Recensione: The Tortoise Boat

Di Daniele Balestrieri - 26 Agosto 2009 - 0:00
The Tortoise Boat

Mi viene da pensare che sia un momento un po’ particolare per i nostrani S. e N., meglio conosciuti con il nome di Laetitia in Holocaust e autori del buono Lacra Ebenei: 13-17 e del discreto A Slow Apocalypse. Si sono riposati per un paio d’anni e alla fine hanno presentato al grande pubblico – anche straniero – un nuovo lavoro, illuminato da una serie di dichiarazioni coraggiose: un lavoro fatto in casa, ma “registrato professionalmente”. I due modenesi dichiarano inoltre, nero su bianco, di non essere in alcun modo interessati a un’etichetta, nonostante il battage pubblicitario decisamente esteso.

“The Tortoise Boat” si presenta con un titolo interessante, un artwork minimale sulla falsariga del precedente lavoro e un approccio al black metal decisamente desueto. La dualità dei compositori, la disinvoltura nel compiere scelte quantomai ardite in campo prettamente pratico e l’arringa autocelebrativa finale portano la mente ad altri progetti che hanno deciso di affrontare il black metal tramite formule non convenzionali, come Ulver o Solefald o Isengard.
Il problema è che qui di strada ce n’è ancora molta da fare. La scelta di registrare questo primo full-length con chitarre non distorte lascia un certo amaro in bocca. La batteria elettronica non dona particolare grazia alle tracce, rimanendo spesso alle spalle di chitarre intrusive e di una voce spesso preponderante.
Il che talvolta non è un male. Quel carattere a metà tra growl e scream tutto sommato non è malvagio, e talvolta alcuni intermezzi inusuali (sospiri, strofe sussurrate) riescono a scongiurare il sopraggiungere della noia. Tuttavia l’album è permeato da un rumore di fondo, sia teorico che pratico, che fa colare a picco la qualità generale del lavoro proposto. Alcune scelte melodiche sono inspiegabili, a volte la musica sembra andare per i fatti propri, indipendentemente dalle linee vocali. La batteria suona spesso a caso e le chitarre soffrono spesso di ipersaturazione che tende a far stridere persino gli impianti HI-FI più rodati.

D’accordo, la pulizia della registrazione è sempre stata un optional per il black, ma questo Tortoise Boat ci viene presentato come un album di fino, con concetti profondi e bizzarri, non come uno dei tanti massacri a tout court satanisti anticattolici tipici di quegli album che della registrazione sporca e ovattata ne fanno un vanto.
Per cui ci troviamo di fronte a un album difficile da digerire. Tra la cacofonia delle linee melodiche si riesce a percepire la vera intenzione della nostra coppia di musicisti, ma qualcosa non è andata per il verso giusto. Il periodo in cui il black metal poteva vivere solo di ideali, spesso a costo di realizzazioni traballanti e dissonanti, è terminato 14 anni fa. Troppa confusione e poca reale sostanza.

Se quelle brevi diversioni emerse in tracce come “A Gesture Before you Enter the Darkness” e in “Hissing Through the Veins of the Gods” fossero davvero delle scintille di genio, allora chiamerei quest’album un semplice “passo più lungo della gamba” che sarebbe dovuto avvenire tra qualche anno, con un po’ di gavetta alle spalle. Vediamo cosa ci riserva il futuro.

Daniele “Fenrir” Balestrieri

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TRACKLIST:

1. Hair as the Salt of Carthago
2. Descent
3. The Gift of Fury
4. Hissing Through the Veins of the Gods
5. A gesture Before you Enter the Darkness
6. Immanence and Illumination