Recensione: The Unconsciousness Of Living

Di Matteo Di Leo - 10 Marzo 2013 - 0:00
The Unconsciousness Of Living
Band: Illogicist
Etichetta:
Genere:
Anno: 2012
Nazione:
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75

Illogistic è ormai una delle realtà di fregio del metal estremo italiano. La band, nata nel 1997, conta due album nel proprio palmares (“Subjected” del 2004 e “The Insight Eye” di tre anni appresso) e con “The Unconsciousness Of Living” punta a confermare gli attestati di merito tributatigli sia dalla critica che dal pubblico.

Dotati di una tecnica strabiliante, i quattro musicisti aostani si possono a pieno titolo annoverare tra le realtà più promettenti del panorama tecno/death oserei dire internazionale, giacché la predetta capacità esecutiva si sposa con uno spiccato senso compositivo, un connubio che è alla base della fortuna delle stelle del settore. Il ‘peccato’ di cui si macchiano e che costituisce la principale fonte di rimbrotti è nell’originalità tutt’altro che strabordante: sovente infatti risaltano chiare le influenze dei maestri, Death in primis. Tuttavia la band non disdegna scorribande verso territori attigui ma diversi rispetto al genere di appartenenza come possono essere il thrash metal, sia nella variante più classica che di quella figlia del genio dei Meshuggah fino ad addentrarsi negli anfratti del math-core tanto in voga al giorno d’oggi.

Tutto ciò permette di splendere di luce propria e di tirar su un avvincente labirinto sonoro dove le pareti sono rappresentati dall’elefantiaca quantità di riff, cambi di tempo, melodie, armonie e accenti tonici ma grazie al cielo i ragazzi non si dimenticano di scrivere delle canzoni a tutto tondo e badano a dare sostanza e compimento a ognuna di esse, per cui una volta ‘orientati’ nel dedalo riusciamo ad apprezzarne tutte le sfaccettature.

Ci troviamo senz’altro dinanzi ad un disco (e a un gruppo) esigente, che richiede svariati ascolti, magari in cuffia, per poter assorbire tutte le ramificazioni e gli intrecci di cui è ricolmo, ma in questo l’ottima produzione è nostra complice e ci consente di ammirare per esempio l’ottimo uso del basso da parte di Emilio Dattolo, il quale si ritaglia spazi a completo appannaggio personale oltre a dare man forte alle schizzatissime chitarre di Luca Minieri e Diego Ambrosi nei motivi portanti dei brani; da applausi anche la prestazione di Alessandro Tinti alla batteria che riesce nel non semplicissimo compito di non far rimpiangere un portento come Marco Minnemann che si era seduto dietro le pelli nel CD precedente.

A dire il vero, l’iniziale “Ghost Of The Unconsciouness” mi aveva lasciato un po’ perplesso, ma non tanto per la qualità del brano in sé, quanto per il fatto che è troppo lapalissianamente in debito con l’operato di Chuck Schuldiner, correndo così il rischio di far bollare il complesso tricolore come gli ennesimi ‘Death-wannabe’. Magari una scelta più oculata dell’apripista poteva eliminare questo possibile qui pro quo ma poco importa quando ci troviamo dinanzi a pezzi eccezionali quali “The Mind Reaper”, un tourbillon in cui la padronanza strumentale viene messa al servizio di un brano cangiante, multiforme, un continuo alternarsi tra parti ‘spezzate’ e altre di facile presa culminante nell’intermezzo che mi ha ricordato la parte più progressiva di “The Last Baron” dei Mastodon!

I restanti brani si muovono sulle medesime coordinate stilistiche le quali vengono saggiamente adattate di volta in volta alle esigenze di ogni singolo movimento, evitando quindi di risultare pedanti e autoreferenziali e dandoci piuttosto la possibilità di apprezzare un full-length cervellotico ma non di meno aggressivo e devastante che in ogni caso non mancherà di farvi sobbalzare la testa in segno di apprezzamento.

Matteo Di Leo

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Tracce

01. Ghost Of Unconsciouness 5:35
02. Hypnotized 6:19
03. Perceptions From The Deceiving Memory 5:41
04. The Mind Reaper 4:56
05. A Past Defeated Suffering 5:44
06. The Same Old Collision 5:40
07. Misery Of A Profaned Soul 4:51
08. A Never Ending Fall 5:59

Durata 45 min.

Formazione

Luca Minieri – Voce/Chitarra
Diego Ambrosi – Chitarra
Emilio Dattolo – Basso
Alessandro Tinti – Batteria
 

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