Recensione: The Masquerade Overture

Di Nicola Furlan - 11 Marzo 2006 - 0:00
The Masquerade Overture
Band: Pendragon
Etichetta:
Genere: Prog Rock 
Anno: 1996
Nazione:
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95

Quinto lavoro per gli anglosassoni Pendragon che collocano nel 1996 la loro gemma più preziosa. Preceduto da già “mezzi capolavori” del calibro di  “The World” (1991) e “The Windows Of Life” (1993) questo “The Masquerade Overture”, solido di una line up affiatata come non mai, si presenta a dir poco perfetto. Il songwriting offre molta più struttura dei precedenti sebbene non perda di certo il fascino magico ambient che caratterizza indelebilmente il Pendragon sound. Il risultato ottenuto è davvero notevole con uno sfoggio di tecnica non meramente fine a se stessa, ma a supporto della musica con la M maiuscola. Il platter rasenta l’essenzialità del Symphonic Prog Rock, ma a differenza dei precedenti e del successivo “Not of This World” (2001) offre all’ascoltatore una completezza tecnica, stilistica ed atmosferica senza eguali. 
 
La title track The Masquerade Overture è caratterizzata da un gregoriano cantato in italiano (a dir il vero purtroppo poco comprensibile…), onore all’immortale Venezia ripresa anche dall’artwork di Simon Williams, a corollario delle studiate elettroniche Nolaniane. Questa prima pagina musicale introduce un primo accecamento dei sensi dell’ascoltatore e lo prepara, facendogli dimenticare la realtà, al viaggio cui dobbiamo esser abituati se decidiamo di vivere questa opera. L’intro tiepida ed assonnata di As Good As Gold saluta colui che sente e prendendolo per mano soffusamente accompagnandolo gli presenta il panorama dipinto di infiniti caldi colori fatti musica attraverso le cortesi proposte di Nolan ed una serie di assoli che Barrett alterna a parti cantate di pregevolissima fattura. I cambi di ritmo sono associati alla continua altalenanza mai scontata ed estremamente tecnica delle battute dietro alle pelli, per poi addensarsi nel finale in una vitale spruzzata di suoni più o meno classici ben elaborati dalle sapienti dita del piano-man Clive. Partorita senza sforzo da quella appena ascoltata l’intarsiata acustica di Paintbox quasi distorce l’ipnotico sogno in realtà, come ci stessimo per un attimo svegliando a necessaria ripresa spirituale delle magiche e disarmanti sensazioni appena vissute. Richiami pinkfloydiani sulle parti solistiche danno la misura di quanto siano tecnicamente dilatati, ma poco contratti gli spazi del suono, dove il lontano ed il vicino sono due concetti che si fondono oramai; la crescita della song sfocia, attraverso la proposta di una cadenzata ritmica di basso, in una soffusa e lontana parte solista che pian piano si plasma a pura ed aggraziata melodia sposandosi completamente alle ritmiche di base. L’intramezzo prog sinfonico di Pursuit of Excellence è pure necessario per re-ipnotizzare l’ascoltatore che si ritrova catapultato ancora più lontano grazie alla tambureggiante tribale intro proposta da Guardian of My Soul cui spetta il breve, ma inteso compito di staccare notevolmente il patos della precedente. Il tocco sapientemente elaborato è sfiorato da 12 minuti di incisioni che vanno dall’introspettiva più lineare ad espressività “grezzamente epiche”, a cantati davvero superbi che timbricamente tengono alta l’attenzione, a pulsazioni ritmiche rallentate fino ai sinuosi assoli ed alle elastiche effettistiche di tastiera. Un attimo di turbamento insomma, un mix di sensazioni necessarie quasi a preludio ad una parte finale estremamente calda e piena di energia viva, quasi sottilmente isterica che man mano si adagia e si riprende sulle note di The Shadow. La canzone è un continuo rincorrersi nei meandri delle romantiche quanto complesse composizioni, spazi ampi e sapori di immenso. Le ritmiche tachicardicamente cercano un equilibrio continuo variando imprevedibilmente; equilibrio che non arriva, ma che al contrario si decompone sempre di più, crolla come un castello di carte da gioco, fino al risveglio. E il tutto ridiventa vuoto e ricomincia. Masters of Illusion è la forza magnetica, il deus ex machina che come un terremoto riporta i tasselli al loro posto: dal sogno alla realtà. Una song ordinata, tecnica, varia, potente, ma al contempo che non perde nemmeno per un secondo il cuore pulsante di un Prog che ha fatto tanto la fortuna di gruppi come Pink Floyd e Genesis e che non deve essere per questo criticata a puro rapporto di questi mostri sacri. Lo sfoggio tecnico è ben che messo in evidenza, ma continuamente corrotto dalle possenti atmosfere Symphonic Prog, che caricano di positività l’esecuzione del brano. Ed ecco allora che sul finale si ricade nuovamente nel sogno, nel delicato mondo dell’immenso lontano, pieno di paure, passioni e indefiniti turbamenti. Il magnetismo è ancora troppo forte, la realtà è sogno, un mondo, siamo circondati da strane maschere, le nostre paure, forse ciò che vediamo e non vorremmo mai vedere. “The Masquerade Overture” è un masterpiece misterioso, un salto continuo tra ciò che ci si aspetta di sentire e ciò che si vorrebbe sentire.
 
– nik76 –
 
Tracklist:
01- The Masquerade Overture (3′ 02″)
02- As Good As Gold (7′ 15″)
03- Paintbox (8′ 36″)
04- The Pursuit of Excellence (2′ 36″)
05- Guardian of My Soul (12′ 39″)
06- The Shadow (9′ 54″)
07- Masters of Illusion (12′ 50″)

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