Recensione: The Time Is Over

Di Mauro Gelsomini - 25 Gennaio 2006 - 0:00
The Time Is Over
Band: Myland
Etichetta:
Genere:
Anno: 2005
Nazione:
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80

Il progetto “My Land” affonda le sue radici nel lontano 1992, quando l’ex batterista di Eva, Exilia e Brunorock Paolo Morbini incontrava all’accademia i fratelli Stefano e Marco Andreasi, rispettivamente tastiera e chitarra, e decideva di iniziare con loro un percorso aor/melodic rock, genere per il quale avevano scoperto la comune passione.

Solo oggi, tuttavia, il lavoro si concretizza in un album autoprodotto volto ad immortalare una carriera fatta di concerti nel milanese, ma che non aveva era mai sfociata nell’incisione in studio.
Per l’occasione vengono reclutati il bassista Adalberto Rizzoli e il singer Guido Priori, già noti nell’underground hard rock lombardo, e, soprattutto il secondo, già incontrato sulle nostre pagine in occasione dell’album tributo ai Journey del 2004. E’ proprio il connubio con Guido a marcare i connotati del sound del progetto, già di per sé influenzato dagli act maggiori per il genere aor, vale a dire Toto, Survivor e, naturalmente, Journey.
I chiari riferimenti, unitamente alla timbrica – che il sottoscritto conosceva – di Guido, lasciano ben poco spazio all’immaginazione circa il risultato finale, che a parte due brani strumentali, dal titolo che è tutto un programma, “F. Baresi (The Captain)” e “Pizza Mafia e Mandolino”, incentrano l’attenzione sulle linee vocali tipicamente aor di Guido; c’è da dire che la stessa “F. Baresi” avrebbe forse guadagnato se fosse stata cantata, vista la sua estrema melodicità, ma evidentemente questi due episodi sono stati riservati alle elucubrazioni folkloristiche del buon Paolo.
Niente paura, perché a ricordare i migliori Toto ci pensano “Tears Don’t Say Goodbye” e “Be Mine Tonight”, mentre la opener “Love In Chains” incalza in tipico stile Survivor. “Lost In The Rain”, ma soprattutto “Stranger In A Lonely Town”, con i bellissimi cori a cappella ad inizio brano, ci regalano delle gemme à la Journey, mentre qualche remora viene lasciata con la ballatona finale, “Under The Sky”, il cui arpeggio introduttivo ricorda un po’ troppo un altro lentone melenso – stavolta fuori genere – “I Remember You”, degli Skid Row.
Poche le pecche di questo album, forse riscontrabili in qualche nota un po’ stridente della chitarra di Marco Andreasi nella citata “Stranger In A Lonely Town”, e nella perdita di presenza, sulle alte tonalità, della voce di Guido, che si ammorbidisce forse troppo, dando una sensazione di vuoto che non avevo avuto modo di annotare nell’ascolto di “Journey Tribute”.

Pur contenendo dieci tracce, il disco va visto come un full length dimostrativo, nonché uno stimolo per gli artisti a volersi proporre in cerca di una label disposta a credere nella qualità e nel genere proposto. Con le dovute correzioni, potremmo trovarci in futuro di fronte ad una nuova sensazione tutta italiana, di cui andare orgogliosi. Non è escluso, infatti, che “My Land”, al momento ancora un progetto che deve “attendere” gli impegni delle main band dei suoi componenti, possa diventare una vero e proprio act primario, tant’è che Paolo ha già iniziato a scrivere materiale originale per un secondo album…

Tracklist:

  1. Love In Chains
  2. Tears Don’t Say Goodbye
  3. Lost In The Rain
  4. Stranger In A Lonely Town
  5. F. Baresi (The Captain)
  6. Love Is Something Crazy
  7. Be Mine Tonight
  8. Take My Heart
  9. Pizza Mafia e Mandolino
  10. Under The Sky

Contatti:

Paolo Morbini
Guido Priori

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