Recensione: The New Normal

Di Fabio Vellata - 25 Gennaio 2019 - 0:01
The New Normal
Band: Kane Roberts
Etichetta:
Genere: Hard Rock 
Anno: 2019
Nazione:
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74

Kane Roberts? Quello che suonava con Alice Cooper negli anni ottanta?!?
Maddai…

Pensavamo, onestamente, che tra i tanti ritorni in scena cui abbiamo assistito in questi anni, quello del “Rambo con la chitarra” fosse tra i più improbabili ed inverosimili. 
La carriera discografica del buon Kane si era interrotta da un sacco e ce lo immaginavamo ormai impegnato con programmazioni grafiche, video game e siti internet, argomenti divenuti sua principale attività sin dalla fine dello scorso secolo.
Nulla a che vedere, insomma, con l’altrettanto colorato ma molto più competitivo mondo della musica. O più precisamente, dell’hard rock.

E invece eccolo qui, a distanza di tantissimo tempo, protagonista di un nuovo album – che, nemmeno a dirlo, esce per Frontiers Music – con un bel po’ di nomi di peso a collaborare ed un notevole carico di aspettative fiorite all’improvviso attorno a quello che è un “come back” nel senso più autentico e veritiero del termine.
Un disco che, a voler esprimere un giudizio sin dalla copertina, non può che manifestarsi come insidioso ed un po’ difficile da elaborare e “metabolizzare”. La voglia di “modernismo”, di avanguardia, di rottura degli schemi (o presunti tali), appare evidente sin di primo acchito e l’idea di trovarsi ad ascoltare qualcosa che non vada proprio nella direzione di un hard rock conforme alla tradizione, un semplice dato di fatto.
Ed in effetti, il primo impatto può essere piuttosto periglioso: non si capisce nemmeno troppo bene se “The New Normal” possa essere definibile come un buon disco, “originale”, contemporaneo e all’avanguardia o, piuttosto, un “pastone” informe di cose buttate a casaccio, melodie senza capo ne coda, rubacchiamenti a qualche eroe del metal alternativo e nulla più.
Almeno all’inizio, un bel dilemma.

E magari pure un caso di sfortuna, soprattutto per chi, imbattendosi in “The New Normal“, decida di abbandonare la tenzone dopo i primi risicati contatti. 
Il disco, in effetti, non è per nulla sciagurato o funesto: dopo un minimo di familiarizzazione si lascia ascoltare volentieri e, dopo qualche passaggio, anche le velleità moderniste di mr. Roberts, risultano meno campate in aria di quanto possa apparire in partenza.
A patto, ovviamente, di aver un pizzico di mentalità aperta e di voler trovare un qualche appiglio utile nell’approfondire la conoscenza di un cd che – sia detto a chiare lettere – non ha neanche una parvenza di parentela con quello che era stato il Kane Roberts solista degli anni 80 / 90.  Ma nemmeno con quello del progetto “Phoenix Down” del 1999. Per non parlare di quello conosciuto in compagnia di zio Alice Cooper nei pluridecorati “Constrictor” e “Raise Your Fist and Yell”. 

O meglio, qualche contatto con Alice si potrebbe pure riconoscere: quello però oscuro, audace ed avanguardista di “Dragontowne “Brutal Planet“…in buona sostanza, siamo lontani anni luce dalle radici della classicità rock, così come siamo soliti intenderla, per lo meno.

Le qualità principali di “The New Normal” sono essenzialmente due: la chitarra di Roberts – ancora oggi prodigiosa pur in ambientazioni a volte quasi nu-metal – ed i suoni a corredo del cd, molto potenti e robusti, oseremmo dire parecchio “up to date“.
Non male nemmeno la voce dello stesso Roberts, piuttosto espressiva ed accattivante soprattutto sui toni medio bassi.
Le canzoni infine, basamento fondamentale su cui erigere il giudizio definitivo del disco, sono – come detto – spesso interessanti ed ascoltabili, seppur diverse da quanto potenzialmente desiderato da un fan di hard rock in senso stretto.
Molte le puntate in campo nu ed alternative metal, numerose le atmosfere plumbee e le distorsioni da cui estrapolare parecchie influenze maturate da Alter Bridge, Avenged Sevenfold ed Evanescence. Altrettanto evidente pare poi la vicinanza di alcuni toni crepuscolari con certa produzione di Kip Winger. Non a caso un artista con cui Kane Roberts ha condiviso molto della prima parte di carriera, chiamato direttamente in causa anche in questo nuovo album e protagonista diretto in quella che è forse la traccia migliore del lotto, la grintosa ed anthemica “Above and Beyond”.

Citazioni d’obbligo inoltre per la robusta e “contemporanea” “Beginning of the End” – caratterizzata dalle ospitate dell’immenso Alice Cooper e di Alyssa White Glutz degli Arch Enemy (con tanto di growl infernale) – per l’iniziale “King of the World” (con Nita Strauss a duettare con le sei corde), “The Lion’s Share” e la conclusiva “Wrong“, rappresentanze degne di un cd veloce da ascoltare, compatto, asciutto nei numeri (solo dieci tracce) e tutt’altro che malvagio.

Forse sulle prime un po’ spiazzante – del resto, come accennato, l’artwork ne lasciava già intendere la natura “evoluta” –  tuttavia fornito di dosi sufficienti di qualità e piacere d’ascolto tali da poterlo considerare piuttosto riuscito.

Poteva andare peggio, insomma!

 

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