disco d’esordio la qualità è davvero alta e lo dimostra anche la più veloce Join The Coven, in cui gli acuti di Meister Cagliostro ci guidano in un’atmosfera da film dell’orrore.

Ammetto di aver apprezzato parecchio alcune soluzioni di chitarra che finalmente si discostano dal sentiero tracciato dal capostipite danese. Edlyn è più lenta, decisamente doom, con un’ottima progressione iniziale. Il cantato è da brividi, fino a questo momento è una delle canzoni più riuscite del combo germanico. Si torna a spingere sulla velocità con Ghost Of The Orphanage, che riabbassa drasticamente la media. Ben suonata, sicuro, ma poco convincente. Un minuto di tregua a base di tastiera e siamo pronti per la title track: una bella composizione atmosferica, dove il frontman dimostra anche il suo lato più aggressivo. Ancora una volta mi è piaciuta la prova dei due chitarristi, forse il vero asso nella manica degli Attic.

The Headless Horseman prosegue il discorso iniziato dal brano precedente, ottime le melodie e anche il cantato funziona, anche se davvero troppo derivativo. Ci avviciniamo alle ultime due tracce del lotto e devo dire che la qualità non è compromessa affatto. Satan’s Bride dopo una strofa un po’ anonima esplode in un ritornello suggestivo e da brividi. Chiude il disco Evil Inheritance, quasi sette minuti che racchiudono quanto di meglio gli Attic siano in grado di comporre oggi. Cambi di tempo, di registro vocale e di melodie chitarristiche che a volte sembrano sconfinare nel black metal: insomma, un ottimo lavoro in prospettiva.

È la seconda volta che mi trovo ad ascoltare un disco del genere (la prima con i Ravensthorne, di cui presto dovrebbe uscire il nuovo platter) e ha occupato per diverso tempo il mio lettore. Se avete gradito i lavori di King Diamond / Mercyful Fate non avete nulla di cui preoccuparvi: questo disco vi piacerà da morire. Penso che comunque possa conquistare anche coloro che non sono fan sfegatati dei gruppi sopra citati. Nel complesso davvero un buon disco: sono convinto che se riuscissero a trovare una via più personale, la carriera degli Attic potrebbe decollare velocemente.

 


Mauro Saracino

Tracklist:

01.    The Hidden Grave
02.    Funeral in the Woods
03.    Join the Coven
04.    Edlyn
05.    Ghost of the Orphanage
06.    In the Chapel
07.    The Invocation
08.    The Headless Horseman
09.    Satan’s Bride
10.    Evil Inheritance

Line-up:

Meister Cagliostro – voce
Roman – batteria
Rob – chitarra
Chris – basso
Katte – chitarra

durata  47 min circa

 

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