Recensione: The Veil Of Darkness

Di Alessandro Marrone - 27 Maggio 2019 - 8:00
The Veil Of Darkness
Band: Gorgon
Etichetta:
Genere: Black 
Anno: 2019
Nazione:
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74

Gli accadimenti più diabolici gravitanti attorno alla scena black metal riportano senza dubbio al freddo delle terre scandinave, in particolare a quella nazione che più di ogni altra al mondo s’è fatta vero e proprio simbolo del metal più malvagio ed estremo. Ma black metal non vuol dire soltanto Norvegia, basti infatti pensare che tra i primissimi gruppi abbiamo anche nomi del calibro di Rotting Christ (Grecia) e Samael (Svizzera). Inevitabilmente viene da pensare al movimento Black Legions (Francia), spesso additato come vera e propria setta per l’esasperato desiderio di restare underground. E proprio dalla Francia, agli albori del black metal, prese vita una creatura chiamata Gorgon, rappresentata da Christophe Chatelet – detto Chris – il quale si fa carico di tutta la musica dei Gorgon, fatta eccezione per la batteria, che non viene fortunatamente campionata (come succede invece spesso per praticità in questo tipo di progetti), ma suonata da un certo Rémi Serafino.

 

Nonostante i Gorgon si possano considerare tra i precursori del black metal transalpino, bisogna considerare anche l’interminabile silenzio protratto dal 2001 al 2018, logico quindi attendersi molto da questo ritorno sulle scene, con la consapevolezza che il lungo periodo di pausa potrebbe anche complicare le cose in fase di songwriting. The Veil Of Darkness non è un disco per metallari timidi e la scenografica e blasfema copertina disegnata da Stef Dess sottolinea le malvagie intenzioni di Chris. Dopo una breve intro, i Gorgon si lanciano subito lungo un percorso che sarà abilmente mantenuto per l’intera durata dell’album, senza però incontrare nemmeno un punto di titubanza. Passiamo da canzoni che sanno di attacco frontale come la opener Still Six Six Six e la successiva This Is War, all’ottima title-track e notiamo come piuttosto che avere a che fare con un black veloce e caotico, la musica dei Gorgon abbia radici ben piantate in ritmiche black ‘n roll, una voce ruvida che però scandisce ogni parola, offrendo anche attimi melodici e facilmente assimilabili anche da un ascoltatore meno avvezzo a simili sonorità.

 

Arriviamo a metà disco e non siamo ancora scossi da tradizionali blast beat, che perorando la causa fanno però capolino poco dopo e sembrano caratterizzare la seconda metà dell’album, ritmicamente più veloce, ma non per questo scontata. Gli episodi migliori sono infatti attorno alla mezz’ora d’ascolto, dove ormai abbiamo una certa confidenza con le strutture lineari e semplici scritte da Chris. Tocca a The Roots Of My Fantasies lo scettro di brano migliore del disco, una purissima tirata black ‘n roll che fa il paio con la successiva ma più frenetica Burned For Him, al momento quella che rappresenta un black più tipico. Lo stesso vale per tutti gli altri brani non menzionati singolarmente, dove la conclusiva Our Crusade si lancia in aperture che potremmo quasi definire sinfoniche, ma come detto poc’anzi il lavoro dei Gorgon è fedele a se stesso e perfettamente coerente con quello che l’ascoltatore si aspetta superati i primi cinque minuti di ascolto.

 

The Veil Of Darkness è un disco vario, con canzoni che non risultano mai ripetitive e per questo motivo l’ascolto dura meno di quanto possiate immaginare, suggerendo un secondo ascolto e poi un terzo e un altro ancora. Uno dei punti forti è invece quel costante sapore di classico, come l’odore forte di un vecchio tavolo di legno con il quale avete trascorso l’infanzia a casa dei nonni. L’unica differenza è che questo presepe di oscurità è tinto con la paletta ancestrale di uno dei precursori del black metal in terra francese. Chatelet è uno che bada al sodo e bisogna dargli atto che nonostante un silenzio durato 18 anni, sappia esattamente quel che vuole. Noi, d’altro canto, vorremmo altri dischi simili a questo. Apparentemente semplici, crudi ma in grado di essere melodici e diretti, tenendo sempre ben salda la stretta di mano con un passato che anche se non potrà mai far ritorno, può permetterci di sognare un futuro di ottima musica oscura.

 

 

Brani chiave: Stil Six Six Six / The Roots Of My Fantasies / Burned For Him

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