Recensione: The Reaper

Di Alessandro Zaccarini - 26 Luglio 2003 - 0:00
The Reaper
Band: Grave Digger
Etichetta:
Genere:
Anno: 1993
Nazione:
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85

The Reaper è un tassello importantissimo nella carriera dei Grave Digger: è il disco della reunion, è il disco più violento ed è il disco che porterà lo Scavatore di fosse al posto che gli spetta tra gli dei del metallo teutonico (posto che aveva già assaporato con il grande debut-album Heavy Metal Breakdown).

È il 1993 e sono già passati 6 anni da quella brutta esperienza hard-rock chiamata Stronger Than Ever che uscì con il monicker Digger e che fu fortemente voluta dai produttori della band. Un anno in più è passato da War Games, ultimo full-lenght in casa Grave Digger. Bolthendahl e soci (per l’occasione Uwe Lulis alla chitarra, Jorg Michael alla batteria e Thomas Göttlich al basso) pubblicano su Gun questo inaspettato grande album di speed-metal tetro e cattivo, sul quale la voce dello zio Chris è la cigliegina sulla torta.
L’intro Tribute To Death scioglie subito gli ultimi dubbi sul contenuto tematico dell’album (sempre che l’artwork ne avesse lasciato qualcuno) e ci porta dritti dritti a The Reaper, il vero capolavoro dell’album e una delle migliori composizioni di sempre del combo tedesco. I Grave Digger non ci pensano nemmeno a sollevare il piede dall’acceleratore ed infatti Ride On fa da eco alla title-track e si pone fortemente tra gli episodi meglio riusciti dell’album. Shadows Of A Moonless Night spezza appena i ritmi vertiginosi e ci prepara a Play Your Game (And Kill) che neanche a dirlo è un pezzo spinto dove i Grave Digger scaricano ancora una volta tutta la loro grinta e la loro cattiveria. La prima e vera decelerazione è quella di Wedding Day traccia più heavy delle precedenti dove gli strumenti fanno soltanto da mera cornice per la voce in gran forma di Chris Boltendahl. I ritmi più cauti sembrano continuare anche in Spy of Mas On, ma sembrano soltanto perché in una detonazione quasi improvvisa si torna sul sound tagliente e veloce caratteristico di inizio album. Il potente riff in tipico stile becchino ci aspetta in Under My Flag nella quale i tempi si placano nuovamente. La successiva Fight The Fight di neanche 3 minuti invece mostra tutto il vigore di cui la band dispone e, come se ce ne fosse ancora bisogno, l’attitudine alle alte velocità.
Segue il pezzo più lungo dell’album caratterizzato da un cupo arpeggio e da un’atmosfera, che sembrano usciti dal successivo Heart Of Darkness. Si tratta di Legion Of The Lost, pezzo che merita senz’altro un posto d’onore all’interno di The Reaper e che riprende, senza mai esplodere, la melodia della parte I presente in Heavy Metal Breakdown.
La più rockeggiante And The Devil Plays Piano ci guida fino alla conclusiva Ruler Mr. S. in cui ritroviamo le ritmiche veloci e serrate che avevamo lasciato a Fight The Fight. L’outro The Madness Continues non fa altro che chiudere il tutto e suggellare una resurrezione alla grande di Boltendahl e compagni.

In definitiva se cercate un album tecnico con assoli impossibili, suono pulito e voce educata siete completamente fuori strada e vi conviene dimenticarvi dell’esistenza di questo The Reaper. Se invece gradite il metal grezzo, aggressivo e sincero condito da una voce roca e irruente allora l’acquisto vi lascerà assolutamente soddisfatti. The Reaper è un album obbligatorio per tutti gli amanti di Heart Of Darkness ed è un album da avere per chi preferisce i Grave Digger della trilogia in quanto la rinascita di quella band affonda le sue radici proprio in questo The Reaper.

Tracklist:

1. Tribute To The Death

2. The Reaper
3. Ride On
4. Shadows Of A Moonless Night

5. Play Your Game (And Kill)
6. Wedding Day
7. Spy Of Mas On
8. Under My Flag
9) Fight The Fight
10) Legion Of The Lost (Part II)
11) And The Devil Plays Piano
12) Ruler Mr. S.
13) The Madness Continues

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