Recensione: The Magician s Birthday

Di Abbadon - 22 Dicembre 2003 - 0:00
The Magician s Birthday
Band: Uriah Heep
Etichetta:
Genere:
Anno: 1972
Nazione:
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87

Uscito nell’anno di grazia 1972, “The Magician’s Birthday” è il quinto album, in pochissimi anni di attività, degli Uriah Heep, una delle band cardine dell’Hard Rock del primo lustro dei Seventies. Secondo molti questo disco rappresenta l’ultimo prodotto del vero periodo d’oro degli Heep, quello che comprende gemme come “Demons and Wizards”, “Salisbury” eccetera, secondo altri no, certo è che ci troviamo davanti ad un platter di non rara qualità e prestigio. L’artwork richiama molto quello di Demons and Wizards, del quale questo album rappresenta un pò la naturale prosecuzione, ma non è solo la copertina, anche le canzoni riprendono in parte i medesimi temi, fondati su storie fantastiche ed epicità, del capolavoro del nostro quintetto. L’Hard Rock contenuto nelle varie tracce spazia da tratti di grande melodia ad altri decisamente più pirotecnici e stridenti, e si sente benissimo l’eccellente lavoro, sia compositivo che esecutivo, svolto della lineup, ancora in versione “storica”. In questa lineup nessuno domina particolarmente sugli altri in senso assoluto, ma a turno ciascuno prende la leadership musicale, trascinando dove vuole lui i compagni. Quindi ogni tanto veniamo rapiti dall’ugola di David Byron, non alla sua esibizione “top” ma come sempre in stato di grazia espressiva, altre volte sono Gary Thain e Mick Box a trascinarci con assoli mai ubriacanti ma di classe e con una ritmica a dir poco coinvolgente, infine in altri spezzoni è il grande Ken Hensley a deliziarci con le sue melodie di tastiera e piano, come sempre di grandissima finezza e gusto. Meno appariscente degli altri quattro Lee Kerslake e la sua batteria, che trovano comunque modo di rifarsi alla grande nella titletrack, come fra poco scopriremo.
Subito una tastiera in ascendendo ci prende per mano nella grandezza dell’epica opener “Sunrise” che, arricchita da un ottimo coro, ci si presenta davvero nel migliore dei modi. Il prosequo del mid tempo è una splendida fusione dei vari strumenti, sempre a loro agio a creare atmosfere maestose e che ricordano nel contempo il profumo di tempi lontani e fantastici. David Byron si completa alla perfezione coi suoi 4 compagni e c’è da segnalare un Hensley che in sottofondo con la tastiera guida i tempi di tutti quanti i musicisti. Decisamente più veloce, diretta e allegra la seconda “Spider Woman”. Di epico qui c’è ben poco, e l’unica caratteristica che accompagna la donna ragno a Sunrise è la classe che gli Heep ci mettono nell’esecuzione del pezzo. I leader di turno sono stavolta Mick Box (soprattutto) e Gary Thain, il primo sfornando riff di rara allegria per un pezzo rock, il secondo dirigendo con fermezza e classe la sezione ritmica. Ancora un buon David, ma decisamente inferiore rispetto alla precedente song. Bellissimo e coinvolgente nella sua tranquillità l’attacco a “Blind Eye”. Il ritorno al fantastico è ben marcato, e le melodie dei vari strumenti si intrecciano alla perfezione fra loro e con un cantato decisamente controllato ma carico di espressività. Il piano sullo sfondo è qualcosa di eccellente, ma è meno appariscente che in Sunrise, qui abbiamo piuttosto un contributo più che solido e omogeneo da parte di tutti, che sublima nel commovente tratto centrale, assolo melodrammatico incluso. Ancora stile a quintalate con l’arpeggio acustico che fa da preludio alla grande “Echoes in the Dark”. Fondata appunto sul rapido arpeggio di una chitarra acustica piuttosto lineare, Echoes è un insieme che in parte mi fa venire in mente paesaggi western (sensazione che si rimarca con l’ingresso della lead guitar) legati al classico eroe che parte al galoppo verso l’avventura. Il tutto è adatto per ricreare un eccellente diversivo e spartiacque con le precedenti tracce. Uno splendido pianoforte ci accompagna lungo tutta la quinta canzone, la delicata “Rain”. La song è il trionfo dell’espressività di David Byron, che si fonde in un delicato tutt’uno col piano di Hensley, che a sua volta, pur senza fare miracoli, riesce a ricreare una melodia da scuola di musica. I due artisti, gli unici impegnati in questo pezzo, ricreano dunque uno dei migliori lenti che a mio giudizio gli Uriah Heep abbiano mai messo su un pentagramma, lento che viene seguito da un brano che è ancora una volta un mix di brio ed eleganza, mix dal titolo “Sweet Lorraine”. Aperta da un una serie di urla accompagnate da un mix chitarra/basso, Sweet Lorraine è la giusta miscela tra “l’altezza” delle tracce più fantasy e la vivacità di una Spider Woman. Da rimarcare l’ottimo basso presente nelle strofe e l’esplosione che si ha nel ritornello, estremamente frizzante e di una finezza davvero mostruosa nonostante il facile approccio. Non la migliore canzone del disco di sicuro, Sweet Lorraine però e forse una di quelle che maggiormente racchiude lo stile degli Uriah Heep. L’interpretazione di “Tales” sembra affidata ad un menestrello ed al suo liuto, per come traspare alle orecchie di un novello ascoltatore. L’atmosfera è, come sempre, da grandi occasioni, e la chitarra acustica è ancora una volta di più che pregevole fattura. Sublimazione di quanto detto prima avviene nel bridge, davvero composto a regola d’arte e capace di di far piombare chi ascolta in uno stato di trance. Quindi davvero niente male quello che è il preludio alla titletrack. Ecco se c’è una combo che ha sempre fatto mantenere fede al ruolo  che una titletrack deve avere in un disco  esso è proprio quello degli Uriah Heep, e “The Magician’s Birthday” non è certo un’eccezione. Track incredibile, molto lunga ma che racchiude tantissime emozioni e modi di suonare, partendo dalla calma e dalla pura narrazione dell’inizio, passando per il clima di tranquillità ed ermeticità del secondo tratto (che culmina con un incredibile “Happy birthday to you”, fatto in maniera strettamente personale e dedicato appunto al mago della vicenda), poi un grandissimo troncamento psicotico che fa da preludio a una parte clamorosamente pirotecnica, ove si vede un grandissimo Mick Box sfornare un assolo tutto tranne che aspettato (e supportato dalla spledida batteria di Lee), assolo di quasi 5 minuti che lascia seriamente senza fiato. Infine il ritorno a linee più melodiche, dominate dal terzetto che era stato assente nell’assolo, terzetto che riporta la calma, ma non troppa, ad una delle migliori song mi scritte dagli Uriah Heep, song che porta degnamente il nome di uno dei migliori album degli Uriah, fortunatamente non ancora l’ultimo di grande livello.

Riccardo “Abbadon ” Mezzera

Tracklist :
1) Sunrise
2) Spider Woman
3) Blind Eye
4) Echoes in the Dark
5) Rain
6) Sweet Lorraine
7) Tales
8) The Magician’s Birthday

Nel remaster presenti anche :
9) Silver White Man
10) Crystal Ball

 

 

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