Recensione: The Rivalry

Di Abbadon - 6 Agosto 2003 - 0:00
The Rivalry
Band: Running Wild
Etichetta:
Genere:
Anno: 1998
Nazione:
Scopri tutti i dettagli dell'album
85

I Running Wild sono una di quelle classiche band che non hanno davvero mai (o quasi) deluso i loro fan, sfornando con continuità impressionante numerosi lavori che li hanno consacrati, dal 1984 ad oggi, come una delle migliori ed energiche Heavy Metal Band tedesche. Musica aspra, selvaggia, agressiva, anche rozza se vogliamo, ma dotata di un incredibile potere rigenerante, questi sono gli attributi, oltre ai temi trattati dalla band, che hanno dato a Rock and Rolf e alla sua ciurma la fama di pirati del metallo pesante, e “The Rivalry”, decima fatica in studio del combo teutonico ne è l’ennesima dimostrazione. Il disco fa parte di una sorta di trilogia, iniziata con l’eccellente Masquerade, e che finirà col successivo Victory, trilogia
che rappresenta molto sostanzialmente lo scontro tra il bene e il male. In The Rivalry viene trattato l’atto secondo di tale trilogia, ovvero il cuore della battaglia. Le ben 13 song che compongono questa fatica del signor Kasparek (che ci dona ben oltre un ora di sublime e dannato Heavy Metal alla crucca) sono tutte abbastanza a sè stanti, senza avere un vero e proprio concetto, tuttavia seguono il medesimo tema e soprattutto i medesimi schemi, ovvero chitarre tiratissime, che sfornano riffs veloci, rapaci e davvero ruvidi, un basso non esagerato (anzi…), e delle pelli martellate senza pietà (qualcuno dice che alcuni tratti sono stati realizzati con la drum machine, se questa è presente è comunque stata mascherata alla grande), così come possiamo trovare in ogni cavalacata alla Running Wild. Rolf al microfono è tutt’altro che male, con quella sua caratteristica voce, pulita ma perfida, dotata di un fascino e di un carisma infuso che sono tutti lì da sentire, cosa che tra l’altro ha ampiamente dimostrato anche nell’ultima calata del suo galeone in quel di Monza, al Gods of Metal 2002, concerto che fortunatamente ho avuto l’occasione di vedere. L’album si apre subito con la grande e trionfale “March of The Final Battle (The end of All Evil)”, appunto una marcia, una potente fanfara struementale, che sta a rappresentare la truppa che si prepara per la battaglia finale. Estremamente ritmata e godibile, tale opener lascia, dopo circa 2 minuti, spazio alla titletrack, ovvero “The Rivalry”. Aperta da una chitarra che personalmente mi richiama alla mente le trombe che danno inizio ad una battaglia, la song si sviluppa per oltre 5 minuti e mezzo in maniera piuttosto tirata, con Rolf a dominare sia con la sua guitar che dietro al microfono, tritando letteralmente tutti gli ostacoli che si frappongono fra la song e l’ascoltatore. Bellissimo sia il refrain che lo spezzone che lo precede, esaltano davvero una traccia che sa di battaglia senza quartiere. Non abbiamo nemmeno il tempo di fiatare che rimaniamo assordati da una feroce chitarra ritmica, che apre in stile “rullo compressore” la successiva “Kiss of Death”. Qui è proprio la ruvidissima chitarra ritmica a dominare, il ritmo si abbassa di un pelo rispetto alla titletrack, ma la sonorità è decisamente più aspra, forse meno elegante ma a mio parere più energetica. Ancora ottimo Rolf in fase vocale, ed eccellente assolo, che impreziosisce non poco tutto il lavoro, assolo accompagnato sempre dagli spettacolari ed imperversanti riffs della Rhythm Guitar, la mia preferita su tutto l’album (per quello che conta e per quanto riguarda le canzoni veloci). Inizio asfissiante, come non mai, anche per “Firebreather” un vero e proprio tornado fatto musica, capace, nonostante la sua monotematicità, di non annoiare per nulla. Nonostante questo reputo Firebreather un attimo sotto le due canzoni precedenti, però
consiglio tuttavia caldamente l’ascolto, quantomeno per sentire l’assolo allucinante. Una voce che poco ha di umano ci introduce nelle “Holy flames of Eternal Truth” di “Return of The Dragon”, che si apre su una potente batteria, accompagnata quantoprima da una ispiratissima chitarra, per poi
proseguire in un devastante mid tempo, molto lungo ma ciononostante davvero esaltante. Da segnalare un Rock’n’Rolf davvero molto espressivo, dei riff da pelle d’oca (come sempre verrebbe da dire), e, forse per la prima volta, un basso udibile e ben delineato sullo sfondo. Ritorno alle cavalcate con la appena sufficente “Resurrection”, che presenta buoni giri, anche se non all’altezza dei precedenti, e…. direi nulla più. Infatti al contrario delle precedenti tracce, che nonostante la loro semplicità riuscivano a dare quel tocco di classe in più alla produzione, qui tale tocco pare evaporare, lasciando una sensazione di vuoto e pesantezza… peccato. Clamorosa invece l’introduzione alla settima creatura di The Rivalry, ovvero la “Ballad of William Kidd”. La canzone, salvo il tratto iniziale (anche qui ci sarebbe da discutere), non segue affatto i canoni delle ballate, ma è un
mid tempo (il secondo dell’album) ancora meglio riuscito che non il precedente.La batteria fa la sua brava parte, ma la chitarra è davvero atroce (in senso positivo), capace di conferire una sorta di magia all’intero lavoro, un magnetismo incredibile, degno davvero della storia di William Kidd, narrata nella lirica. Dopo questa superba song ci si para di fronte una canzone nel complesso solo discreta, ma dotata forse della carica sonora più elevata del disco, ovvero “Agents of Black”. I suoi 4 minuti vanno ricordati per la pirotecnicità, un buon refrain, e appunto per la carica sonora, anche se a dire la verità il disco finora aveva abituato decisamente meglio. Passiamo quindi all’incalzante “Fire & Thunder”, oltre 7 minuti “lenti” che si districano tra un davvero ottimo gioco struementale, perfettamente udibile ed apprezzabile in cuffia. Il ritornello sembra
una vera e propria invocazione agli elementi citati nel titolo, ovvero fuoco e tuono, richiamabili probabilmente a quelli (penso io) alla figura di un cannone (naturalmente potrei sbagliarmi). Decisamente lunghi e niente male i tratti puramente strumentali, che chiudono in fade la canzone, la quale viene seguita a ruota da “The Poison”, che per durezza  musicale si gioca il primo posto con Agents of Black. A differenza di Agents però questa song dà la sensazione di correre di più, ed è dotata di un “tiro” migliore. Niente di cui esaltarsi, per inciso, però è comunque un ottimo pezzo, dove si sente un Rock and Rolf con delle vocals un attimo più basse rispetto alla sua solita tonalità, forse perchè coperte dai potenti strumenti circostanti. Se The Poison è tra le canzoni più dure di The Rivalry, “Adventure Galley” è sicuramente tra le più veloci, e richiama abbastanza chiaramente la titletrack, come emozioni suscitate. Ennesima cavalcata alla Running Wild, manca quella spettacolare lead guitar che caratterizza The Rivalry (la canzone), ma il tutto è arrangiato molto bene, risultando crudo ma molto apprezzabile. Valido anche l’assolo, velocissimo e tagliente come tutta la song. Titolo curioso per la penultima traccia, se pensiamo alle tematiche del gruppo di Amburgo, ovvero “Man on the Moon”. Titolo curioso o meno, la canzone è una classicissima sferzata di carisma ed energia, le chitarre sono un poco ovattate, ma il risultato è decisamente ben riuscito, grazie a dei riff che evidenziano ancora il genio del leader Kasparek, che ha basato la sua fortuna su cose semplici ma che fanno letteralmente spavento, lode a lui.
E finiamo la carrellata dei pezzi dell’album con la gloriosa “War & Peace”, track più lunga in assoluto del disco. Affascina subito l’introduzione, basata su un’atmosfera particolarissima, una guitar pizzicata splendidamente  coperta da un altrettanto bel coro. Chiusa questa parentesi si torna però a sentire i Running Wild e il loro stile granitico, questa volta in un mid tempo che chiude in maniera strepitosa un disco altrettanto strepitoso. Certo, forse “The Rivalry” si discosta un po’ dallo stile dei maggiori classicissimi dei Running Wild, meno elaborato dei vari “Pile of Skulls”, “Death or Glory” e “Black Hand Inn”, ma è forse ancora più diretto, con quel suo fascino esplicito, quel sound crudo e così accattivante, che secondo me rendono questo disco uno dei migliori lavori della band. Non resta quindi che imbracciare l’asta sulla punta della quale sventola il vessillo con teschio e tibie, rendere lode al capitano Rolf “Rock’n’Rolf” Kasparek, e alla sua ciurma, i pirati di Amburgo (e dell’Heavy Metal), e seguirli lungo i sette mari nelle loro imprese.

Riccardo “Abbadon” Mezzera

Tracklist :
1) March of The Final Battle (The end of All Evil)
2) The Rivalry
3) Kiss of Death
4) Firebreather
5) Return of the Dragon
6) Resurrection
7) Ballad of William Kidd
8) Agents of Black
9) Fire & Thunder
10) The Poison
11) Adventure Galley
12) Man on the Moon
13) War & Peace

Ultimi album di Running Wild

Band: Running Wild
Genere: Heavy 
Anno: 2021
70
Band: Running Wild
Genere: Heavy 
Anno: 2016
73
Band: Running Wild
Genere:
Anno: 2013
68
Band: Running Wild
Genere:
Anno: 2012
63
Band: Running Wild
Genere:
Anno: 1991
84
Band: Running Wild
Genere:
Anno: 2005
81
Band: Running Wild
Genere:
Anno: 1995
75