Recensione: The Mystic Technocracy – Season One: The Age Of Ignorance

Di Carlo Passa - 13 Novembre 2012 - 0:00
The Mystic Technocracy – Season One: The Age Of Ignorance

Quando nel 1992 “Images and Words” dei Dream Theater arrivò sugli scaffali dei negozi di dischi, il mondo del metal stava passando uno dei suoi momenti più difficili e, quindi, ridefinitori.
Il 1991 aveva visto un certo disco intitolato “Nevermind” invadere le classifiche con il suo odore di spirito adolescenziale capace, da un lato, di rappresentare una generazione di giovani, carini e disoccupati e, dall’altro, di far sentire improvvisamente lontanissimi i tempi degli spandex colorati delle band hair metal.

Finiva così, con un funerale celebrato sott’acqua da un bambino nudo, l’heavy metal degli anni ottanta. La reazione dei relitti di quella epoca fu a tratti incerta, scadendo spesso in penosi tentativi di imitazione dell’imperante grunge da parte dei grandi che furono (si vedano i dischi dell’epoca di, tra gli altri, Poison e Motley Crue). Ma quello del metal è un universo dall’identità tanto variegata e orgogliosa da non darsi facilmente per vinto e trovare sempre nuovi stimoli per reinventarsi e, in ultimo, sopravvivere.
Due divennero le direzioni che ridefinirono il genere, entrambe, a proprio modo, estreme: da un lato, la valorizzazione dell’underground oscuro del death e del black, che guadagnò sempre più spesso le copertine delle riviste specializzate, dall’altro, quella commistione tra suoni heavy e prog degli anni settanta che divenne nota come progressive metal.

Il prog metal della prima metà degli anni novanta rappresentò la reazione più esplicita alla essenzialità del grunge, portando con sé caratteristiche che parevano perdute nel tempo: lunghe suite, perizia tecnica ostentata e testi onirici. “The nineties bring new questions, new solutions to be found” cantavano i Dream Theater concludendo “Images and Words”, che subito divenne il disco definitivo del genere.

Questa lunga premessa per disegnare il paesaggio su cui si staglia “The Mystic Technocracy” dei Docker’s Guild, progetto partorito e guidato dal mastermind Douglas R. Docker, che si occupa delle tastiere e di parte delle lead vocals.
Accanto a lui troviamo una band che annovera grandi nomi, tra i quali Gregg Bissonette (David Lee Roth / Joe Satriani), Magnus Jacobson (Miss Behavior), Tony Franklin (Blue Murder), Guthrie Govan (Asia), Jeff Watson (Night Ranger), John Payne (Asia), Göran Edman (ex Yngwie Malmsteen, Karmakanic), Amanda Somerville (Avantasia / Epica) e Tony Mills (TNT/ Shy).
Il progetto mira a realizzare una grande ‘progressive rock space opera’ basata su un concept che è previsto dipanarsi lungo cinque stagioni (e altrettanti dischi), di cui la prima è rappresentata da questo “The Age Of Ignorance”.

Il concept non è particolarmente originale, propinandoci l’ennesima tirata contro i fanatismi religiosi e i conseguenti danni perpetrati da parte delle tre principali religioni monoteiste (cristiana, ebraica e musulmana), distintesi in tempi diversi per genocidi, torture e guerre sante. Ciò nonostante, la storia non è sviluppata in chiave anti-religiosa e ruota intorno a una trama (originale ma un po’ approssimativa, a dire il vero) in base a cui la religione venne creata da una forma di vita artificale, chiamata appunto “The Mystic Technocracy”, al fine di controllare, manipolare e, infine, distruggere l’umanità.
La componente tecnocratica risiederebbe proprio nella natura artificale di questa forma di vita, mentre quella mistica sarebbe il suo prodotto, ovvero la religione stessa.
Rimane oscuro (almeno a me) se ci sia un motore immobile che abbia creato la Mystic Technocracy.

Musicalmente parlando, il disco pare uscito nel 1994 e non nel 2012. Suoni, attitudine, melodie e arrangiamenti rimandano a quegli anni ormai lontani: immaginate di miscelare i primi grandi Threshold con i meravigliosi Ivanhoe e i dimenticati Enchant, sostituite le chitarre con un sacco di tastiere e aggiungete gli inevitabili Dream Theater di quei tempi. Lasciate il tutto prendere un po’ dell’aria spaziale soffiata dagli Ayreon e spruzzate il risultato con qualche suono lasciato in frigorifero dai Simple Minds e dai Duran Duran (Docker è chiaramente un estimatore di Nick Rhodes).
Servite con sottofondo di Marillion, IQ e Pendragon.

Ecco, avrete qualcosa di molto simile ai Docker’s Guild.

Il disco, dunque, è altamente derivativo e non inventa proprio niente. Per questo, dopo i primi due ascolti, mi ero convinto di derubricarlo a opera altamente insufficiente e pressoché inutile. Ma, lo dico chiaramente, mi sarei sbagliato. “The Mystic Technocracy. Season 1: The Age Of Ignorance”, infatti, vuole esplicitamente essere derivativo e non pretende (esplicitamente) di inventare alcunché. Sarebbe, dunque, stupido giudicarlo negativamente sulla sola base di un presupposto non condiviso da artista e recensore. Questo detto, il disco prende vita e acquista una sua ragione d’essere valida e, in definitiva, attuale, regalando bei momenti, ma anche qualche sbadiglio.
La produzione valorizza anche troppo le tastiere di Douglas R. Docker, che sono tanto protagoniste da diventare talvolta invadenti. Le chitarre hanno suoni molto compressi e richiamano filologicamente i modelli sopra menzionati. Da tutto ciò è la batteria ad uscire peggio: la cassa è un rimbombo confuso e il rullante è a tratti talmente manipolato da sembrare spesso quello di una drum machine di terz’ordine.

Per fortuna, la musica è quasi sempre migliore dei suoni. Dopo una intro molto bella (“A Matter Of Energy”), vengono subito snocciolate due perle prog(-metal) quali “The Mystic Technocracy” e “Darwin’s Tears”, certamente da annoverare tra i momenti migliori del disco, con la loro sapiente miscela di cangianti atmosfere e melodie che restano semplici, sebbene incastonate in un contesto non certo di immediata assimilazione.
Decisamente nei canoni del genere le successive “Norse Cosmogony (Part 1)”, “Norse Cosmogony (Part 2)” e “Judeo-Christian Cosmogony”, mentre “The Divine Comedy” è una song davvero di alto livello e raggiunge perfettamente l’obiettivo propostosi da molto prog: portare l’ascoltatore in un bel viaggio lungo lo scorrere leggero dei minuti.
Da qui in poi il disco mostra qualche ombra. “Legion of Aliens” e “Loving the Alien” sono i due pezzi più eighties del lotto e, soprattutto la prima, non si fanno certo ricordare come grandi capolavori.
Per fortuna, “The Gem of Love” ha un ottimo tiro e, tra tastiere dissonanti e una strofa notevole, riesce a catturare nuovamente l’attenzione dell’ascoltatore.

La tripletta “The Secret of DNA (Part 1)”, “Purple Orb” e “The Secret of DNA (Part 2)” è un buon compendio dei primi Dream Theater, che, pur senza raggiungere le vette artistiche dei tempi di Kevin Moore, regala ottime soluzioni, concludendo con un crescendo arioso davvero notevole.
Il disco finisce con la coppia “Prophecy” e “Black Swans”: se la prima è una cover di un celebre brano dei Rockets, “Black Swans” conclude la prima stagione del concept in modo classicamente progressive, non brillando, però, di un songwriting particolarmente ispirato.

“The Mystic Technocracy – Season 1: The Age Of Ignorance” è, dunque, un disco da ascoltare con attenzione: merita tutto il tempo che gli si deve dedicare e sa ripagare l’ascoltatore con bellissime emozioni. Restiamo in attesa della seconda stagione del concept, se non altro nella speranza di capire da dove salti mai fuori questa Mystic Technocracy che tanto odia l’umanità tutta.

Discutine sul forum nella sezione Progressive!

Tracklist:

01. A Matter Of Energy (2:02)
02. The Mystic Technocracy (6:41)
03. Darwin’s Tears (8:07)
04. Norse Cosmogony (Part 1) (4:41)
05. Norse Cosmogony (Part 2) (2:47)
06. Judeo-Christian Cosmogony (6:16)
07. The Divine Comedy (6:04)
08. Legion Of Aliens (4:51)
09. Loving The Alien (7:09)
10. The Gem Of Love (6:59)
11. The Secret of DNA (Part 1) (2:05)
12. Purple Orb (4:54)
13. The Secret of DNA (Part 2) (4:00)
14. Prophecy (5:09)
15. Black Swans (6:58)