Recensione: The Triumph of Steel

Di Enzo - 17 Ottobre 2001 - 0:00
The Triumph of Steel
Band: Manowar
Etichetta:
Genere:
Anno: 1992
Nazione:
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95

“The Triumph of Steel” fu indubbiamente la più complessa saga epico/musicale dei Manowar. Dopo un incredibile cambio di line up che vide Shankle subentrare al mitico Ross e Rhino sostituire Columbus alla batteria i four Kings Of Metal riuscirono a ripercorrere quei magici sentieri dell’acciaio per rivelarcene, ancora una volta, i leggendari misteri in essi contenuti.I Manowar questa volta scomodarono la mitologia classica andando così a partorire melodie musicali e testi che, uniti, riuscirono a ricreare un’incredibile poema musicale.

Ed è proprio con il classico poema contenuto nei 28 minuti di Achilles, Agony and Ecstasy in Eight Parts che l’album ha inizio. L’incredibile suite epica in questione era intenta a rievocare magistralmente le mitiche gesta che videro Achille protagonista durante l’assedio di Troia. Il componimento era composto da vari passi ma rimarrà per sempre mitico il V passo (La morte di Ettore) dove venivano intonate alcune delle parole più belle mai composte dalla band:

I hear the silent voices I cannot hide. The gods leave no choices so we all must die.
Oh Achilles let thy arrows fly, into the wind, where eagles cross the sky, Today my mortal blood will mix with sand.

L’act Manowar riuscì, qui, a rievocare misticamente tutta la passione e la rassegnazione di un eroe che non può sottrarsi al destino e che, come tutti, si prepara a morire. Proprio in quel momento, quando la morte gli si avvicina, comprende e si rassegna al fato a cui nessuno può nascondersi (i cannot hide), proprio in quell’attimo l’eroe diventa uomo. Ed è proprio dopo questo ipotetico momento divisorio che i toni della suite intraprenderanno vie più aggressive fino alla sua lontana e trionfale conclusione. Ma il disco non finiva certo qui e la carica hard’n heavy dell’anthemica Metal Warrior (dai fantastici refrain) e l’epica violenza di Ride The Dragon (incredibile fast song battagliera) ne costituivano altri due capolavori. Con Spirit Horse of The Cherokee, dal cadenzato andamento, la band era intenta addirittura e rievocare i leggendari indiani d’america. L’ossessiva Burning (che potenza!) cedeva ben presto il passo ad un’altra indiscussa hit del platter. Parliamo del capolavoro che viene a titolo di The Power of Thy Sword, Epic Metal song dove i Manowar rispolverarono quell’epicità tutta “Howardiana” che rese mitica la loro primordiale saga epica. Il brano, scandito da eroici refrain, era caratterizzato dalla superba prestazione vocale di Eric Adams che accompagnava la song fino al suo trionfale finale perso tra epici chorus. La strana The Demon’s Whip era costruita su di una costruzione melodica cupa e malvagia su cui gli indiavolati e pachidermici riff ne ricamavano oscure trame mentre nella conclusiva ballad Master of The Wind la band si spostava su trerritori dolci e carichi di pathos.

“Il Trionfo dell’Acciaio” è il disco più complesso dell’intera Manowar saga, un epico, lungo e pragmatico blocco di metallo pesante dove ogni canzone riesce, come un astro, ad illuminare magicamente quel già lucente firmamento dell’Heavy Metal d’intenzione epica. Soon many will fall we are storming the wall, Stones fall snow from the sky, può, il resto, musicalmente contare?
Vincenzo Ferrara

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