Recensione: The Meaning of Life

Di Andrea Bacigalupo - 20 Luglio 2016 - 16:04
The Meaning of Life
Band: Tankard
Etichetta:
Genere: Thrash 
Anno: 1990
Nazione:
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70

La Storia ci insegna che la birra fu “creata” circa nel 7.000 a.C. dagli Egiziani e dai popoli della Mesopotamia.  Ancora oggi non si sa chi fu il primo, vista la confusione che regna tra le testimonianze scritte, indice che da subito si cominciò a farne largo uso. Poco importa chi sia stato: senza la birra sarebbero meno divertenti gli incontri tra amici al bar, sarebbe più difficile improvvisare un festeggiamento o farsi passare un’incazzatura e le attese prima dei concerti apparirebbero più lunghe. Soprattutto con molta probabilità non ci sarebbero i Tankard, discendenti dalle tribù germaniche che più contribuirono, con i Celti, alla diffusione della birra in Europa.

Formatosi nel 1982 a Francoforte, i Tankard seppero combinare un Thrash Metal aggressivo e veloce con una presenza scenica schietta e simpatica, a volte quasi comica. Carichi di una buona dose di umorismo e di sarcasmo nell’anima e di molti litri di birra nel ventre, sulla scia di Anthrax ed Helloween sostituirono borchie e catene con pantaloncini corti e capellino, dimostrando che si può ridere anche suonando musica estrema. Il nome del gruppo riprende quello del classico boccale da birra tedesco e non c’è disco che non abbia come argomento principale tale magica bevanda, ma i loro testi parlano anche di politica, di problemi ambientali e sociali, dimostrando una serietà di fondo manifestata anche dalle ottime capacità compositive e musicali.   Nel 1986 uscì il loro primo album “Zombie Attack” seguito, nel 1987, dal secondo “Chemical Invasion”, entrambi dai toni grezzi e violenti. Nel 1988 fu pubblicato il terzo “The Morning After”, le cui ritmiche veloci e ben congegnate, la fluida energia sempre presente e la forte personalità del  vocalist nell’interpretare i brani, mescolarono il cocktail che decretò il successo del combo, tanto che ancora oggi può dirsi uno dei suoi album più rappresentativi. Nel 1989 fu pubblicato l’EP “Alien”, nel quale apparve il piccolo alieno verde mascotte della band, sceso sulla terra non certo per conquistarla visto il suo stato non proprio sobrio.

Il 19/07/1990 venne dato alle stampe il quarto album “The Meaning of Life” il cui titolo omaggia il leggendario film inglese del 1983 “Monty Python’s The Meaning of Life” (“Monty Python – Il senso della vita”). Il combo cambiò di poco la sua formula vincente: forte simpatia, voglia di divertirsi e divertire, umorismo e sarcasmo amalgamati con tanto, tanto Thrash crudo e veloce con quel tanto di novità sonore per stare al passo con i tempi. Anche se il livello compositivo non superò quello del precedente lavoro la crescita musicale degli artisti fu ben messa in evidenza, soprattutto quella del Vocalist Andreas “Gerre” Geremia, che pur non avendo le potenzialità di un Joey Belladonna (Anthrax) o di un Mark Osegueda (Death Angel), con la sua voce graffiante, tagliente, quasi irriverente ma unica, riuscì a dare ai Tankard un’impronta incomparabile, tale da renderli riconoscibili fin dalle prime note.

Dall’inizio alla fine, per tutto i suoi 51 minuti e mezzo, il disco dà un’immensa carica, grazie a riff aguzzi ed efficienti, a chorus esaltanti tutti da cantare ed all’ottimo lavoro della sezione ritmica basso-batteria, messa a giusta ragione più in evidenza rispetto alle produzioni antecedenti. Gli assoli di chitarra, invece, in più di un episodio dimostrano delle sbavature: a volte compaiono troppo all’improvviso, a volte sono slegati dal contesto del brano, oppure non prendono proprio forma.

A parte questo il risultato complessivo può dirsi più che buono, soprattutto se si pensa che nel 1990 i Tankard, con “The Meaning of Life”, si confrontarono con altre uscite storiche quali “Persistence of Time” degli Anthrax, “Rust in Peace” dei Megadeth,  “Seasons in the Abyss” degli Slayer, “Act III” dei Death Angel e “Painkiller” dei Judas Priest.

Il disco è formato da undici brani, tra i quali spiccano l’iniziale “Open All Night”, velocissima e grintosa, l’articolata “Mechanical Man”, la title track “The Meaning of Life”, soprattutto per la sezione strumentale e “Space Beer”, cadenzata e da cantare a squarciagola. Chiude “Wonderful Life”, brano divertentissimo di breve durata che in comune con l’omonimo successo pop del cantante britannico recentemente scomparso Colin Vearncombe ha solo il titolo.       

Molto sarcastica è la cover, che ritrae un bar frequentato da un Mike Tyson solitario e pensieroso, forse a causa della recente sconfitta subita da Buster Douglas e da un disperato Papa Giovanni Paolo II seduto con uno stanco Cancelliere Kohl (in quel periodo si temeva che, dopo il crollo del muro di Berlino, la Germania si “dimenticasse” del suo passato nazista) Alle loro spalle sono sedute due figure immaginarie: l’alieno mascotte e lo scienziato sofisticatore di “Chemical Invasion”. Personaggi reali e di fantasia sono legati dal bicchiere di birra che tutti hanno sul tavolo. 

In ultimo si segnala che l’album è stato ristampato prima nel 2001 (versione giapponese) e poi nel 2005 con l’aggiunta di cinque bonus track, tutte prese dal video “Open All Night”, registrato il 04/03/1990 durante il Thrashing-East-Festival a Berlino. 

Andrea Bacigalupo

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