Recensione: The Perpetual Motion

Di Giorgio Vicentini - 30 Ottobre 2005 - 0:00
The Perpetual Motion
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Anno: 2005
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78

Per chi aveva vissuto ed amato l’esordio intitolato The Nameless Disease, l’attesa per il nuovo disco del quartetto era spasmodica, carica della legittima voglia di provare con rinnovato vigore le emozioni del 2003, un fulmine a ciel sereno almeno per il sottoscritto.
Sostanzialmente le cose non sono cambiate poi molto, i The Old Dead Tree sono sempre la stessa band, ancora una volta a cavallo di una formula fortunata e tanto apprezzata, la stessa che partorisce anche questa dozzina di brani ben sopra la media, piacevoli, leggermente meno sentiti/sofferti che all’esordio, ma comunque immediati e da subito magnetici e vitali.

Sentendolo bene, The Perpetual Motion sembra scritto “in sicurezza”, opera di una band che forse non possiede le carte, la voglia o semplicemente non ha mai valutato l’ipotesi di rischiare, che come in precedenza si appoggia ad una strutturazione dell’album molto simile a quella del predecessore, con un Munoz fortunatamente sopra le righe come di consueto. 
Chi li conosce, sa quanto fondamentale sia la sua capacità espressiva, il ruolo precipuo della timbrica vocale nel cantato pulito, che nell’economia globale svolge un compito irrinunciabile, emergendo tra sfumature accorate, basse, grintose in growl o strillate, pronte a crescere di pathos per accendere i brani che ogni tanto citano anche gli Anathema.

The Perpetual Motion è il disco che sarebbe stato facile attendersi, digeribilissimo e da assaporare fino allo sfinimento, sincero e che non può stancare veramente, libero nella sua capacità di donarsi con varietà e fantasia, tra tocchi acustici d’effetto, arrangiamenti azzeccati e qualche utile inserto di contorno per riempire l’atmosfera.
Nell’insieme spiccano senza dubbio i primi cinque brani, da ascoltare tutti d’un fiato e quasi uno la continuazione ideale dell’altro, ma è una citazione che non può e non vuole escludere ciò che segue, altrettanto emotivo, con una punta ricorrente tra il malinconico ed il sentimentale che rende riconoscibile dalla prima nota la musica dei francesi.

Credo sia cosa saggia rimandare alla prossima occasione le considerazioni sulla reale strada intrapresa dalla band, intanto ci prendiamo questo disco ben fatto come sempre, sperando di non trovarci anche la prossima volta a commentare scelte musicali efficienti ma troppo rodate; mi seccherebbe dover ammettere la loro eventuale ripetitività.

Consiglio l’acquisto? Certamente, perchè non è da tutti riuscire ad essere tanto dinamici ed accorati e i The Old Dead Tree restano una di quella realtà che non nascono tutti i giorni.

Tracklist:
01. Out Of Breath
02. Unrelenting
03. I Can’t Get Rid Of It
04. What Else Could We’ve Said?
05. So Be It!
06. Everyday Life
07. 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8…
08. By The Way
09. My Friends
10. Even if
11. The Knock Out Song
12. This Is No Farewell

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