Recensione: The Third Prophecy

Di Matteo Lavazza - 6 Febbraio 2003 - 0:00
The Third Prophecy
Band: Nostradameus
Etichetta:
Genere:
Anno: 2003
Nazione:
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80

Il terzo disco è un punto fondamentale nella carriera di qualsiasi band, nella maggior parte dei casi rappresenta un vero punto di svolta per la storia di un gruppo, che o riesce a fare il definitivo salto di qualità oppure finisce nel dimenticatoio.
Gli svedesi Nostradameus giungono a questo traguardo con “The Third Prophecy”, un album che secondo me può davvero rappresentare quel salto di qualità che può garantire molte soddisfazioni alla band.
Una cosa che ho sempre apprezzato di questa band è il fatto che, al contrario di quanto detto da gran parte della stampa specializzata italiana, io ho sempre ritenuto che i nostri abbiano cercato in ogni loro album di cercare una via piuttosto personale di interpretare un genere inflazionato quale è il Power Metal, secondo me riuscendoci sempre piuttosto bene.
Questa loro terza fatica segna secondo me la completa maturazione del gruppo, evidente in pezzi splendidi come “The Future will Show”, “1986” o l’iniziale “Far too Strong, dove il gruppo mette in mostra un songwriting davvero di altissimo livello.
Degna di nota la prova agli strumenti da parte di tutti i suoi componenti, con una particolare nota di merito al bravissimo cantante Freddy Person, in possesso di una voce decisamente riconoscibile che si adatta alla perfezione alla musica dei Nostradameus, e soprattutto alla coppia di chitarristi Michael Aberg-Jake Freden, autori di una prova davvero convincente, sia in fase ritmica che in quella solista, con il duo a mettere in mostra quella che è la loro qualità migliore, cioè un buon gusto notevole nello scegliere le melodie, che risultano sempre decisamente azzeccate e mai pacchiane.
Altro punto di forza del disco sono i cori, tutti davvero molti belli, ben eseguiti e soprattutto arrangiati alla grande, basta ascoltare “In Harmony” per rendersi conto dell’ottimo lavoro svolto dai 5 scandinavi.
Unica nota negativa sono forse alcuni passaggi che sanno di già sentito, problema questo comune a mio parere a molte bands Power, e l’inutile strumentale “Towards the Sleep (Stalingrad)”, che nono aggiunge davvero nulla al disco.
I suoni sono come sempre ottimi, potenti e puliti al punto giusto per consentire all’ascoltatore di gustarsi appieno tutte le sfumature di un disco davvero pieno di piccoli dettagli che lo rendono davvero interessante.
Personalmente ritengo questo album un acquisto davvero obbligato per tutti coloro che amano il Power Metal, ma mi sento di consigliarlo anche a quelli che pensano che il Power sia fatto solo di canzoncine di facile ascolto, secondo me rimarrebbero sorpresi.

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