Recensione: The Last Embrace To Humanity

Di Francesco Sgrò - 26 Marzo 2013 - 0:01
The Last Embrace To Humanity
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Anno: 2013
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80

L’Italia, ormai da anni, assiste ad un calo qualitativo vertiginoso della musica leggera. Fortunatamente però, nel bel paese ci sono anche tantissimi gruppi ed artisti che suonano dell’ottimo Metal di ogni genere, apprezzato tanto in patria quanto nel resto del mondo.
Fra tutti i gruppi nostrani che rendono onore a questo stile musicale, meritano sicuramente un posto in prima fila gli Odd Dimension.
Questo giovane combo italiano, che vede tra le proprie fila musicisti di elevata caratura come il tastierista Gabriele Ciaccia (Secret Sphere) e il batterista Federico Pennazzato (Death SS e Secret Sphere fra gli altri), risulta essere attivo ormai dal 2002 ed aver esordito nel 2011 con l’ottimo “Symmetrical“.
A due anni distanza, i nostri tornano sulle scene, pubblicando – sempre per la Scarlet Records – il secondo lavoro intitolato “The Last Embrace To Humanity“.

Gli Odd Dimension sono autori di un Progressive Metal potente, oscuro ed atmosferico, sul quale aleggia minaccioso lo spirito degli americani Dream Theater, vero punto di riferimento per il quintetto tricolore.
La seconda opera della band è concentrata in otto brani molto articolati ed entusiasmanti, in cui potenza, perizia tecnica e melodia sono le primarie caratteristiche.

Il platter inizia con la cupa ed intensa “The Unknown King“, perfetta nel rimarcare con fermezza le intenzioni del combo nostrano che, infatti, fin dalle prime battute non perde occasione di omaggiare il gruppo di John Petrucci, con un’intro oscura che sembra tanto ricordare quella presente nella celebre “Home“ (contenuta nel concept capolavoro “Metropolis Pt II – Scenes From A Memory“, datato 1999).
Lo stesso discorso si può attribuire anche alla successiva “Under My Creed“, in cui il quintetto non manca di sorprendere ancora, con un brano intricato, ricco di virtuosismi e cupe melodie.
Di ottima fattura risulta essere anche la sognante e intensa “Dissolving Into The Void“, impreziosita da un tappeto tastieristico perfettamente inserito nel contesto di una canzone che conferma quanto di buono ascoltato finora.

Subito dopo, l’album prosegue ottimamente con la melodica “It’s So Late“, canzone che sembra ricordare i Dream Theater del periodo “Octavarium”, caratterizzata dalla presenza di Michele Luppi al microfono.
Successivamente, tempi dispari e virtuosismi cedono il passo alle atmosfere della splendida “Another Time“, superba ballad di piacevole ascolto alla quale segue la potente “Future And Pain“, ennesimo esempio di ottimo Prog Metal dominato da una serie di riff chitarristici ipnotici ed improvvisi cambi di tempo, perfettamente valorizzati da una sezione ritmica davvero impeccabile.

L’ultima parte del disco,è costituita dalla malinconica e semi acustica “The New Line Of Time“, che riprende lo stile della ballad precedente e dalla gelida conclusiva “Far From Desire“, altro ottimo affresco di puro Progressive Metal con cui la band dimostra, ancora una volta, di aver appreso ottimamente gli insegnamenti della lezione impartita dai padri Dream Theater in oltre vent’anni di onorata carriera.

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