Recensione: The Necrotic Manifesto

Di Fabrizio Meo - 16 Giugno 2014 - 19:42
The Necrotic Manifesto
Band: Aborted
Etichetta:
Genere: Death 
Anno: 2014
Nazione:
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79

 

Destarsi al mattino e ricevere baci e carezze, sentirsi amati, ascoltare parole confortanti, scrutare il sole splendente, vedere i propri sogni realizzarsi. Che noia mortale!
È  bello sapere che ogni giorno nel mondo, orde di invasati ci proteggono dal bene.
Da grandi poteri derivano grandi responsabilità, gli Aborted lo sanno.
E a due anni dal sinistro “Global Flatline”, eccoli con “The Necrotic Manifesto”, un testamento di torture, un ritorno acuminato e violento cui nessun feticista della vessazione più nera può sottrarsi.
Qui si lavora con operai zelanti, squadristi specializzati nell’uso degli efficienti congegni automatizzati, una poesia death grind che si distende fra il vibrante soprano del frullino, le liriche ascendenti della motosega, le penetranti suggestioni del trapano.
Lamette, bisturi e coltellini svizzeri sono relegati a suppletive pratiche ‘sartoriali’ di taglia e cuci.

Uno sguardo al macilento ‘zombie vitruviano’ armato che gnigna sulla copertina, mulinare frusciante del disco nel lettore, ed ecco l’inquieto stolking di “Six Feet Of Foreplay”, leitmotiv proemio dell’invasamento, cui segue l’inevitabile agguato, un maremoto di bestialità gore gratuita. “The Extirpation Agenda” e la title track, forniscono le devastanti linee guida, pattern basilari sui quali si tessono le trame della sofferenza.

Sven nato per donare struggimento ai giulivi e colpa agli affrancati, incatena il diaframma come una bestia al macello, solleva e lascia cadere dolcemente il suo machete vocale concepito per percuotere finanche l’udito più temerario. De Leij e Tunker, immersi in roventi minuzie, forgiano riff seghettati e lucenti, temuti perfino dalla loro carne, esaltandosi poi, ove incombe il break-down, in alabardate groove da far arrossire Roberspierre.
Sullo sfondo del quadro di sangue, insorgono i flagelli incalcolabili dei blast beat di Bedene, a corroborare lo strapotere di un sound che travolge a velocità umanamente insostenibili.

La band belga (all’ennesimo cambio di line up) sempre più certezza del panorama estremo, e sorretta da una produzione pregevole e dettagliata, mostra piena padronanza dei linguaggi logorroici, destrutturanti e brutali che ne hanno caratterizzato lo stile, ammiccando ancor più che in precedenza a “Goremageddon” (2003) e  “The Archaic Abattoir” (2005), capitoli imprescindibili d’un percorso quasi ventennale.

“The Necrotic Manifesto” è un ennesimo ordigno letale regalato ai fan del marcio e dell’amputazione sonora.
Finché c’è necrosi, c’è speranza.

Buona dipartita a tutti.

Fabrizio Meo

 

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