Recensione: The Parade of Nature

Di Daniele D'Adamo - 30 Agosto 2016 - 19:29
The Parade of Nature
Band: Aktaion
Etichetta:
Genere: Death 
Anno: 2016
Nazione:
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65

Secondo album per gli svedesi Aktaion. È il turno, infatti, di “The Parade of Nature”, dopo il debutto discografico avvenuto l’anno scorso con “Throne”.

Difficile assegnare ai Nostri un genere. È abbastanza immediato associarli al deathcore per via delle sonorità secche e tagliate del loro sound, tuttavia l’aggettivo che meglio può indicare la loro estrazione musicale è poliedrico. Un po’ di progressive, un po’ di metalcore, un po’ di death metal. Una miscela che fissa le proprie fondamenta sul death, appunto, ma che non si esime dall’interessare territori limitrofi se non distanti (‘Gold Coloured Dreams’). 

Probabilmente aiutata, nella genesi della sua natura caleidoscopica, dalla presenza – in alcune song del platter – di due guest di tutto rispetto: Christopher Amott (Armageddon, exArch Enemy) e Joey Concepcion (Dead By Wednesday, Armageddon). 

Buon per gli Aktaion, tuttavia, che tutto ciò che è rappresentato da ‘As the Hope Collapses’ a ‘Silence’ segua più o meno un unico filo conduttore, seppure a fatica. Fatica che si nota soprattutto in occasione delle clean vocals e dei relativi cori, non perfettamente centrati e anzi leggermente fuorvianti dalla giusta strada (‘Candid Flow of the Shrapnel Dust’) per via di una parte melodica non del tutto sviluppata. Come se fosse ancora allo stato embrionale. Rozza, insomma.

Tanto e vero che gli Aktaion paiono mettere una marcia più quando s’impegnano a menare le mani, come per esempio in ‘For All the Things’, fattispecie probabilmente connotata nel DNA di Jonas Snäckmark e soci. Inutile peraltro dilungarsi sulla bravura tecnica della formazione di Halmstad, giacché trattasi di livello professionale, con relativa perfezione, o quasi (cfr.: clean vocals), in fase di esecuzione.

Piuttosto, se le intenzioni erano quelle di proporre un insieme di song provenienti da un’epoca ove non esistano né speranza né futuro luminoso, con conseguente umore segnato da sensi di colpa, di angoscia, rabbia e dolore – così come espresso nelle note biografiche di accompagnamento al lavoro – si può affermare che le intenzioni stesse siano state in parte disattese.

Sicuramente “The Parade of Nature” non è un inno né alla gioia, né alla vita, ma non è neppure un concentrato di emozioni e stati d’animo così depressi come quelli sopra citati. Le sensazioni che si percepiscono ascoltando l’opera sono di sospensione, di attesa. Come se, in realtà, si tentasse di descrivere un’Era interlocutoria, e non una situazione definitivamente consolidatasi in un Universo senza domani.

Questa confusione su cosa fare, o meglio questa discrasia fra ciò che si scrive e ciò che si suona, provoca un leggero sfilacciamento dell’insieme composto da mood, groove, testi, sound che, per questo, non è compatto al 100%, come si evidenziava a inizio recensione. Con che, procedendo un po’ a tentoni fra un brano e l’altro, si rischia di restare invischiati nella mota meglio nota come noia.

Presumibilmente, giacché il talento si fiuta, questo sì, gli Aktaion potrebbero fare di più, se si fissassero con maggiore caparbietà su un unico stile per poi anche divagare.

Ma non il viceversa.

Daniele D’Adamo

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